Ho letto del suicidio assistito in Svizzera dello scienziato australiano David Goodall. Non era particolarmente malato. Semplicemente aveva 104 anni. Ed era stanco di vivere nell'inerzia dopo una vita assai attiva. Ho ripensato al personaggio del bel film di Valeria Golino,"Miele". Lì l'uomo che chiede di essere aiutato a morire e poi deve far tutto da solo non è così vecchio.Semplicemente ha noia della vita. In due film più recenti invece, quello di Marco Bellocchio, "Fai bei sogni", e uno visto ieri, di Alina Marazzi, "Un'ora sola ti vorrei", si ripercorrono le storie vere di due madri, quella del giornalista-scrittore Massimo Gramellinii nel primo e quella della regista nel secondo. Entrambe suicide. Entrambe dichiarate "depresse". Così mi sono chiesto cosa cambi essere dichiarate "depressi", anzi, forse non casualmente, "donne depresse", in caso di suicidio. Più arditamente mi sono chiesto se non sia patologico, altrettanto o di più, aggrapparsi ad una vita senza gioa. E infine mi sono chiesto cosa induce noi, uomini e donne, nella dimensione della politica, ad occuparci di banalità piuttosto che progettare insieme le condizioni della felicità possibile, compresa la fuoriuscita dal dolore.
venerdì 11 maggio 2018
Domande sulla patologia e sulla patologia della politica
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