Durante una conversazione futile, in cui purtroppo sono coinvolto, vien fuori l’episodio dell’attentato al dirigente di Equitalia, odioso esattore, ad opera di sedicenti anarchici. Uno – diciamo di orientamento destrorso - esclama subito: “gli farei un applauso (all'attentatore)”. E un altro, di orientamento analogo: “è stato il mio primo sentimento, poi mi sono detto, ma no” (bontà sua). Il terzo infine – un giovane “rosso” di area “centri sociali”: “ma sì, hanno fatto bene”.
Mi defilo di fronte all’invincibile alleanza degli “opposti estremismi” (come si diceva una volta); opposti in che cosa? Mi viene da pensare all’ultimo Crozza, che mostra il Bossi pensionato e un corteo di indignati, quelli che gridano "siamo il 99%" contro banchieri e finanza. Nel segno dell’odio verso i cosiddetti “poteri forti” il leader leghista e gli “ultrarossi” trovano una entusiasmante sintonia. Che bello trovare il colpevole nell’1% e noi tutti al calduccio nella solidarietà del 99% che non arriva alla fine del mese (chi con 500, chi con 5.000, chi con 50.000 euro mensili).
Oggi poi rifletto all’assalto contro il campo rom di Torino per punire presunti stupratori, in realtà inventati da una ragazzina che ha trovato nella “cultura” della comunità un facile capro espiatorio per spiegare un rapporto sessuale. Anche qui tutti uniti, stavolta contro esponenti di un diverso 1% , di rifiuti umani. Certo con vocazioni abbastanza segnati dal censo e dal livello d’istruzione, con i laureati che prediligono indignarsi contro i banchieri e la speculazione (di cui sono parte i fondi pensione, ma non è il caso di dipanare il filo che lega i buoni ai cattivi) e i malamente scolarizzati (spesso, come pare a Torino, ultra del calcio in crisi di astinenza) che prediligono i rom . Ma va bene lo stesso. Banchieri e rom i diversi. E noi cittadini “normali” , imboscati in lavori di comodo, piccoli e grandi produttori di armi e videogiochi, evasori grandi e piccoli, costruttori e abitanti di case abusive, inquinatori/ inquinati, percettori di pensioni di invalidità indebite, e anche onesti e produttivi lavoratori, larghissimo, smisurato, innocente ceto medio, a subire quell’1% che ci sta sopra e quell’1% che ci sta sotto. Senza sospettare, senza la fatica di pensare che un mondo nuovo non sopprimerà solo banchieri e rom: dovrà cambiarci tutti fino a renderci irriconoscibili a noi stessi.
P.S. Ma poi gli spavaldi assalitori di zingari, compreso l’errore, si saranno suicidati, presi di vergogna e senso di colpa? O no? Quanto durerà il sonno della ragione?
domenica 11 dicembre 2011
sabato 3 dicembre 2011
L'economia reale del pensionato
Carissimo presidente, la ringrazio per aver voluto ascoltare fra le parti sociali anche la voce dei pensionati. La sorprenderò perché vengo a sottoporle, a loro nome, una proposta di tagli massicci alle pensioni. Possiamo discutere dei particolari, ma in sintesi i pensionati ritengono che sia accettabile un taglio netto, chiaro e visibile alle loro pensioni. Non l’imbroglio del blocco degli adeguamenti Istat. Diciamo un taglio del 30% , almeno a partire dalle pensioni di 1.500 euro. Un po’ di più oltre, meno per le pensioni inferiori, nulla sotto i 1000 euro. Siamo abbastanza generosi? Non è una offerta senza contrapartita naturalmente. Adesso le elenco le nostre ragionevoli contropartite.
