Antonio Megalizzi, il ventinovenne giornalista italiano, così brillante, così europeo, precario come i più dei nostri giovani migliori, è morto. Ucciso da un coetaneo latore di un morbo distruttivo. Morto, lontano da casa, come altri giovani eccellenti - come Valeria Solesin - che l'Italia espelle perché il nostro non è un Paese per giovani eccellenti, ma solo per figli e nipoti, solo per raccomandati. Chissà perché. E chissà perché proprio loro finiscono assassinati. Il caso o cosa? Le mie condoglianze alla famiglia e alla sua fidanzata che sanno bene cosa hanno perso. Le mie condoglianze anche al mio Paese inconsapevole.
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