Rivisto ieri su Rai 3 Ecce Bombo, del primo Nanni Moretti. Il regista diceva di se stesso e della sua generazione, narrandone i riti e le elaborazioni senza sbocco. I riti delle radio libere, delle sedute di autocoscienza, dell’amore più o meno libero. Dopodiché non avvenne nulla di liberatorio. La scena fu invece occupata dal terrorismo. Dai suoi riti cruenti. La finzione e l’autoinganno. Fingere di credere che dall’assassinare i migliori scaturisse la salvezza dell’umanità. Il film è del 78, l’anno del sequestro Moro. Dai riti innocenti e vacui dell’autocoscienza ai riti altrettanto vacui e però criminali dei processi rivoluzionari. Perché spesso, innocentemente, dal banale nasce l’orrore. Ecce bombo non mostra i protagonisti del terrorismo. Mostra i giovani rivoluzionari Minzolini e Mughini. Conosciamo l’esito di quelle storie. Una intera generazione “intellettuale” perduta fra le sirene del terrorismo e, dopo, da quelle del populismo padronale che fece incetta di intellettuali sul mercato. Perciò non è del tutto indifferente vedere il film allora o oggi. C’è in Ecce Bombo un mix ambiguo di autocritica e di autocompiacimento. “Faccio cose, vedo gente”. L’autocritica nella forma di evidente metafora esplode nell’episodio della gita notturna ad Ostia in attesa dell’alba. E l’alba che spunta alle spalle dei disorientati aspiranti rivoluzionari. Con altrettanta evidenza e con inusitata violenza c’è invece l’esibizione di un bersaglio pretestuoso. E lì c’è il Moretti che non mi piace affatto. Perché il bersaglio – pensate - è Alberto Sordi. Nel bar ci sono le solite chiacchere da bar e qualcuno dice le solite banalità “rossi e neri tutti eguali”. L’interprete di Ecce Bombo ovvero Nanni Moretti attore, ma anche Nanni Moretti autore, insorge: “Ma che siamo in un film di Alberto Sordi?” urla più volte. Qui io credo ad un corto circuito dell’intellettuale che pensa sia dovere dell’intellettuale affermare il contrario di ciò che appare. Sordi è stato interprete dei vizi degli italiani. I suoi registi lo hanno usato a tale scopo. Beh, a me pare che quasi sempre al pubblico è stato chiaro che Sordi non era l’italiano gaglioffo che interpretava. No, non butterei a mare ne il Sordi di Monicelli de La Grande Guerra o di Un borghese piccolo piccolo né quello che forse ho preferito di Una vita difficile di Risi. Inviterei invece gli intellettuali di professione a prendere atto che l’intelligenza non è loro monopolio. Talvolta la cuoca vede più lontano. E vede più lontano l’oscuro Massimiliano Bruno, regista della gradevole commediola di un paio di anni fa, Nessuno mi più giudicare. L’oscuro regista infatti punisce Moretti con un calco geniale della sua scena. Stavolta è Rocco Papaleo ad aggredire l’avventore del bar colpevole di dire cose di sinistra, banalmente di sinistra: “Ma che siamo in un film di Nanni Moretti?”. Giustizia è fatta.
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