La prima è che il governo assuma il punto di vista del lavoro come valore e come unico valore reale dell’economia. Se assumerà questo punto di vista, ovvio, banale, costituzionale, ma dimenticato, alcune conseguenze verranno da sole. E noi pensionati recupereremo presto il 30% che avremo inizialmente sacrificato. Non facciamo ideologia. Pare che si debba rassicurare su questo. Credo significhi soprattutto che non si pretenda il socialismo o cose simili. Non lo pretendiamo, purché si realizzino quelle poche cose concrete che chiediamo Diciamo che è ragionevole, magari opinabile e oggetto di conflitto, ma comunque ragionevole che Stato o imprese private cerchino di retribuire al minimo il lavoro. Non è assolutamente ragionevole che piuttosto che mettere al lavoro, si preferisca mantenere nell’inattività retribuita giovani dotati di intelligenza, competenze ed energia o anche giovani non particolarmente competenti, ma capaci di cuocere un uovo al tegamino. Non è neanche ragionevole e immagino che produca decrescita (sennò l’economia degli economisti sarebbe una cavolata) far cuocere l’uovo al tegamino al giovane che potrebbe contribuire a sconfiggere il cancro e dare un ruolo di ricercatore a un tale che più efficacemente potrebbe cuocere l’uovo al tegamino. Non è ragionevole che ci vantiamo di avere un tasso di disoccupazione inferiore alla media europea, non preoccupandoci dell’assai più vasta platea di cittadini inattivi che hanno smesso di cercare lavoro e di studiare e se ne stanno a casa a farsi angariare dai mariti o nelle sale di videogiochi o di scommesse a spendere il salario di genitori e nonni. Non è ragionevole che sia sprecata l’intelligenza e l’energia dei “giovani” anziani, non incentivando la permanenza nel lavoro, magari part-time. Non è ragionevole che oggi non si chiami al lavoro il pensionato ozioso nei giardinetti, verificando cosa possa fare utilmente. Molti pensionati di medio-alta cultura – le assicuro – assisterebbero volentieri adolescenti e giovani in spazi di doposcuola. Altri starebbero bene nelle mense scolastiche o aziendali. I più giovani e in forma fisica libererebbero volentieri i tombini delle foglie per prevenire i prossimi allagamenti o sarebbero felici di rimboscare le colline prevenendo le prossime frane fatali. Forse lo farebbero gratis. Ma paghiamo loro 200 euro mensili per un lavoro part- time e li faremo esplodere di felicità. Non mi dica che sarebbero soldi sprecati. Significherebbe che l’economia non è una cosa seria. Ci sono erbacce che imbruttiscono migliaia di siti archeologici e ci sono toilette sporche o senza sapone che rendono sgradevole il soggiorno dei turisti e la mobilità. Rimediare a questo è banale? Ma non è assurdo che il paese più bello del mondo non sia il primo paese visitato da turisti? Non è assurdo che questo paese mostri metro insozzate e fatiscenti con ragazzini viziati e superdotati di aggeggi elettronici, in mano, nelle orecchie, forse nel naso, stravaccati, indolenti, sulle sedie. Non è opportuno mettere al lavoro questi poveri ragazzi per redimerli dal rimbecillimento? Non è opportuno riportare a scuola i loro genitori per imparare il mestiere di padre o di madre? Che significa veramente, presidente, l’espressione “non c’è lavoro”? A noi sembra che ci sia un sacco da fare e lavoro per tutti e che anzi sia urgente cancellare per questo i finti lavori, talvolta anche super-retribuiti. C’è da cancellare metà degli uffici che producono carte e tre quarti dei consigli di amministrazione (forse di più, forse tutti) in cui personale politico, parapolitico e parassita acquisisce reddito a spese di chi lavora.
Se i pensionati si dimostrano disponibili a un contributo massiccio per ripianare il debito e mettere al lavoro gli inattivi, sarà facile per lei chiedere sacrifici analoghi ad altre categorie. Esistono gli strumenti per combattere l’evasione. Li applichi e intanto lavoriamo insieme a un nuovo senso comune che produrrà anche una nuova giustizia. L’evasione non è cosa meno grave di una rapina a mano armata. La si punisca allo stesso modo.
E si punisca allo stesso modo la corruzione. E si smetta di oltraggiare la povertà e la bellezza con l’esibizione sciocca di panfili e ville che deturpano il paesaggio.
Se tutti saranno chiamati a sacrifici analoghi ai nostri, ci saranno risorse per abbattere la tassazione sulle imprese e sul lavoro. Se risulteranno impraticabili i favori, molti imprenditori saranno costretti a occuparsi di interpretare la domanda, ad acquisire le migliori tecnologie e le migliori competenze. Riesce a immaginare le energie liberate dalla nuova consapevolezza che lo studio e il merito saranno premiati? Diventeremmo quel che sarebbe naturale essere: il paese più ricco del mondo, grazie alle eredità straordinarie ricevute dalla storia che immeritevolmente abbiamo alle spalle, noi nani sulle spalle di giganti.
