lunedì 22 febbraio 2021

"Capire” e “spiegare” non sono sinonimi di “giustificare”

 

Le sanzioni alla Germania dopo il primo conflitto mondiale spiegano il nazismo, ma non lo fanno giusto
Il dispotismo zarista spiega la strage della famiglia dello zar (bambini compresi), ma non la fa giusta
La barbarie fascista spiega l’esposizione dei corpi (compreso quello dell’amante del duce) a Piazza Loreto, ma non la fa giusta
Via Rasella spiega l’eccidio delle Fosse Ardeatine, ma non lo fa giusto
Gli eccidi fascisti in Jugoslavia spiegano le Foibe, ma non le fanno giuste
Pearl Harbor spiega Hiroshima incenerita, ma non la fa giusta
Esigenze investigative spiegano la tortura, ma non la fanno giusta
Le violenze subite dall’adolescente spiegano la sua pedofilia, ma non la fanno giusta
La volgarità parafascista di Meloni spiega le ingiurie sessiste, ma non le fa giuste.
Malgrado la confusione continua, capire e spiegare appartengono all’intelligenza, giustificare appartiene all’etica.

sabato 20 febbraio 2021

Stagione che vai, ingiustizia che trovi

 


Ci fu e c'è ingiustizia e irragionevolezza nel socialismo realizzato ed anche quello immaginato, nel sogno talvolta di un salario a prescindere e senza rischio alcuno di mobilità coatta o di declassamento. Retribuzioni simili, ma prestazioni di qualità e quantità dissimili. Chi passa giorni al sole che brucia raccogliendo pomodori o notti insonni a cercare farmaci e cure e chi sonnecchia annoiato. A monte anche lì il Grande Caso che assegna padri e il Grande Arbitrio che assegna privilegi.

Nel Capitalismo però le distanze si accentuano a dismisura, mentre il trionfo del  Grande Caso e il Grande Arbitrio diventa assoluto. Perché conta la nascita – nascere donna o nascere nel Sud del mondo-  ma conta anche passare per caso dalla viuzza in cui incontri la fortuna o in cui poi un qualsiasi evento ti premia a dismisura con algoritmi esponenziali o ti punisce crudelmente, mentre  tanti sono in bilico fra successo e fallimento. Perché, malgrado quel che ti succede sia frutto di infiniti fattori, in gran parte imprevedibili, per cui non hai né colpa né merito, il Sistema ha deciso che tu sei responsabile, da condannare o premiare. Se no, il Sistema non regge.

Sto pensando a tali ovvietà pensando alla presente oscura stagione che ha introdotto la specifica lotteria pandemica entro la lotteria capitalistica. Con ognuno che dice: "a me no". Non a me che lavoro nella stazione sciistica, non a me che lavoro in albergo, non a me che lavoro nel bar, non a me che lavoro in palestra, nel museo, nel cinema  o in teatro. “Non a me che lavoro come attore e sono alla fame se non recito, mentre gli impiegati del teatro ricevono lo stipendio comunque”, diceva oggi in  una intervista un celebre attore. Intanto  la Destra, per inciso, sposa con facile furbizia tutti gli " a me no" e la Sinistra, affascinata dal senso del dovere pubblico,  appare propensa a chiudere tutto. Ma non può chiudere le multinazionali del commercio elettronico.  Così Amazon  vistosamente si giova delle disgrazie altrui, sostituendosi  ai piccoli esercizi rovinati. Profitti cresciuti di un terzo nell’anno della lotteria pandemica. Con quale merito? Magari ci consoleremo con i quasi 500mila di neo assunti, piccola parte dei milioni che hanno perso il lavoro.

 P.S. Coltivo la speranza che i milioni di “a me no” scoprano che collettivamente siamo artefici del nostro destino e insieme dobbiamo condividere premi e disastri. Che possiamo espropriare i padroni della Grande Lotteria, scoprendo una nuova evidenza.  

martedì 16 febbraio 2021

Il Socialismo marziano

 

Su Marte abbiamo studiato i tormenti terrestri riguardo la civiltà da costruire. Vi spiavamo e non comprendevamo la vostra cultura. Man mano abbiamo compreso. Voi non credete nell’eguaglianza delle persone. Dite di crederci, ma poi dimostrate il contrario. Pensate di dire cose sagge, parlando di pari opportunità. Che non significa nulla giacché le opportunità sono pari solo se diventano pari potere, pari felicità. La potenza è potenza solo se poi diventa atto, per usare il linguaggio di un vostro filosofo (Aristotele). Oppure il diritto è diritto se diventa effettivo, per usare il linguaggio della Costituzione (art.3 e art. 4) di un vostro Paese chiamato Italia.
Siete divisi fra liberisti e statalisti. I liberisti, quasi sempre vincenti, ritengono che un uomo può diventare padrone di fabbriche, terre, media e web e comprare il lavoro di altri. Nei sistemi liberisti (o capitalisti) i proprietari non sempre assumono i più capaci. Sono legati a favori reciproci e interni alla società. Perciò spesso assumano i raccomandati. Quindi il mercato non è mai razionale: non avviene spesso che i compiti siano svolti dai più competenti. Per fare efficace il mercato del lavoro i liberisti consentono il licenziamento di impiegati inutili che poi non sanno trasferire in compiti utili. Lo spreco di risorse umane è una costante.
Avete pure gli statalisti-socialisti. Se sono all’opposizione i socialisti terrestri si limitano a fare dispetti al mercato e, non sapendo rovesciarlo, fanno pasticci. Ad esempio bloccano i licenziamenti fino a far fallire le imprese. Oppure non sapendo trovare, proporre o imporre alternative di impiego per i lavoratori, mettono una toppa qua e là, sicché nella Terra avete imprese inquinanti che più che ricchezza producono malattia e morte. Ci si accontenta e si grida alla vittoria se si riducono un po’ emissioni nocive e morti. Non si trova soluzione.
Il vostro Socialismo, quando credete di averlo realizzato, è una Società bloccata dove nessuno ha interesse ad eccellere cioè a dare di più. E spesso è dispotica. Nel senso che proibisce e punisce il dispiegarsi di desideri socialmente distruttivi che non sa prevenire o riorientare.
Nella nostra società socialista marziana tutto è pubblico. Ma lo è davvero. La felicità di ognuno è un problema di tutti. Il lavoro? Ognuno fa fra i lavori che può fare quello che più è utile agli altri. Se quel lavoro smette di essere utile passa ad altro lavoro che può fare ed è più utile. Ognuno può smettere di lavorare quando vuole. Non c’è bisogno di alcuna quota 100. Semplicemente si avrà una pensione proporzionata agli anni di lavoro. Anche su Marte sono in vigore incentivi: per la qualità e per la quantità del lavoro svolto. Chi guadagna di più guadagna il doppio di chi guadagna meno di tutti. Il doppio: non mille volte o un milione di volte di più. Tanto basta. Noi coltiviamo la felicità. E voi?

