Giovedì, 27 scorso, in un liceo artistico fiorentino una insegnante, appartenente alla categoria , minoritaria e impagabile (direi letteralmente), degli educatori, nell’occasione del giorno della memoria, ha realizzato un “incidente” didattico. Ha chiesto agli studenti di dichiarare al più presto residenza e nazionalità propria e dei genitori. Motivo? Una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione che imponeva di riservare ai fiorentini - docenti e allievi – le scuole di Firenze. Per rendere più credibile l’invenzione ha aggiunto che lei stessa si preparava a tornare per questo nella sua Emilia Romagna. Sbigottimento, disperazione e lacrime soprattutto da parte dei giovani figli di immigrati. “Come faccio a tornare in Cina?”. Solidarietà, con qualche offerta di asilo, dai compagni fiorentini, non dissimile da quella che “i giusti” espressero in altra epoca verso gli ebrei perseguitati.
Poi la rivelazione: non è vero; ma qualcosa di simile a questo e peggio di questo è successo in Italia, nel ’38, con le leggi razziali.
Ho letto commenti giustamente elogiativi per l’invenzione della docente. Io aggiungo solo due note che sono il risvolto preoccupante e triste dell’episodio.
La prima riguarda l’ignoranza degli studenti sulla nostra Carta Costituzionale. Gli studenti hanno creduto che una circolare ministeriale potesse sovvertire i nostri principi costituzionali. Lo hanno potuto credere perché evidentemente non conoscono davvero la Costituzione. Avrebbero creduto all’insegnante se avesse rivelato che il giorno dopo il sole sarebbe sorto con due ore di ritardo o che 2+2 avrebbe fatto 5? La Costituzione non dovrebbe essere compresa allo stesso modo? Questa è una lezione alla nostra scuola, alle sue priorità e alla sua efficacia.
La seconda osservazione contraddice apparentemente la prima e comunque è una sorta di attenuante per la credulità dei poveri studenti. Con tutta probabilità solo 15 anni fa non sarebbe potuto accadere quello che è accaduto in quell’aula. Gli studenti non sarebbero caduti nell’inganno. Dal ’94 la Costituzione non è cambiata. Non è cambiata la Costituzione “vera”, “formale”. E’ cambiata però la Costituzione “materiale” che afferma principi diversi. Noi ci rassicuriamo dicendoci che c’è una sola Costituzione, quella scritta dall’Assemblea Costituente e proclamata nel ’48. I nostri giovani però apprendono giorno dopo giorno che quel che conta è “la volontà popolare”. Apprendono che la “volontà popolare” ha voluto questo governo di cui è parte il ministro della Pubblica Istruzione. Apprendono magari che v’è qualcuno, criminale, sovversivo, comunista, che vuole far contare un pezzo di carta più del popolo. Che qualcuno voleva proibire a liste della maggioranza di partecipare alle ultime elezioni regionali in Lazio e in Lombardia “solo” perché le firme dei presentatori erano false o presentate in ritardo. Qualcuno sente che le borse di studio in qualche parte del nordest saranno riservate ai cittadini della regione. Etc. Etc.
Nessuno insegna ai nostri ragazzi che la “volontà popolare” non è la volontà della semplice maggioranza dei cittadini né tanto meno è la volontà del 30% o del 40%. Non lo insegna la scuola, non lo ricorda neanche l’opposizione, intimidita, contro gli ideologi della Costituzione materiale. Di quanti educatori come l’insegnante fiorentina avremmo bisogno? Beh, credo che li abbiamo. Qualcuno in servizio, confuso fra stanchi ripetitori. Li avremmo se volessimo/sapessimo scovarli fra i precari spazzati via e impiegati nei call center e nelle pizzerie. E’ un altro discorso però e non è fra le nostre priorità.
Poi la rivelazione: non è vero; ma qualcosa di simile a questo e peggio di questo è successo in Italia, nel ’38, con le leggi razziali.
Ho letto commenti giustamente elogiativi per l’invenzione della docente. Io aggiungo solo due note che sono il risvolto preoccupante e triste dell’episodio.
La prima riguarda l’ignoranza degli studenti sulla nostra Carta Costituzionale. Gli studenti hanno creduto che una circolare ministeriale potesse sovvertire i nostri principi costituzionali. Lo hanno potuto credere perché evidentemente non conoscono davvero la Costituzione. Avrebbero creduto all’insegnante se avesse rivelato che il giorno dopo il sole sarebbe sorto con due ore di ritardo o che 2+2 avrebbe fatto 5? La Costituzione non dovrebbe essere compresa allo stesso modo? Questa è una lezione alla nostra scuola, alle sue priorità e alla sua efficacia.
La seconda osservazione contraddice apparentemente la prima e comunque è una sorta di attenuante per la credulità dei poveri studenti. Con tutta probabilità solo 15 anni fa non sarebbe potuto accadere quello che è accaduto in quell’aula. Gli studenti non sarebbero caduti nell’inganno. Dal ’94 la Costituzione non è cambiata. Non è cambiata la Costituzione “vera”, “formale”. E’ cambiata però la Costituzione “materiale” che afferma principi diversi. Noi ci rassicuriamo dicendoci che c’è una sola Costituzione, quella scritta dall’Assemblea Costituente e proclamata nel ’48. I nostri giovani però apprendono giorno dopo giorno che quel che conta è “la volontà popolare”. Apprendono che la “volontà popolare” ha voluto questo governo di cui è parte il ministro della Pubblica Istruzione. Apprendono magari che v’è qualcuno, criminale, sovversivo, comunista, che vuole far contare un pezzo di carta più del popolo. Che qualcuno voleva proibire a liste della maggioranza di partecipare alle ultime elezioni regionali in Lazio e in Lombardia “solo” perché le firme dei presentatori erano false o presentate in ritardo. Qualcuno sente che le borse di studio in qualche parte del nordest saranno riservate ai cittadini della regione. Etc. Etc.
Nessuno insegna ai nostri ragazzi che la “volontà popolare” non è la volontà della semplice maggioranza dei cittadini né tanto meno è la volontà del 30% o del 40%. Non lo insegna la scuola, non lo ricorda neanche l’opposizione, intimidita, contro gli ideologi della Costituzione materiale. Di quanti educatori come l’insegnante fiorentina avremmo bisogno? Beh, credo che li abbiamo. Qualcuno in servizio, confuso fra stanchi ripetitori. Li avremmo se volessimo/sapessimo scovarli fra i precari spazzati via e impiegati nei call center e nelle pizzerie. E’ un altro discorso però e non è fra le nostre priorità.