In cambio del nostro piccolo sacrificio chiediamo certezze per i nostri figli e nipoti. Che siano aiutati da qualcuno, competente (i raccomandati li pensiamo estinti), nelle scelte di carriera. Che, quando disoccupati, entrino in un comparto pubblico che proponga mix di formazione, ri-orientamento e lavoro cosiddetto socialmente utile. Che in tale fase ci siano operatori esperti capaci di individuare e proporre talenti alle imprese. Che comunque tutti ricevano sempre un salario minimo sociale, equilibrato per non indurre alla inattività. Che sia generalizzato il prestito d’onore per lo studio, per l’avvio di un’attività imprenditoriale, per mettere su casa e famiglia.
Infine le propongo di avviare una rivoluzione culturale. E’ tempo di avere il coraggio di pensare l’impensabile. Non è scontato, anche con le nostre proposte, che la vita degli anziani, sempre più lunga, diventi una vita bella da vivere. A maggior ragione se queste proposte non fossero accolte, restituendo i pensionati alla vita produttiva e sociale. Si tratta semplicemente di lavorare al superamento del tabu della morte. Un giorno forse capiremo tutti che non ha scopo prolungare con la vecchiaia una lunga dolorosa agonia. Ha pensato, presidente, quali incredibili economie si realizzerebbero se tutti i pensionati in un colpo solo ponessero fine alle loro inutili vite e le loro pensioni fossero acquisite dallo Stato? Abbatteremmo il debito pubblico e daremmo nuovo .decisivo slancio all’economia. Auspicando, si intende, che non si torni ai vizi della vecchia economia, quella che ci ha insegnato che il lusso e lo spreco producono domanda, lavoro e sviluppo.
La prima è che il governo assuma il punto di vista del lavoro come valore e come unico valore reale dell’economia. Se assumerà questo punto di vista, ovvio, banale, costituzionale, ma dimenticato, alcune conseguenze verranno da sole. E noi pensionati recupereremo presto il 30% che avremo inizialmente sacrificato. Non facciamo ideologia. Pare che si debba rassicurare su questo. Credo significhi soprattutto che non si pretenda il socialismo o cose simili. Non lo pretendiamo, purché si realizzino quelle poche cose concrete che chiediamo Diciamo che è ragionevole, magari opinabile e oggetto di conflitto, ma comunque ragionevole che Stato o imprese private cerchino di retribuire al minimo il lavoro. Non è assolutamente ragionevole che piuttosto che mettere al lavoro, si preferisca mantenere nell’inattività retribuita giovani dotati di intelligenza, competenze ed energia o anche giovani non particolarmente competenti, ma capaci di cuocere un uovo al tegamino. Non è neanche ragionevole e immagino che produca decrescita (sennò l’economia degli economisti sarebbe una cavolata) far cuocere l’uovo al tegamino al giovane che potrebbe contribuire a sconfiggere il cancro e dare un ruolo di ricercatore a un tale che più efficacemente potrebbe cuocere l’uovo al tegamino. Non è ragionevole che ci vantiamo di avere un tasso di disoccupazione inferiore alla media europea, non preoccupandoci dell’assai più vasta platea di cittadini inattivi che hanno smesso di cercare lavoro e di studiare e se ne stanno a casa a farsi angariare dai mariti o nelle sale di videogiochi o di scommesse a spendere il salario di genitori e nonni. Non è ragionevole che sia sprecata l’intelligenza e l’energia dei “giovani” anziani, non incentivando la permanenza nel lavoro, magari part-time. Non è ragionevole che oggi non si chiami al lavoro il pensionato ozioso nei giardinetti, verificando cosa possa fare utilmente. Molti pensionati di medio-alta cultura – le assicuro – assisterebbero volentieri adolescenti e giovani in spazi di doposcuola. Altri starebbero bene nelle mense scolastiche o aziendali. I più giovani e in forma fisica libererebbero volentieri i tombini delle foglie per prevenire i prossimi allagamenti o sarebbero felici di rimboscare le colline prevenendo le prossime frane fatali. Forse lo farebbero gratis. Ma paghiamo loro 200 euro mensili per un lavoro part- time e li faremo esplodere di felicità. Non mi dica che sarebbero soldi sprecati. Significherebbe