Regista e attori affermati incontrano un tema, con stimolanti temi di contorno, che meriterebbe uno sviluppo più “drammatico” e una diversa attenzione del cinema. Nancy Meyers, la regista, Robert De Niro il protagonista, Anne Hathaway la protagonista de “Lo stagista inaspettato” .. Il tema principale è il senso della terza età. Un'età improvvisamente privata della dimensione lavorativa. E progressivamente privata della dimensione erotica. Due privazioni variamente avvertite come drammatiche dagli anziani. Da qualcuno no, dai più sì. Privazioni che sono delle persone coinvolte ed anche della comunità. La comunità però sembra non farsene carico. Non avverte di privarsi di qualcosa, privandosi dei saperi e del lavoro degli anziani. Tutt'altro. Nella stupidissima immaginazione del lavoro come merce rara, la fuoriuscita di un anziano dal cosiddetto mercato del lavoro è vista positivamente come un posto liberatosi fra i commensali di una torta assegnata. In ciò normalmente il pensiero della cosiddetta sinistra è spesso più arretrato di quello di destra. Ma torniamo al film. Mi è piaciuto soprattutto l'esordio. La descrizione della nuova vita di Ben, ex dirigente, ora pensionato. Con i binari che il pensiero comune di oggi assegna: i giochi, la ginnastica, lo yoga, il volontariato e cose così per riempire la vita vuota. Ancor più vuota se il pensionato sperimenta la solitudine affettiva della vedovanza. In tale tristissima normalità irrompe un'occasione insolita. E' l'opportunità di uno stage per anziani inventato da una giovanissima azienda di e-commerce, creata da un giovane talento femminile, quello di Julie. L'imprenditrice riassume i caratteri dei giovani talenti imprenditoriali che sono la positiva scoperta di questi tempi contraddittori. Almeno in America. Giacché altrove i tempi della vita attiva, ridotti in su, si riducono anche giù: sempre più tardi al lavoro e ancora troppo presto fuori. E soprattutto con rigida separazione dei tempi di studio, gioco e lavoro. Buffo che in Italia ad esempio si sia così timidi nel consentire di pensionarsi prima a chi non ha lavoro ed altrettanto timidi nel realizzare una fuoriuscita morbida dal lavoro, con conti che sembrano non tornare mai. Infine grottesco, oltre che buffo, che ci si privi di saperi di alta qualità e talvolta non surrogabili per “raggiunti limiti di età”. Boh!
Ben si trova inserito in una dinamica aziendale per lui insolita. E' il secondo tema del film. Quello della giovane impresa con tutte le caratteristiche estremamente innovative dei distretti della new economy: spazi aperti, clima cameratesco e (apparentemente) non gerarchico, grande flessibilità nell'articolazione e commistione dei tempi di lavoro e di svago o riposo. Con il boss, Julie, che percorre, tutta casual, in bici gli spazi comuni. Affascinante, no? Però non c'è memoria di saggezza antica nella nuova impresa. Perché l'innovazione non distrugge solamente. Perde memoria del vecchio. Di cui qualcosa servirebbe talvolta recuperare e metabolizzare. E' il ruolo che svolgerà il vecchio Ben diventato insostituibile come autista, baby sitter, consulente di affari e di cuore. Chissà perché alla fine il film restituisce Ben ai giochi fatui del suo pensionamento. Forse per non affondare troppo la lama con la denuncia del masochismo della nostra civiltà che ha bisogno di tempi certi per scandire la vita, con privilegi e costi assegnati burocraticamente in ogni fase. Voglio dire che lo stagista non dovrebbe essere mai inaspettato
Si sovrappone poi il tema del conflitto fra affermazione della donna e crisi del maschio. Col marito di Julie che prima consente al modello della nuova paritaria divisione dei ruoli. Lui, prima in carriera, rinuncia al lavoro e diventa casalingo in obbedienza al consolidato “politicamente corretto”. Naturalmente i maschi della nuova generazione pagano prezzi elevati, vivendo un presente nuovo con la mente foggiata dai vecchi stereotipi. Sicché l'ex maschio in carriera, diventato casalingo, tradirà l'avvenente moglie.
Mi sembra che il film difetti nel mancato approfondimento del tema del pensionamento come punizione e su quello dell'irruzione del protagonismo femminile nel lavoro. Mi sembra anche che pecchi di conformismo puritano sul tema della sessualità. Il vedovo settantenne troverà risposta alle sue pulsioni nella piacevole massaggiatrice aziendale, più o meno cinquantenne. Curioso però che la regia scelga di esibire l'eccitazione maschile al massaggio della cinquantenne mentre non c'è traccia di eros nel rapporto diventato intensissimo fra il settantenne e la ventenne protagonista. La sessualità degli anziani non è ancora tema gradito. A maggior ragione sgradito è il tema dell'incontro fra la sessualità anziana e quella giovane. Polansky e forse anche Allen avrebbero raccontato (anche per averla vissuta) una storia diversa. Con molto coraggio in più.
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