Divagazioni sugli ultimi film visti. Ho visto "The Irishman" di Scorsese, "L'ufficiale e la spia" di Polanski, "Una giornata di pioggia a New York" di Allen.
Tre bei film di autore, ma nessuno propriamente memorabile. Ognuno però mi ha sollecitato qualche riflessione e qualche domanda, al di là di ogni critica propriamente cinematografica. Il film di Scorsese proprio perché centrato sulla normalità della vita mafiosa, non molto dissimilmente dal Padrino di Coppola o di tante saghe, anche italiane, di ordinaria criminalità, mi ha fatto chiedere quale sia l'impatto culturale di tale normalità sul pubblico giovanile. Apprezzando molto la rappresentazione della tristezza della vecchiaia del protagonista ancor più della narrrazione della sua vita di travet criminale legato ai valori familiari e degli spunti sull'intreccio mafia/sindacato/politica.
Il film di Polanski, ripercorre la nota vicenda di Dreyfus, ufficiale francese, capro espiatorio in quanto ebreo e vittima di una macchina militare che non può accettare sconfessioni. E' stato inevitabile pensare che il film fosse nella sostanza autobiografico, un po' oltre il "Madame Bovary sono io" di Flaubert. Che insomma Polanski alludesse al processo che lo vide colpevole di violenza a minore e che ancora gli suggerisce di non tornare negli Usa.
Da pensiero a pensiero ho divagato verso i dannati da Me Too, colpevoli e no, ma dannati per sempre. Fra questi registi anche italiani. E mi sono chiesto se si possano distruggere opere d'arte di autori "immorali". Se insomma anche noi in Occidente seguiamo inconsapevolmente la ideologia iconoclasta dei Talebani e dell'Isis, distruttori delle testimonianze "empie" del passato, noi che pur condanniamo duramente quelle distruzioni su cui versiamo lacrime. Ho pensato alle polemiche seguite ad un film su Guaguin. Per alcuni non si può tacere sulla cultura colonialista implicita nella sua permanenza a Tahiti e soprattutto non si può tacere sul "matrimonio" del pittore con una tredicenne ed altri "amori" con minorenni indigene. Sono seguiti boicottaggi a mostre progettate sul pittore.
Quindi Allen che in nessun modo però neanche in "Una giornata di pioggia a New York" allude alla sua vicenda giudiziaria. Comunque ho goduto anche quest'ultimo Allen, le sue impareggiabili atmosfere, le battute geniali ed anche le sottese filosofie di fondo. Questa in particolare: nessuno è veramente come appare agli altri, neanche ai più intimi; nessuno è veramente neanche come appare a se stesso; ed il caso (ricordate il gioiello che in Match Point oscilla sulla ringhiera e che se cadrà sulla strada condannerà il protagonista, se in acqua lo assolverà?), il caso che decide tante cose, compresa la fine di un amore e la scoperta di un altro.
Tre bei film di autore, ma nessuno propriamente memorabile. Ognuno però mi ha sollecitato qualche riflessione e qualche domanda, al di là di ogni critica propriamente cinematografica. Il film di Scorsese proprio perché centrato sulla normalità della vita mafiosa, non molto dissimilmente dal Padrino di Coppola o di tante saghe, anche italiane, di ordinaria criminalità, mi ha fatto chiedere quale sia l'impatto culturale di tale normalità sul pubblico giovanile. Apprezzando molto la rappresentazione della tristezza della vecchiaia del protagonista ancor più della narrrazione della sua vita di travet criminale legato ai valori familiari e degli spunti sull'intreccio mafia/sindacato/politica.
Il film di Polanski, ripercorre la nota vicenda di Dreyfus, ufficiale francese, capro espiatorio in quanto ebreo e vittima di una macchina militare che non può accettare sconfessioni. E' stato inevitabile pensare che il film fosse nella sostanza autobiografico, un po' oltre il "Madame Bovary sono io" di Flaubert. Che insomma Polanski alludesse al processo che lo vide colpevole di violenza a minore e che ancora gli suggerisce di non tornare negli Usa.
Da pensiero a pensiero ho divagato verso i dannati da Me Too, colpevoli e no, ma dannati per sempre. Fra questi registi anche italiani. E mi sono chiesto se si possano distruggere opere d'arte di autori "immorali". Se insomma anche noi in Occidente seguiamo inconsapevolmente la ideologia iconoclasta dei Talebani e dell'Isis, distruttori delle testimonianze "empie" del passato, noi che pur condanniamo duramente quelle distruzioni su cui versiamo lacrime. Ho pensato alle polemiche seguite ad un film su Guaguin. Per alcuni non si può tacere sulla cultura colonialista implicita nella sua permanenza a Tahiti e soprattutto non si può tacere sul "matrimonio" del pittore con una tredicenne ed altri "amori" con minorenni indigene. Sono seguiti boicottaggi a mostre progettate sul pittore.
Quindi Allen che in nessun modo però neanche in "Una giornata di pioggia a New York" allude alla sua vicenda giudiziaria. Comunque ho goduto anche quest'ultimo Allen, le sue impareggiabili atmosfere, le battute geniali ed anche le sottese filosofie di fondo. Questa in particolare: nessuno è veramente come appare agli altri, neanche ai più intimi; nessuno è veramente neanche come appare a se stesso; ed il caso (ricordate il gioiello che in Match Point oscilla sulla ringhiera e che se cadrà sulla strada condannerà il protagonista, se in acqua lo assolverà?), il caso che decide tante cose, compresa la fine di un amore e la scoperta di un altro.
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