che l’economia non è una cosa seria. Ci sono erbacce che imbruttiscono migliaia di siti archeologici e ci sono toilette sporche o senza sapone che rendono sgradevole il soggiorno dei turisti e la mobilità. Rimediare a questo è banale? Ma non è assurdo che il paese più bello del mondo non sia il primo paese visitato da turisti? Non è assurdo che questo paese mostri metro insozzate e fatiscenti con ragazzini viziati e superdotati di aggeggi elettronici, in mano, nelle orecchie, forse nel naso, stravaccati, indolenti, sulle sedie. Non è opportuno mettere al lavoro questi poveri ragazzi per redimerli dal rimbecillimento? Non è opportuno riportare a scuola i loro genitori per imparare il mestiere di padre o di madre? Che significa veramente, presidente, l’espressione “non c’è lavoro”? A noi sembra che ci sia un sacco da fare e lavoro per tutti e che anzi sia urgente cancellare per questo i finti lavori, talvolta anche super-retribuiti. C’è da cancellare metà degli uffici che producono carte e tre quarti dei consigli di amministrazione (forse di più, forse tutti) in cui personale politico, parapolitico e parassita acquisisce reddito a spese di chi lavora.
Se i pensionati si dimostrano disponibili a un contributo massiccio per ripianare il debito e mettere al lavoro gli inattivi, sarà facile per lei chiedere sacrifici analoghi ad altre categorie. Esistono gli strumenti per combattere l’evasione. Li applichi e intanto lavoriamo insieme a un nuovo senso comune che produrrà anche una nuova giustizia. L’evasione non è cosa meno grave di una rapina a mano armata. La si punisca allo stesso modo.
E si punisca allo stesso modo la corruzione. E si smetta di oltraggiare la povertà e la bellezza con l’esibizione sciocca di panfili e ville che deturpano il paesaggio.
Se tutti saranno chiamati a sacrifici analoghi ai nostri, ci saranno risorse per abbattere la tassazione sulle imprese e sul lavoro. Se risulteranno impraticabili i favori, molti imprenditori saranno costretti a occuparsi di interpretare la domanda, ad acquisire le migliori tecnologie e le migliori competenze. Riesce a immaginare le energie liberate dalla nuova consapevolezza che lo studio e il merito saranno premiati? Diventeremmo quel che sarebbe naturale essere: il paese più ricco del mondo, grazie alle eredità straordinarie ricevute dalla storia che immeritevolmente abbiamo alle spalle, noi nani sulle spalle di giganti.
In cambio del nostro piccolo sacrificio chiediamo certezze per i nostri figli e nipoti. Che siano aiutati da qualcuno, competente (i raccomandati li pensiamo estinti), nelle scelte di carriera. Che, quando disoccupati, entrino in un comparto pubblico che proponga mix di formazione, ri-orientamento e lavoro cosiddetto socialmente utile. Che in tale fase ci siano operatori esperti capaci di individuare e proporre talenti alle imprese. Che comunque tutti ricevano sempre un salario minimo sociale, equilibrato per non indurre alla inattività. Che sia generalizzato il prestito d’onore per lo studio, per l’avvio di un’attività imprenditoriale, per mettere su casa e famiglia.
Infine le propongo di avviare una rivoluzione culturale. E’ tempo di avere il coraggio di pensare l’impensabile. Non è scontato, anche con le nostre proposte, che la vita degli anziani, sempre più lunga, diventi una vita bella da vivere. A maggior ragione se queste proposte non fossero accolte, restituendo i pensionati alla vita produttiva e sociale. Si tratta semplicemente di lavorare al superamento del tabu della morte. Un giorno forse capiremo tutti che non ha scopo prolungare con la vecchiaia una lunga dolorosa agonia. Ha pensato, presidente, quali incredibili economie si realizzerebbero se tutti i pensionati in un colpo solo ponessero fine alle loro inutili vite e le loro pensioni fossero acquisite dallo Stato? Abbatteremmo il debito pubblico e daremmo nuovo .decisivo slancio all’economia. Auspicando, si intende, che non si torni ai vizi della vecchia economia, quella che ci ha insegnato che il lusso e lo spreco producono domanda, lavoro e sviluppo.
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