lunedì 8 febbraio 2021

I buoni e i cattivi oppure Shakespeare

 


Noi spettatori pensiamo di assistere nella scena del  mondo a conflitti fra buoni e cattivi, spesso nella forma di perseguitati opposti a persecutori. In tal caso il nostro tifo è per i primi. Ricordo, più o meno alla rinfusa, gli ultimi casi.

C’è Natalny imprigionato da Putin. Salvo per miracolo Natalny dopo un tentativo di eliminarlo mediante veleno nelle mutande. Poi lui, guarito e al sicuro in Germania, decide di tornare in patria, la Russia  di Putin dove è prontamente processato per una storia di truffa e quindi condannato. Non ci passa lontanamente per la mente che la condanna non sia stata un pretesto per eliminare un oppositore. Magari, per ipotesi, potrebbero essere vere entrambe le cose: Natalny imbroglione e Natalny oppositore coraggioso del despota russo. Nulla vogliamo sapere neanche sul credo xenofobo e razzista di Natalny che tranquillamente chiamava “scarafaggi” gli immigrati. No, non vogliamo saperlo. I buoni sono buoni e basta. Perché gli oppositori dei cattivi sono buoni. Per forza.

Similmente assistiamo all’imprigionamenti di Aung San Suu da parte di generali golpisti in Myanmar (Birmania). Lei che torna in prigione dove era già stata per 15 anni, vittima anche allora dei golpisti. E poi Nobel per la pace e poi liberata ed al governo del suo Paese. Lì, in tale parentesi,  però i pochi informati registrano che l’eroina è protagonista o complice nella deportazione in Bangladesh (nel più grande campo profughi al mondo) e nel genocidio della minoranza musulmana dei Rohingya. Cerchiamo di non sapere però se qualcosa non torna nel nostro tranquillizzante schema di buoni contro cattivi. Anche il fatto che persecutori siano quelli della maggioranza buddista ci disturba perché  per noi I buddisti sono buoni e pacifici.

A volte capita che ci dividiamo nel decidere chi sia il buono e chi il cattivo. Purché un buono ed un cattivo ci siano.

Fra il Presidente del Parlamento catalano,   Puigdemont, che nel 2017 tentò di realizzare l’indipendenza della Catalogna  ed il premier del governo di Madrid Rajioy ci siamo un po’ divisi, anche se il più largo favore ha  riguardato il primo, in esilio a Bruxelles,  e gli uomini a lui vicini finiti in prigione. Chi finisce in esilio o in prigione è il buono.

Fra Maduro, il Presidente del Venezuela e il suo avversario Guaidò ci siamo divisi con nettezza. Uno fra I due deve essere un golpista. Chi? Per la Sinistra radicale ed antimperialista il golpista è Guaidò, l’ex Presidente dell’Assemblea Nazionale che si proclama Presidente. E’ uno strumento dell’imperialismo Usa interessato al petrolio venezuelano. Però, non solo gli Usa, ma anche la Ue riconoscono Guaidò. Il golpista  è lui o è Maduro che aveva esautorato il Parlamento ostile sostituendolo con un’Assemblea Costituente su sua misura e di stampo corporativo?

Buoni e cattivi? O invece agenti della complessità della Storia che conosce dialettica, drammi, contraddizioni in uno spettacolo di cui siamo spettatori o comparse? Non politici e neanche filosofi forse,  ma piuttosto letterati possono sentire il conflitto irrisolvibile delle opposte ragioni. Penso ad un letterato, Shakespeare, che lo fece in modo esemplare nel “Giulio Cesare”  dove inutilmente ti chiederesti se il drammaturgo sta con Cesare, il dittatore nato dal partito popolare ed amato dal popolo, o con I suoi assassini, I congiurati che lo uccidono in nome delle libertà repubblicane. Con l’amico del popolo o con lo establishment ci chiederemmo oggi.

Ma non vorrei concludere celebrando la complessità. Che è un dato, una condanna,  non una religione.  Chiudo invece con l’unanimità che oggi raggiungiamo in un obiettivo che finalmente ci accomuna. Siamo unanimi, almeno come italiani, nel pretendere la libertà di Patrick Zaki e la verità su Giulio Regeni.