Ho assistito a un incontro con Attilio Bolzoni, giornalista di Repubblica esperto di mafia nel contesto di una struttura balneare espropriata alla criminalità ostiense. Ho assistito passivamente all'iniziativa promossa da Libera. Altro caso, ennesimo, di difficoltà a dissentire. Non ho avuto voglia o coraggio di dissentire fra un pubblico allineato alle tesi dell'oratore. Non rinuncio però a fare ora il punto sul mio dissenso che va oltre l'occasione. Riguardo gli argomenti del relatore consento solo su questo. La denuncia di una stampa per troppo tempo reticente e pavida. Come la magistratura, come gran parte della politica. Nient'altro.
“Non sono comunista quindi posso elogiare un comunista” dice praticamente Bolzoni. Il conferenziere, elogia caldamente Pio La Torre, cofirmatario della “Rognoni La Torre” che istituiva il reato di “associazione mafiosa”, segretario regionale del PCI, assassinato nell'82 dalla mafia. “Aveva visto più lontano di tutti”. Probabilissimo. Prima di pronunciare l'elogio, Bolzoni sente però il bisogno di chiarire: “Io non sono mai stato mai comunista. Mai.” Scandisce forte. E' questo che mi irrita profondamente. Se il giornalista avesse militato, brevemente o a lungo, nel PCI, l'elogio del comunista La Torre apparirebbe sospetto? Bolzoni non sarebbe credibile? Così la pensa Mentana che si vanta di non votare. E infatti nel suo Tg è sempre preoccupato di accompagnare un'antitesi a una tesi. Ovviamente e inevitabilmente, una più debole e di mera forma. “Par condicio” chiama tale ipocrisia. Io penso invece che un giornalista o un magistrato di sinistra debba e possa denunciare o condannare qualcosa che sta a sinistra senza problema alcuno.
Quasi a corollario per Bolzoni giornalisti e magistrati non dovrebbero entrare in politica. L'oratore ha facile consenso. Cita Ingroia e Grasso, apprezzati nel loro lavoro e assai meno in politica. Soprattutto il primo. Credo però che così vinca l'ideologia della terzietà a sproposito. Se si possiede un'idea politica non si potrebbe essere neutrali o non si può apparire tali. E anche a posteriori la militanza lascerebbe un'ombra pesante di dubbio sull'obiettività esercitata nella professione. Se invece non si milita e si tengono riservate le proprie opinioni è diverso?
Ma questa mafia cos'è mai? Non è quella con la coppola. Non è Riina per Bolzoni. E' Cuffaro. E' il ministro dell'Interno. E' l'economia criminale. A questo punto la mafia occupa tutta la scena: criminalità tout court, affarismo e mafia diventano sinonimi mentre Riina è robetta da niente, utilizzato dalla mafia “vera”.
E il vertice della mafia? Naturalmente coincide col vertice dello Stato. Fa segno “su, su” Bolzoni, mentre elogia Di Matteo e contesta i suoi nemici. Ma i nemici sono i mafiosi o chi avrebbe trattato con loro o chi oggi coprirebbe quella trattativa? Se tutto è mafia, la mafia trattava con se stessa e oggi copre se stessa? Ma è chiaro cosa significhi l'alludere, senza dire e senza definire. Definire un fenomeno non è un esercizio di scuola. Definisce chi vuole discutere nella chiarezza. Non definire è comodo. Tutto si confonde. Si diffondono veleni mentre nella vaghezza si sfugge a responsabilità e contestazioni.
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