Rischio un po', ma non mi va di dire parole di rito. Per me il Primo Maggio non può essere la festa di chi ha un lavoro dipendente. Per me è la festa di chi ha o vuole avere un lavoro VERO. "Vero" significa per me "un lavoro che contribuisca al benessere collettivo": dipendente, autonomo e anche imprenditoriale. "Vero" lavoro non è quello di chi inquina, commercia veleni o fabbrica bombe. Perciò sento il diritto/dovere al lavoro come diritto/dovere ad avere non già solo retribuzione o profitto, ma retribuzione o profitto in cambio di un servizio sociale. Quindi il Primo maggio per me è innanzitutto la festa combattiva di chi un lavoro non ha ed è derubato della promessa costituzionale:
Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Poi il Primo maggio è la festa combattiva di chi non si acquieta nel recepire un reddito comunque, basso, medio, alto che sia, ma vuole essere aiutato a meritarlo.
E' bene che non guardiamo solo ai freddi e pessimi numeri. Guardiamo alle facce e ai destini di chi meglio conosciamo perché ci è vicino. Sapendo che rappresenta un mondo di sconosciuti. Buon Primo maggio quindi anche alle mie figlie, soprattutto a quella cui particolarmente quel diritto/dovere è stato fin qui precluso. Con il mio impegno possibile, pur modesto, a che si fuoriesca dalla barbarie.
Nessun commento:
Posta un commento