martedì 29 dicembre 2020

Cosa ricorderò del 2020

 


Cosa ricorderò del 2020? A parte la noia della clausura (accentuata da una mia fase di positività asintomatica, di cui non ho detto prima perché  mi ha lasciato indifferente), a parte le chiacchiere interminabili e ripetitive sul Covid fra complottisti, fra chi si interroga e chi sa tutto non avendo studiato nulla, a parte l’evidenza della fragilità che non ci insegnerà nulla perché la macchina del Capitale non sente ragioni, a parte il mio stupore permanente che non si batta ciglio mentre l’inutile ricchezza si accompagna alla pratica della carità verso i senza  tetto al gelo, a parte un Paese senza dignità che conserva il suo ambasciatore al Cairo, a parte i politici-attori, incompetenti e  incapaci di servirsi di competenti (vedi Di Maio infatuato dell’italo-americano che porta in Italia un nome magico, quello degli inutili navigator),

a parte questo ricorderò due assassinii fra i tanti: quello di Willy Monteiro, il ragazzo, originario di Capoverde, ucciso per difendere un amico  perché significa troppa gioventù perduta nel religione della prevaricazione spesso esibita nei selfie; e quello di Margherita e di Pietro  assassinati dal padre per dispetto alla madre, perché significa che non abbiamo saputo (voluto) difenderli, non  abbiamo fatto i conti con il marcio putrido che si annida nella sacra famiglia che non sappiamo sostenere e riformare, se non abrogare.

E ricorderò una cosa futile, una trasmissione televisiva, The senior voice, perché ha dimostrato per chi vuole intendere ciò che già sapevo: il Paese è impoverito perché scopre solo per caso e per gioco l’enorme giacimento di talenti – non solo canori- che continua a sprecare.

Felice 2021  

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