Torno a casa da brevi vacanze salentine. Il primo contatto nel rientro a Roma è con una signora con la quali sfortunatamente condivido da poco tempo un garage condominiale. Da così poco tempo che sbaglio qualcosa nell'infilare la chiave nel portone. Solo pochi secondi di incertezza. Ma tanto basta per indurre sospetto o preoccupazione nella signora. Molta preoccupazione e un'ansia sproporzionata. "Sta sbagliando chiave? Se si rompe paghiamo tutti". Roma e l'Italia acida mi dà il bentornato. Prelevata la mia auto in garage mi trovo bloccato sullo scivolo da un'auto, con annessi bambini con bici che fanno capricci. Io, un po' per anticonformismo, un po' perché non ho fretta (ma non si ha quasi mai fretta davvero; se si attiva il clacson è quasi sempre per dire: mi stai togliendo qualcosa che è mio; il mio diritto, il mio tempo prezioso, non sono fesso, non puoi farmi fesso, etc.), un po' per polemica tutta ideale con la signora della chiave dall'Io ipertrofico, sto fermo ad aspettare che i bambini salgano in macchina, che la madre carichi le bici o che il papà sposti di un metro l'auto. Vabbè, passerà un minuto. La cosa strana è che la mamma mi lancia uno sguardo sospettoso e torvo. Come se la mia pazienza non fosse pazienza o tener conto degli altri, ma solo provocazione. D'accordo, forse lo era. Con la signora della chiave e con gli Io ipertrofici dell'Italia acida.
venerdì 12 agosto 2016
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