Mi sento a casa mentre sono ancora ad Istanbul. Sono al gate del volo che mi riporterà a Roma. E ad aspettare l'apertura del varco c'è una comitiva di italiani anziani che mi alita sul collo la sua italianità. Non posso fuggire: sono inserito in una coda e l'attesa pare infinita. Due anziani signori mi impartiscono una lezione di cui farei assai volentieri a meno. Uno soprattutto mi spiega (spiegando all'altro) praticamente l'origine di tutti i mali italiani. Il nostro attuale disastro (di noi che veniamo dagli anni felici della Prima Repubblica) è nel cambio lira/euro, in quel rapporto di cambio che ci avrebbe punito. Quante volte ho sentito questa storia? Adesso una volta di più. Poi ci sono i dettagli. Se per qualche tempo i prezzi in lira si fossero affiancati ai prezzi in euro non ci sarebbe stata la spoliazione dei produttori e commercianti ai danni dei consumatori. Nella narrazione sparisce ogni idea di "sistema"; sparisce il Capitale e sparisce la legge del mercato, oltre che il processo di globalizzazione nel segno capitalistico. Se l'apertura tarda sicuramente sentirò la storia della punizione fiscale dei consumi di lusso (barche, gioielli, etc.) che penalizza chi lavora in quei settori, con gravi danni akll'occupazione. Poi sentirò del diabolico piano di Soros per fare nera l'Europa. Poi potrei sentire che l'11 settembre non c'è mai stato o che non c'è mai stato lo sbarco sulla luna. Per fortuna ci chiamano in aereo però. Dove mai in Italia potrò parlare di economia reale e vita reale? Ci sarà un posto, un partito, qualcosa in cui discutere nel presupposto che il male non è l'euro o Soros o i migranti, ma l'avere smarrito l'evidenza che stiamo sprecando il nostro prossimo, che stiamo facendo del prossimo cooperante un parassita o un rapinatore? Già rimpiango la Turchia. Almeno lì non capivo i discorsi dei vicini.
venerdì 13 settembre 2019
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento