Noi spettatori pensiamo di assistere nella scena del mondo a conflitti fra buoni e cattivi, spesso
nella forma di perseguitati opposti a persecutori. In tal caso il nostro tifo è
per i primi. Ricordo, più o meno alla rinfusa, gli ultimi casi.
C’è Natalny imprigionato da Putin. Salvo per miracolo
Natalny dopo un tentativo di eliminarlo mediante veleno nelle mutande. Poi lui,
guarito e al sicuro in Germania, decide di tornare in patria, la Russia di Putin dove è prontamente processato per
una storia di truffa e quindi condannato. Non ci passa lontanamente per la
mente che la condanna non sia stata un pretesto per eliminare un oppositore.
Magari, per ipotesi, potrebbero essere vere entrambe le cose: Natalny
imbroglione e Natalny oppositore coraggioso del despota russo. Nulla vogliamo
sapere neanche sul credo xenofobo e razzista di Natalny che tranquillamente
chiamava “scarafaggi” gli immigrati. No, non vogliamo saperlo. I buoni sono
buoni e basta. Perché gli oppositori dei cattivi sono buoni. Per forza.
Similmente assistiamo all’imprigionamenti di Aung San Suu da
parte di generali golpisti in Myanmar (Birmania). Lei che torna in prigione
dove era già stata per 15 anni, vittima anche allora dei golpisti. E poi Nobel
per la pace e poi liberata ed al governo del suo Paese. Lì, in tale parentesi, però i pochi informati registrano che l’eroina
è protagonista o complice nella deportazione in Bangladesh (nel più grande
campo profughi al mondo) e nel genocidio della minoranza musulmana dei Rohingya. Cerchiamo di non sapere però se
qualcosa non torna nel nostro tranquillizzante schema di buoni contro cattivi. Anche
il fatto che persecutori siano quelli della maggioranza buddista ci disturba
perché per noi I buddisti sono buoni e
pacifici.
A volte capita
che ci dividiamo nel decidere chi sia il buono e chi il cattivo. Purché un
buono ed un cattivo ci siano.
Fra il Presidente
del Parlamento catalano, Puigdemont,
che nel 2017 tentò di realizzare l’indipendenza della Catalogna ed il premier del governo di Madrid Rajioy ci
siamo un po’ divisi, anche se il più largo favore ha riguardato il primo, in esilio a Bruxelles, e gli uomini a lui vicini finiti in prigione. Chi
finisce in esilio o in prigione è il buono.
Fra Maduro, il
Presidente del Venezuela e il suo avversario Guaidò ci siamo divisi con
nettezza. Uno fra I due deve essere un golpista. Chi? Per la Sinistra radicale
ed antimperialista il golpista è Guaidò, l’ex Presidente dell’Assemblea
Nazionale che si proclama Presidente. E’ uno strumento dell’imperialismo Usa
interessato al petrolio venezuelano. Però, non solo gli Usa, ma anche la Ue
riconoscono Guaidò. Il golpista è lui o
è Maduro che aveva esautorato il Parlamento ostile sostituendolo con
un’Assemblea Costituente su sua misura e di stampo corporativo?
Buoni e cattivi?
O invece agenti della complessità della Storia che conosce dialettica, drammi,
contraddizioni in uno spettacolo di cui siamo spettatori o comparse? Non
politici e neanche filosofi forse, ma
piuttosto letterati possono sentire il conflitto irrisolvibile delle opposte
ragioni. Penso ad un letterato, Shakespeare, che lo fece in modo esemplare nel “Giulio
Cesare” dove inutilmente ti chiederesti
se il drammaturgo sta con Cesare, il dittatore nato dal partito popolare ed
amato dal popolo, o con I suoi assassini, I congiurati che lo uccidono in nome
delle libertà repubblicane. Con l’amico del popolo o con lo establishment ci
chiederemmo oggi.
Ma non vorrei concludere
celebrando la complessità. Che è un dato, una condanna, non una religione. Chiudo invece con l’unanimità che oggi
raggiungiamo in un obiettivo che finalmente ci accomuna. Siamo unanimi, almeno
come italiani, nel pretendere la libertà di Patrick Zaki e la verità su Giulio Regeni.
Nessun commento:
Posta un commento