venerdì 23 aprile 2021

Pandemia, occasione perduta per ripensare la Scuola


Sulla Scuola, come su molto altro, non si ha il coraggio di guardare l’evidenza. Non si ha il coraggio di vedere che la didattica a distanza, variamente corretta da momenti di presenza reale, con modulazione disegnata dal virus e non dalla pedagogia (ovvero da una teoria dell’educazione e dalla diffusione reale di tecnologie e saperi informatici), è un fallimento. Gli studenti hanno sprecato un anno e mezzo muovendosi a tentoni e privi di guida alcuna, ora sentendosi liberati, ora sentendosi abbandonati. Per verificarlo basterebbe interrogarli. Ma non lo si è fatto e non si farà. Non ci sarà ricerca che documenterà come hanno vissuto questo periodo. Non li si interrogherà seriamente nemmeno sui loro apprendimenti. Per tranquilizzarli (risarcirli?) li si rassicura che non subiranno vere interrogazioni ed anche per i maturandi l’esame sarà “leggero”. Così “promuovendoli” (assolvendoli o assolvendoci?) li terremo buoni. Io, facendo il mio consueto esercizio di cancellazione della realtà, credo di scoprire che tutt’altro approccio – emergenziale (ma non solo emergenziale) – era possibile. Cancellare la realtà significa sottrarsi all’adesione acritica a quello che c’è. Cancellare la lezione a distanza che nella sua realizzazione è una replica infelice della lezione in presenza nella quale il docente può regolare e correggere le sue parole interrogando i visi degli studenti (partecipi, annoiati, distratti, stanchi?). Ma cancellare mentalmente la realtà esistente significa anche cancellare la presunzione che qualcosa (cosa?) resterà nelle menti degli allievi. Cancellare la realtà della Scuola per inventare una Scuola dell’emergenza o una nuova Scuola tout court, una Scuola che parta da bisogni reali. Ad esempio, mi sembra lampante che i più non sappiano davvero cos’è una percentuale. Se no, non entrerebbero in panico apprendendo che in un caso su un milione il vaccino provoca la morte. O almeno proverebbero un’ansia maggiore leggendo che il farmaco che normalmente usano la morte la dà 10 volte più spesso, 10 casi su un milione. Sono convinto che il nostro sistema di istruzione non si occupa di verificare l’apprendimento “vero” della percentuale ovvero la capacità di farne uso nella vita. Questo vale anche, ad esempio, per la conoscenza dei nostri principi costituzionali e per tanto altro.
Gli apprendimenti sconnessi della didattica a distanza non sono apprendimenti veri se non organizzati in un sistema di connessioni e di senso: un sistema che meglio, e comunque debolmente, è realizzato nella classica lezione in presenza in cui gli studenti si danno le spalle per ascoltare le parole del docente. Si danno le spalle perché le interazioni e gli apprendimenti fra pari (fra studenti) non sono considerati significativi.
A me pare che l’emergenza pandemica avrebbe dovuto suggerirci l’esplorazione di altre modalità di apprendimento, peraltro da conservare poi nella normalità post pandemica. Ci sono saperi che melio si apprendono in gruppo, altri da soli, altri da soli con guida. Penso a una configurazione di strategie didattiche su più moduli: 1) l’offerta di materiali didattici (anche a distanza), 2) piccoli gruppi (4/5 studenti) in presenza in funzione di apprendimento/socializzazione, 3) la guida personalizzata (uno ad uno: esperto-studente) che dia senso, direzione, correzione e sistematizzazione agli apprendimenti. Sottolineato quindi che proprio la modalità di lezione frontale, con gruppi di 20/30 appare la meno produttiva, interroghiamoci particolarmente se abbiamo competenze utili per il modulo 3? Penso di sì. Li abbiamo fra i docenti della scuola, fra i docenti pensionati, fra filosofi, psicologi, etc. Le competenze ci sono, ma non sappiamo trovarle e certificarle. Forse ci sembra che tali figure somiglino ai precettori di un lontano passato e che il passato è passato e che è assurdo riproporlo. E invece – credo –il passato è un deposito anche di buone pratiche da attualizzare. Il precettore era per pochi. Ma possiamo/dobbiamo pensare ad un precettore-tutor-mentore-orientatore che recuperi l’unitarietà educativa in un sistema moderno e pubblico di apprendimenti personalizzati. Nel futuro – ma già ora – avremo bisogno – studenti, giovani e adulti (adulti, questi dimenticati, spesso analfabeti funzionali) – di chi ci sta a fianco e ci guida più di chi declama la stessa lezione – online o in presenza – standoci di fronte. E nel futuro (ma sarebbe stato meglio già adesso e soprattutto adesso) le competenze “orientative” saranno possibili come competenze iscritte nella costellazione di saperi certificati che dovrebbe accompagnarci e pronte ad essere mobilitate come accade ai riservisti in tempo di guerra. Se neanche la pandemia ci sollecita a questo…
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