domenica 4 marzo 2012

A che servono questi quattrini?

Ho assistito al "Nino Manfredi" di Ostia alla commedia "A che servono questi quattrini" rappresentata dalla compagnia di Luigi De Filippo. Non pensavo di divertirmi e pensavo che il lavoro di Armando Curcio mi avrebbe indotto a giudizi critici giacché sono un siciliano refrattario alla “saggezza” di molta produzione meridionale. La commedia era stata rappresentata nel '40 dai fratelli De Filippo e successivamente era diventata un film. Mi sono divertito moderatamente. Ma quel che mi ha agitato durante la rappresentazione è stato il pensiero dell'estrema attualità del testo. In sintesi, è la storia di un nobile, già ricco e poi fallito, un po' professore di filosofia stoica (naturalmente sempre fraintesa dagli allievi) un po' imbroglione, convinto assertore dell'inutilità del lavoro e del denaro e però certo che all'occorrenza basti fingere il possesso del denaro, senza la fatica di guadagnarlo. Insomma penso che per colpa prevalentemente del circolo, di alcuni amici, e degli stimoli ricevuti dal circolo, sono stato lì ad esaminare analogie. Su fb avevo condiviso una storiella che dimostrava come, senza produzione alcuna, 100 euro consegnati all'albergatore, passando per svariate mani e saldando svariati debiti producessero benessere a un gruppo numeroso. E un amico mi aveva fatto notare di aver ideato anche lui una storia simile. Solo che il denaro in oggetto nella sua variante era falso. Ma prima ancora avevo letto un articolo di Federico Rampini che riferiva di una teoria dello sviluppo iperkeinesiana che sta acquistando spazio crescente negli USA, la Modern Monetary Theory. Per capire mi limito a citare il titolo di Rampini. "E se la risposta alla crisi fosse stampare più soldi?" . E’ possibile? E’ possibile che l’economia reale, la fatica degli uomini, lo sforzo imprenditoriale di interpretare i bisogni umani, di organizzare l’impresa, di scegliere tecnologie e competenze sia cosa inutile o secondaria? Che conti solo l’intuizione politica/economica che basti pompare denaro, liquidità nelle vene del sistema perché tutto si aggiusti? Sì, certo, sto pensando alla droga. Ma non fa differenza. Siano vitamine o siano droga i quattrini, che differenza c’è? O la differenza c’è? Se c’è è la differenza fra l’economia di carta e quella reale. Spero che chi avrà imparato a prescindere dall’economia di carta, chi si sarà occupato di produrre banalmente cibo sano, di difendere le colline, Pompei e la scuola alla fine vinca. Come il passista nelle corse di bici che non insegue chi scappa (non teme lo spread). Continua col suo passo e pian piano raggiunge e lascia ai margini della strada un fuggitivo dopo l’altro. Fuor di metafora, mettendo tutti al lavoro. Semplicemente. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/02/21/se-la-risposta-alla-crisi-fosse.html

giovedì 1 marzo 2012

In memoria di Lucio e di noi stessi: come eravamo

Lucio Dalla era mio coetaneo, più vecchio di me di soli tre mesi. Lo ricordo agli inizi di carriera, sul finire del '67. Lo incontrai alla Casa del soldato di Bologna, il ghetto ricreativo di noi militari di allora. Cantò: "Quand'ero soldato". Era un periodo dolce/amaro, prevalentemente amaro. La Sicilia lasciata alle spalle con la mia ragazza - oggi mia moglie - "consegnata" alle cure dell'ex mio compagno di banco perché la facesse svagare un po' , senza perderla di vista. C'era innanzitutto la dolcezza e la passione indimenticata di Bologna. Il percorso per tornare in caserma pieno di osterie da cui si levava - udite, udite - "Bandiera Rossa". E lì, in caserma, un'altra città, un altro mondo, un'altra Costituzione. Il tenente istruttore che nell'ora di educazione civica faceva l'apologia del colpo di Stato dei colonnelli in Grecia. La domenica i soldati inquadrati e condotti alla messa fra imprecazioni e bestemmie degli ufficiali. Io che mi ribello e per tre volte finisco in gattabuia sul tavolaccio. Etc. A causa della mia partecipazione alla protesta per l'assassinio dello studente Paolo Rossi alla Sapienza, non ero stato considerato abile ad alcun grado, neanche di caporale, né a portare armi. Addetto all'Infermeria, come il figlio del generale colpevole di aver militato nella Resistenza. Come il giovane avvocato calabrese maoista, rigorosamente confinato senza gradi nelle cucine. Così eravamo e così conobbi l'ironia dissacrante di Dalla. Eravamo abituati a tollerare tutto. Poi venne il '68 e finalmente smettemmo di tollerare l'intollerabile.