So
che in quattro giorni non posso aver visto e capito molto. Mi consolo
perché neanche in quattro anni avrei visto e capito molto. Ho
visitato Londra confrontandola inevitabilmente a Roma e a ciò che
conosco un tantino di più. Londra mi è sembrata una metropoli molto
vivace, ordinata, dalla bellezza diffusa, con equilibrio fra antico e
contemporaneo (vedi i grattacieli avveniristici sullo sfondo della
Torre di Londra). La città mi è apparsa particolarmente ricca di
una pedagogia nazionale. Vedi le tante statue. di personaggi che
hanno illustrato il Paese e fatto l'impero (politici, generali,
artisti). A partire da
Nelson in Trafalgar square o dai sepolcri concentrati nell'Abbazia di
Westminster.
Non
ho scorto vistosi esempi di degrado. Comunità etniche integrate e
nessun segno di lavavetri, finti lavori e cose così. Abbastanza
pulita. Episodio osservato di spirito civico: la signora inglese che
rimuove un sacco di immondizia su una aiuola che piega un alberello.
Unico
esempio nettamente negativo all'uscita dal British. Stanchi ed
affamati ci sediamo ad un ristorante romano lì di fronte: Roma
bella. Prendo spaghetti alla bolognese perché mi sembrano meno
rischiosi. Ma la pasta galleggia sull'acqua. E il ristoratore romano
ci batte uno scontrino da 28 sterline, chiedendoci però 5 euro
supplementari di servizio (in nero). Dapprima paghiamo. Poi torniamo
indietro: "O ci dà uno scontrino comprensivo di servizio o ci
restituisce 5 euro". Ce li restituisce.
Londra:
quel che è meglio e quel che è eguale
Meglio
i trasporti, come in parte già detto. Ho sempre trovato un posto per
sedere, giù o in alto per godere il panorama. Meglio l'assenza
totale di banchetti e lenzuolate di cianfrusaglie, come invece a
Castel Sant'Angelo o al Colosseo. Solo qualche raro box di souvenir o
di noccioline. Meglio la pulizia; rispetto a Roma almeno. Ma qua e
là qualche lattina di birra abbandonata c'era. E a sera a
Westminster un uomo che orinava dietro una colonna c'era. Assai meno
accattonaggio. E solo di senzatetto. Talvolta aggregati in comunità
dialoganti con gli altri, con il 99.9% del mondo. Il fenomeno dei
senzatetto è uno scandalo permanente della nostra inadeguatezza e
della nostra cecità. A Londra, come a Madrid e a Roma.
Le
sorprese di Londra: autisti africani, inglesi e cinesi
Riesco
a scrivere e a dire qualcosa in inglese, capisco ben poco col mio
pessimo orecchio. Peraltro fobie varie sconsigliano mia moglie e me
di usare la metro. Bus quindi, oltre che lunghe, faticose,
interessanti esplorazioni a piedi . La sorpresa è stata la
disponibilità incredibile dei conducenti. Facendomi le mie solite
domande nei primi giorni mi chiedo: "perché tutti neri i
conducenti"?. Gli autisti mi danno spiegazioni
di ogni tipo. Addirittura uno non mi fa pagare il biglietto per
lasciarmi al posto in cui prendere il bus giusto. Con la mia mappa
mentale propendo che la spiegazione della gentilezza debba essere
cercata nel loro essere neri. Ma poi mi capitano autisti bianchi. E
sono egualmente disponibili. Correggo il pregiudizio: la gentilezza,
straordinaria per uno che vive a Roma, è degli autisti inglesi, non
dei neri. L'ultimo giorno però l'autista è una giovane asiatica
(cinese, mi pare). Appena apro bocca per chiederle qualcosa mi
rimbrotta aspramente e si irrigidisce con lo sguardo fisso davanti.
Ri-correggo i miei giudizi: tutti gentilissimi i conducenti a Londra,
tranne i cinesi.
Italiani
a Londra
Naturale
che confronti la Londra che ho intravisto in quattro giorni con la
Spagna del mio precedente viaggio di pochi mesi fa. A parte i prezzi,
più o meno doppi a Londra, confronto gli umori dei giovani italiani
incontrati. Questa è stata davvero una sorpresa. In Spagna (Madrid,
Siviglia, Toledo, Cordova e, prima, Barcellona) i giovani, incontrati
in bar, ristoranti, ma anche grandi magazzini, si dicevano felici e
indisponibili a tornare in Italia. Tutti. A
Londra per niente. Erano loro quasi sempre a cercare un colloquio.
