mercoledì 27 maggio 2015

La sinistra indecisa se lasciare l'Italia a Renzi o a Salvini


Quasi quasi comincio a credere ai complotti. Oppure al masochismo. Perché la ricetta mi sembra perfetta per consegnare l'Italia a Salvini. Uova marce e bombe carta nei territori in cui il leader leghista tenta di dire le sue cose. Forse non riesce a dirle per intero. Ma risuonano nel territorio nazionale. Perché gli si contesta il diritto sacrosanto di parlare in piazza. Ma gli si offre il palcoscenico permanente della TV. Bravi! Così si inventano i futuri padroni d'Italia. TV e centri sociali uniti nella lotta.

domenica 24 maggio 2015

La politica come Italia-Germania


Ci stanno insegnando che la politica non è una cosa seria. Non è il risultato di forze portatrici di interessi e valori diversi che si scontrano e si compongono. No: è una partita di calcio. In cui si perde o si vince. "Bisogna sapere la sera stessa del voto chi ha vinto e chi ha perso". Siamo talmente r......ti da un ventennio di sciocchezze e di antipolitica che questa affermazione ci appare geniale. Sicché oggi coerentemente il premier può dire. Vinciamo anche se non vinciamo 6 a 1 ma 4 a 3. Come nella mitica partita Italia-Germania. Anzi, avrebbe potuto dire: "Meglio vincere 4 a 3 che 6 a 1. C'è più suspence. Come in Italia- Germania". Ha ragione. Cos'è oggi la politica se non divertente spettacolo per tifosi? Che voti il 90% o il 50% non conta per nulla. Chi si ricorda a distanza di anni se nella partita Italia-Germania qualcuno uscì azzoppato? Dettagli. Vincere o perdere. Nient'altro conta. Neanche che milioni di disoccupati restino tali e perdano. Continuino a perdere.

mercoledì 20 maggio 2015

Un romano all'Expo


Romano per modo di dire:solo da 7 anni. Abbastanza per apprezzare, per differenza, Milano. Pulita, ordinata e con mobilità efficiente rispetto a Roma. Un paio di giorni a Milano per guardare qua e là e per l'Expo. Expo senza filo conduttore percepibile. Ogni Paese con tema diverso e spesso per nulla aderente al tema dell' alimentazione. Il Sudan con banchetti di prodotti artigiani (borse, ceste) e neanche un frutto o una pianta. Padiglione Cuba: chiuso. Non si sa perché. Thailandia: praticamente un manifesto al regnante. Che inaugura dighe e risolve (sembra faccia tutto da solo) questo o quel problema agricolo, in stile ventennio italiano e battaglia del grano. Il Kazakistan comincia a promuovere il suo Expo 2017 sul tema dell'energia, ma almeno non si fa cenno al suo presidente praticamente a vita. Mostra grande vitalità con splendide mele da un chilo e spettacoli multimediali da vertigine. E sobriamente ricorda (o minaccia) che avremo bisogno del suo grano e,se cercheremo prelibatezze, delle sue mele. Il Giappone ha uno spazio fra i più attrezzati e lodati. Mezz'ora di coda. Poi inquadrati in gruppi di 40. E percorsi e tempi obbligati fra una dimostrazione e l'altra. Hostess come da film visti in TV, apparentemente gentilissime con inchini e sorrisi. Però "per favore si sposti di qua, per favore fate così". Imperativi gentili che non ammettono disobbedienze e deroghe. Tutto perfetto, comprese le simulazioni digitali di come mangiare con i bastoncini. Una perfezione da incubo. Apprezzo dopo la libertà assoluta nel padiglione Usa, dove non c'è proprio niente. Ricordo Obama che dice qualcosa. E null'altro. Fra i padiglioni visitati apprezzo soprattutto quello del Brasile che inventa una grande rete su cui intrepidamente arrampicarsi per ammirare dall'alto le varietà vegetali del Paese. Si apprezza anche il tentativo di una didattica che racconta l'intreccio di cucine delle varie stratificazioni etniche. Fra i pochi che offrono qualcosa c'è il Quatar: ceci lessi in bicchieri di plastica e un dattero. Lì faccio una gaffe. Vedo un gruppo di visitatori italiani che chiede a suonatori arabi di poterli fotografare. Quelli rispondono sì, con entusiasmo. Io sto ammirando una splendida ragazza araba che offre datteri: per i miei gusti estetici, bella come può esserlo solo un'araba quando è bella. Le chiedo quindi di poterla fotografare. Debbo averla offesa, a giudicare dal no sdegnato che mi rivolge. Cos'altro? Non visito il padiglione Italia. C'è una fila da un'ora e mezza. L'addetto mi convince: "E' italiano? Non ha nulla da scoprire". Di fronte, assisto allo spettacolo di luminarie attorno all'albero della vita. Quindi una cosa colombiana da mangiare: 8 euro per un bocconcino di carne. Tutto caro, tranne le cose italiane. Aggiungo un panino italiano con S. Daniele a 2 euro e 50. Poi raggiungo, in fondo in fondo allo sterminato rettilineo, Slow food. Isolato: come in punizione, con niente dietro e niente accanto. Un paio di persone che mangiano formaggi e vini tipici, un tentativo di narrazione diversa. Siamo fatti di mais, spiegando il perché e spiegando il ruolo delle multinazionali nell'obesità che devasta il mondo degli agiati. Lo so. Infatti per tirarmi su al ritorno mi affaccio allo stand affollatissimo di Mac Donald e prendo un caffè al costo di un solo euro, la metà o meno che altrove.

