Ieri ho rivisto “The Truman show”di Peter Weir (19998). Mi ha preso ancor più che anni fa. Forse perché oggi è più attuale ancora. Una vita finta per intrattenere un pubblico enorme di spettatori TV guardoni e fare business con inserzioni pubblicitarie. Una complicità planetaria che imprigiona un uomo offrendogli lavoro e amori per finta a sua insaputa. Ancora una volta l'esagerazione grottesca delle narrazioni distopiche ci racconta cosa siamo già. Stavolta mi ha colpito nel film particolarmente la reazione del pubblico quando Truman (Jim Carrey), scoperto l'inganno, sceglie la vita vera. Un misto di disperazione per lo spettacolo che finisce, ma anche ammirazione e gioia per quell'eroe liberato. Complessa reazione come complesso è l'uomo.
Dalla prima volta ad oggi in mezzo per me c'è stata la lettura di Acido solforico (2005) di Amélie Nothomb. Una storia in fondo simile, con un reality che prevede prigionieri e kapò ed anche qui un enorme pubblico televisivo, feroce come quello del Colosseo. Pubblico di spettatori e tifosi. Come in effetti siamo diventati anche riguardo i nostri leader amati e e quelli odiati. “Venne il momento in cui la sofferenza altrui non li sfamò più: ne pretesero lo spettacolo" scrive Nothomb nel suo libro.
Dalla prima volta ad oggi in mezzo per me c'è stata la lettura di Acido solforico (2005) di Amélie Nothomb. Una storia in fondo simile, con un reality che prevede prigionieri e kapò ed anche qui un enorme pubblico televisivo, feroce come quello del Colosseo. Pubblico di spettatori e tifosi. Come in effetti siamo diventati anche riguardo i nostri leader amati e e quelli odiati. “Venne il momento in cui la sofferenza altrui non li sfamò più: ne pretesero lo spettacolo" scrive Nothomb nel suo libro.
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