Paghe buone, di almeno 1.400 sterline mensili (circa 1.600 euro), ma
anche 2.000. Ma assoluto scontento. Londra e il lavoro troppo
stressanti in sintesi. Caro alloggi e distanze eccessive. "Tornerei
a casa, se potessi". Non solo i barman e i camerieri. Anche una
professionista del diseign che avvicina me e mia moglie, sentendoci
parlare italiano. Ben pagata ma infelicissima. Avrei voluto capire di
più. Un altro, incontrato ai magazzini Harrods, aggiunge il suo
trauma che mi sorprende. Sente la Brexit come una sberla immeritata.
"Mi sentivo londinese, ma non potrò più votare il sindaco
della mia città".
Il
talento di strada
Happening
continui a Covent Garden. Dove, per inciso, ho incontrato la bellezza
assoluta di un'araba, fra le poche non velate, forse degli Emirati.
Mia moglie, un tantino meno entusiasta di me, ha condiviso.
Incredibilmente efficace comunque la prestazione di un artista di
strada nei panni di Charlot. Peraltro capace di coinvolgere il
pubblico, compreso un talentuoso bambino. P.S. Da inserire nel
capitolo enorme dei talenti non adeguatamente riconosciuti e pagati.
Mai
visto una fila così lunga per prendere un gelato come a Chinatown.
Ho dovuto rinunciarvi. Ma doveva essere squisito a giudicare dai
volti di chi lo gustava. A Soho concentrazione di casinò, sale varie
di azzardo e massaggiatrici. Ho osato avventurarmi in stradine
discutibili ricevendo sorrisi di invito, a dispetto di mia moglie
accanto a me.
Sobri
segnali del terrore e dell'Islam
Pensavo
di trovare molti segnali della strage recente sul ponte di
Westminster. Invece solo blocchi di cemento o metallo per prevenire
una replica. E pochi messaggi. Forse i più sono stati rimossi o
forse i londinesi sono particolarmente sobri. Interessante e - direi
- disperato il messaggio del musulmano che professa il suo amore per
Gesù.
A
proposito di British museum e di musei in genere
Ho
dedicato, come da canone, due mezze giornate dei miei quattro giorni
a Londra ai due musei più celebri: il British e la National Gallery.
Con i sensi di colpa per non visitarli per intero e per non visitare
il Tate e altro. Avrei dovuto rinunciare a vagare per Piccadilly o ad
assistere agli happening di Covent Garden o al cambio della guardia a
Buckingham Palace? Mi sono consolato così: in ogni caso non vedrò
mai tutta la bellezza del mondo. Un Tintoretto in più o in meno non
cambia molto. Più radicalmente mi sono chiesto: "Ma ha senso
questa "abbuffata" di arte, passando dall'antica
Mesopotamia a Leonardo da Vinci?". Risposta: "No".
Tornare
a Roma dalla breve vacanza londinese è uno choc. Innanzitutto
termico. Afa opprimente. Ma è uno choc soprattutto riadattarsi alla
logica illogica dei trasporti. Arrivo alle 22.00. Faticosamente
individuo lo spazio in cui dovrebbe arrivare il bus per Ostia. In
caratteri minutissimi su un foglietto al muro c'è l'orario delle
partenze: la prossima partenza sarà fra mezz'ora. Aspetto. Non
arriva bus alcuno. Nessuno mi dà spiegazioni. Mi ero abituato male.
A Londra gli autisti e chiunque si fanno in
quattro per spiegarti. Dovrò rassegnarmi ad un costoso taxi?
L'autista di un'altra compagnia finalmente mi spiega che è normale
che Cotral, la compagnia di cui attendo il bus, salti una corsa.
Infatti prendo la corsa delle 23.30. Cerco di timbrare il biglietto,
ma qualcosa non funziona. Non vedo nessuno timbrare. Capisco che non
è il caso che complichi la vita all'autista. Avrei preferito pagare
il triplo un servizio normale. Rieccomi a casa
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