giovedì 14 maggio 2015

Dacci oggi il nostro Salvini quotidiano


Seguo più spesso la 7 e i talk show della 7. I giornalisti e i conduttori - tranne Paragone - non mi sembrano per nulla vicini alla Lega. Però Salvini è sempre presente. Un disegno occulto, un complotto? Non credo. Forse semplicemente Salvini fa ascolto. Anche così si inventano i leader. Con effetti moltiplicatori del consenso, a partire dallo share positivo di una sera. Come per la sconosciuta Polverini a suo tempo. Ieri, dopo il relax della semifinale di Champion, torno alla 7 e decido di seguire un po' Paragone di cui detesto anche il titolo della trasmissione, "La gabbia". Finisco col seguirlo con attenzione. C'è il caso che appare incredibile del piccolo imprenditore il cui capannone è occupato abusivamente da rom. L'incredibile non è solo l'occupazione abusiva (cui siamo abituati). E neanche l'inerzia delle autorità di fronte al fenomeno. L'incredibile è che al proprietario venga imposto di pagare l'imu sul capannone di cui è "espropriato". Pare non ci sia rimedio. Burocrazia e legge se ne infischiano dell'evidenza. Se ho capito bene, per il motivo che non si può certificare un'occupazione abusiva. Anche il sindaco di Firenze dove il fatto si verifica, tergiversa. "Succede anche altrove","Io, a Firenze, ho risolto il problema per quanto riguarda gli appartamenti". Etc. Poi c'è il filmato del cronista che tenta di intervistare i rom. Prima è minacciato con una lama sguainata, quindi investito da secchi di liquame, infine colpito con un secchio e ricoverato al pronto soccorso. Particolare inquietante: due carabinieri intervenuti che non intervengono affatto, ma guardano e si allontanano. Gli applausi all'irato Paragone si sprecano. Come si sprecavano qualche settimana fa gli applausi al leghista Buonanno che chiamava "schifo" l'intera comunità rom. E anche adesso ad Annozero osservo perplesso i valorosi conduttori con pedigree di sinistra che invitano i campioni leghisti e i cittadini esasperati per le violenze subite o temute , ricevendo applausi scroscianti. Intanto la sinistra sonnecchia. E la TV continua a inseguire share e pubblicità con storie di frustrazione degli onesti e guerre di poveri mentre della buona integrazione che pur si realizza qua e là si tace. Naturalmente anche ad Annozero l'eloquente Salvini è presente. Sarebbe strano non ci fosse.

domenica 10 maggio 2015

Dove e come si impara


Non prendete troppo sul serio (soprattutto gli amici insegnanti) queste note da pomeriggio domenicale. La premessa è che Matteo Renzi, a mio avviso, qualche volta dice cose importanti. Magari non sa trarne le conclusione. Ma le dice. Diceva giusto affermando che Manzoni è odiato perché incontrato a scuola. Troppe cose sono odiate perché incontrate a scuola. La "buona scuola" poi non tiene conto in alcun modo della intuizione di Renzi. Peccato. Ci sto pensando riflettendo ad una discussione casuale col nipotino dodicenne. Camminavamo insieme per il centro di Ostia. O meglio, cercavamo di camminare, fra banchi e cartoni sui marciapiedi che espongono paccottiglie. A parte l'inquinamento estetico, il fastidio per i passanti è notevole. Sicché, spesso prendevo per mano il nipotino, scendendo per strada, con qualche rischio, per aggirare intasamenti di banchi e folla. All'improvviso poi, un po' innervosito e pensando di sollecitarlo a qualche riflessione, ho detto: "Quando sarò sindaco rimuoverò tutto". E lui, riferendosi ai venditori: "E quelli che fine faranno? Come camperanno"? E io: "Faranno cose che servono. Puliranno le strade, ripareranno le buche. Ai più capaci e affidabili proporremo di vigilare su stanze di musei che oggi nessuno sorveglia, etc.".E lui: "E chi li paga"? E io:" Se ogni abitante di Ostia mette qualcosa - 1 euro, 2 euro al mese- possiamo pagarli. Tu non preferiresti pagarli per fare qualcosa di utile piuttosto che subire questa bruttezza e questo disagio ?". Mentre discutiamo ho la sgradevole certezza che il pensiero comune vincente, si insinui precocemente nella mente dei bambini, anche nella forma del pietismo di sinistra ("sinistra" per modo di dire). E' il pensiero che crede di dover separare la sopravvivenza delle persone (lo "sbarcare il lunario") dallo scambio naturale di servizi per il quale dovremmo stare insieme. Quello che fa esprimere calda solidarietà ai banchetti abusivi rimossi (raramente) o ai piccoli spacciatori. Indulgenza invece che riconoscimento di veri diritti. Fra i quali il lavoro, quello vero. Verificherò se ho inciso un po' nelle vecchie convinzioni di mio nipote. Al momento lui -con volo pindarico - mi ha trascinato sul terreno in cui mi fa da maestro. "Ma tu, nonno - mi dice - stai calcolando 2 euro per 120.000 abitanti; ma i 2 euro li pagherebbero le famiglie, non i bambini, ad esempio. Quindi sono solo 240.000 euro diviso 4 (famiglia media) = 60.000 euro; troppo poco". Mi giustifico, come posso: "Sì, d'accordo; più di 1 euro e più di 4; comunque poco; ho detto 1 euro per semplificare i conti". Va bene. Così sono le lezioni reciproche fra nonno e nipote. Dalla politica, alla sociologia, alla matematica. Senza interruzioni e cesure da campanella. E passando, senza avviso da docente a discente. Appunti per la buona scuola. O magari per un apprendimento "descolarizzato".

