martedì 6 maggio 2014

Locke: la felicità del dovere


Locke, di Steven Knight, è un film autenticamente drammatico, se il dramma è scontro di protagonisti e di ragioni che non possono comporsi. Locke è un tecnico affermato e affidabile che opera nel settore edile. L'indomani lo aspetta l'opera più impegnativa della sua carriera: la gestione della più grande colata di cemento di sempre per un grattacielo, il più alto di sempre. E quella sera lo aspetta la sua famiglia normale: una moglie innamorata e che ama e due figli che condividono le sue passioni sportive. Ma lui all'uscita dal lavoro quella sera si avvia verso Londra. Perché lo aspetta una donna che sta per dare al mondo suo figlio, un figlio concepito in una serata di alcol. Locke sceglie quindi la cosa che può sconvolgergli la vita, quella familiare e quella lavorativa. Nella lunga corsa solitaria in auto, con le protesi che lo collegano alla sua vita e alle contraddizioni da comporre, cercherà di salvare tutto: famiglia, lavoro, dovere. Il dovere che ha due forme. La prima: non lasciare sola una donna praticamente sconosciuta ed accogliere la vita di cui è responsabile. La seconda: realizzare, per quanto a distanza, guidando questo e persuadendo quell'altro, la perfezione del suo capolavoro, la immane colata di cemento. Locke perde famiglia e lavoro. Perché la moglie non lo perdona e non lo perdona neanche la sua azienda. Conquista solo i suoi capolavori: la colata di cemento e la responsabilità verso gli altri. Non sapremo mai se così ha conquistato la felicità possibile.

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