Parto dall’assunto di due destre e di due sinistre. Chiamo destra la cultura della conservazione: di abitudini, assetti sociali, proprietà. Chiamo sinistra la cultura del cambiamento e dell’eguaglianza.
Nella destra c’è un’area ribellistica che usa i valori come pretesto per menare le mani. A sinistra lo stesso. Mutatis mutandis, mutati i valori che sono un pretesto per quella destra e quella sinistra. Populismo è il contenitore comune, in cui è ospitato l’antieuropeismo d’accatto, l’enfasi contro la casta politica che dimentica la sostanza del privilegio diffuso, la pretesa congiura giudaica-massonica, l’invenzione del capro espiatorio Banca-Finanza-Equitalia che assolve i parassiti produttivi (???), Agnelli, Berlusconi, Briatore, etc.. Politicamente –io credo – il contenitore è più importante dei diversi valori presi a pretesto. Il contenitore cioè è il vero valore. Perciò, ovviamente, consento con l’iniziativa di Monti di qualche tempo fa per un vertice sul populismo, avversario della politica tout court (di destra e di sinistra). Anche per me che credo di stare con la sinistra “vera” il populismo è il primo avversario. Perché sostituisce la rabbia impotente alla fatica della progettazione di una società giusta, ecocompatibile, rispettosa del futuro delle nuove generazioni.
Però so bene che questa mia sinistra che guarda, capisce ed aspetta non è amata dagli altri. Non è amata dai disperati che – se proprio debbono morire – ritengono di farlo dopo aver affrontato e aggredito un nemico visibile, qui ed ora.
Non sto citando il centro perché grosso modo lo assimilo alla destra pulita e ragionevole (e classista) che oggi guarda a Monti.
Noi, la sinistra borghese dei professionisti colti, dei lavoratori e dei pensionati sostanzialmente garantiti, abbiamo salutato l’avvento di Monti come una liberazione. Non credevamo che avrebbe riformato chissà che. Nulla che facesse troppo male a qualcuno. Nessuna epocale riforma della scuola nel segno dell’apprendimento permanente ovvero del mandiamo tutti a scuola ad imparare a comprendere un testo o a comprendere i saperi chimici e fisici sottesi alle energie rinnovabili o a comprendere con strumenti matematico-statistici l’imbroglio del super enalotto e del gratta e vinci o a comprendere i meccanismi e la ratio della legge, dell’economia e della politica. Non pensavamo che Monti avrebbe garantito l’effettivo diritto al lavoro per tutti e neanche per un maggior numero di cittadini forse. Non pensavamo che ci avrebbe messo all’opera per mettere in sicurezza e ripulire l’Italia: monumenti, paesaggio, colline, città. Non pensavamo che avrebbe reso più progressive le imposte o che avrebbe introdotto una patrimoniale sulle grandi ricchezze. Queste cose appartengono alla sinistra, no? Ai politici di sinistra, ai tecnici di sinistra, alla gente di sinistra. Con Monti ci siamo accontentati di salvare la barca comune che rischiava di andare a fondo col suo carico così composito di benestanti, ceto medio e disperati variamente invisibili. Con Monti ci siamo accontentati di recuperare un nuovo spettacolo della politica fatto di sobrietà, humor inglese, compostezza. Uno show in cui – addirittura – si aspetta che l’avversario concluda il suo intervento prima di prendere la parola. Da Monti abbiamo avuto il rigore che non sapevamo/potevamo imporre (perché elettoralmente impraticabile) ai ceti che rappresentiamo. Abbiamo avuto la generalizzazione del sistema contributivo (vittime della scure poche centinaia di migliaia di esodati, dimenticati), senza flessibilità, e il blocco delle indicizzazioni. Abbiamo avuto una riforma dei meccanismi di accesso e uscita riguardo il lavoro, farraginosa, compromissoria e pasticciata. Non abbiamo avuto l’equità. Non potevamo chiederla al governo dei tecnici. In fondo non eravamo così certi di poterla realizzare noi stessi. Troppo difficile colpire privilegi e capitali pronti a fuggire verso i lidi più accoglienti moltiplicati dalla globalizzazione. E - appunto – ci avremmo pensato noi. Il più tardi possibile. Perché non c’è fretta ad assumere compiti così difficili. Neanche nella declinazione, prudentissima, bersaniana (un po’ di crescita, un po’ di salario, un po’ di domanda, un po’ di consumi, un po’ di lavoro). Un po’. Per qualcuno. Puntando a migliorare indici e statistiche del Pil , della disoccupazione, di quella femminile e di quella giovanile. Sapendo che ci saranno comunque clochard e disoccupati di cui si occuperà la Caritas e ci saranno pensionati a frugare fra gli avanzi del mercato o a contendersi coi rom, fra i cassonetti, i rifiuti della società opulenta che impreca alla crisi. Ce ne saranno di meno. Saremo contenti se quei numeri cambieranno. L’economia farà un balzo in avanti. E tutti saremo contenti come se l’economia fosse il bambino che prende sicurezza e impara a camminare e poi a correre. Ma il bambino, quello vero, non è l’economia. E’ il bambino che intravvedevo ieri accucciato per terra, esposto al freddo dal padre mendicante per indurre all’elemosina. E’ il bambino che gioca fra i veleni di Taranto. La sinistra riformista guarda alla gradualità e ai numeri. Guarda all’economia e a migliorare i numeri. Che poi peggioreranno di nuovo e ci sarà un nuovo Monti. Ma sempre ci sarà un bambino al gelo o fra i veleni di Taranto. In attesa di una sinistra che consideri scandalo abbandonare chiunque. Anche un solo bambino. Una sinistra che abbia l’ambizione di non separare valori irrinunciabili quali il lavoro e la salute, l’efficienza e l’equità. Comunque grazie a Monti davvero. Il suo governo ha garantito il nucleo duro delle mie garanzie, mi ha colpito con sobrietà. Mi ha liberato – forse per sempre -dello spettacolo osceno di un pover’uomo solo al comando con codazzo di gente senza stima di sé. Per me va bene così. In attesa che il mondo si fermi considerando intollerabile un solo bambino al gelo, un solo pensionato che frughi fra le immondizie. E si rimuova per sempre lo scandalo.
P.S. Né il bimbo né il pensionato si sono accorti della transizione da Berlusconi a Monti. E non riescono a gioire per i sondaggi elettorali che ci danno vincenti.