mercoledì 6 maggio 2015

Benvenuto, amletico Civati


Ti ho preceduto di pochi giorni. Ti avevo votato alle primarie. Con convinzione. Poi ho fatto fatica a capire cosa aspettassi. Ma non sono un politico. Forse era giusto aspettare. In attesa di avere con te il resto dell'opposizione interna e frastagliata entro il "nuovo PD", ormai di un uomo solo. Il PD di un ragazzo spregiudicato, capace di azzardare e farsi amare da un popolo che non sa cos'altro vuole,oltre alla affascinante narrazione di un uomo contro la conservazione e il potere dei vecchi. Quelli che ti seguiranno, giovane amletico e tormentato, lo faranno se darai prospettive, non metadone, come dice Letta, non sedativi, come io dico da tempo. Ti aspetto allora per una sinistra vera e vincente. Non mera testimonianza. Ci conto. Io ci sono. E molti ci sono.

sabato 2 maggio 2015

A proposito delle violenze a Milano: Ordine pubblico e...


Stringo i denti per tentare di restare razionale. D'accordo con i doverosi insulti verso i violenti che in numero eccessivo la fanno franca. Si esaminino pure le responsabilità di chi gestisce l'ordine pubblico. Ma la ragione mi dice di impiegare anche un po' di tempo a leggere, rileggere e interpretare le parole di quel cosiddetto manifestante. "E' stata una bella esperienza" dice. Come direbbe un turista che ha capito poco di quello che ha visto. Immediatamente mi viene in mente la terapia preventiva di quell'intellettuale di cui non ricordo il nome che l'indomani della strage di Charlie Hebdo suggeriva: "Dobbiamo proporre altre esperienze, esperienze positive, ai giovani prima che diventino criminali". Sì, lo credo e l'ho detto altre volte. Per me i black blok, gli ultras, i fanatici dell'Is sono sostanzialmente la stessa cosa. Addirittura sono la stessa cosa i "cattivisti" che impazzano nel web per insultare questo o quello. Un vuoto assoluto di progetti li accomuna. Ognuno inventa un pretesto nella misura delle proprie capacità intellettive e delle proprie rare (o inesistenti) letture. Diciamo loro le cose peggiori, sbattiamoli dentro, facciamo quel che si deve. Ma poi lavoriamo ai tempi lunghi della costruzione di un senso e di proposte di esperienze positive per i giovani. Prima che in molti acquisiscano il gusto di far male e farsi male.. http://www.huffingtonpost.it/2015/05/01/video-manifestante-giusto-spaccare_n_7190662.html?ncid=fcbklnkithpmg00000001

venerdì 1 maggio 2015

Il mio primo maggio


Rischio un po', ma non mi va di dire parole di rito. Per me il Primo Maggio non può essere la festa di chi ha un lavoro dipendente. Per me è la festa di chi ha o vuole avere un lavoro VERO. "Vero" significa per me "un lavoro che contribuisca al benessere collettivo": dipendente, autonomo e anche imprenditoriale. "Vero" lavoro non è quello di chi inquina, commercia veleni o fabbrica bombe. Perciò sento il diritto/dovere al lavoro come diritto/dovere ad avere non già solo retribuzione o profitto, ma retribuzione o profitto in cambio di un servizio sociale. Quindi il Primo maggio per me è innanzitutto la festa combattiva di chi un lavoro non ha ed è derubato della promessa costituzionale: Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Poi il Primo maggio è la festa combattiva di chi non si acquieta nel recepire un reddito comunque, basso, medio, alto che sia, ma vuole essere aiutato a meritarlo. E' bene che non guardiamo solo ai freddi e pessimi numeri. Guardiamo alle facce e ai destini di chi meglio conosciamo perché ci è vicino. Sapendo che rappresenta un mondo di sconosciuti. Buon Primo maggio quindi anche alle mie figlie, soprattutto a quella cui particolarmente quel diritto/dovere è stato fin qui precluso. Con il mio impegno possibile, pur modesto, a che si fuoriesca dalla barbarie.