Al di là dello scarico reciproco di responsabilità di (ex) innamorati, mi ha colpito la dichiarazione di un'amica del diciottenne assassino di Ancona, con la complicità presunta della fidanzata quindicenne. Dice, più o meno, così :“Lui era una persona generosa. E' cambiato quando ha conosciuto lei. Ed anche lei è cambiata in peggio, per come la conoscevo. Come se insieme si fossero chiusi al mondo”. Mi ha colpito perché rivela il volto regressivo e sgradevole del cosiddetto “amore”: la perdita di significato di quanti ci stanno attorno, il possesso reciproco o il possesso unilaterale con l'altro/a che si compiace nella dipendenza. Il femminicidio che solo da poco abbiamo scoperto è uno degli esiti della malattia. So che gli amici diranno che l'amore non è per forza questa malattia. Che queste sono devianze e perversioni. Io però continuo a pensare che “amore” sia una parola avvelenata e pericolosa. A meno di non usarla nel senso giusto e a meno di non riformulare il senso dei diversi concetti ed emozioni che vi girano attorno. Io proporrei semplicemente di tornare alla Grecia che ci insegnò a distinguere. Semplifico molto, prescindendo dalle aggettivazioni che nella cultura greca si accompagnavano ad esempio ad Eros. Eros è il nome dell'attrazione fisica o sessuale. Filia è il nome dell'amicizia ovvero della condivisione. Agape è la pulsione verso l'altro/a come regalo gratuito. Credo che quando parliamo di “amore” parliamo quasi sempre di coppia e di Eros. Nella coppia è eros prevalente, almeno all'origine, pur talvolta mixato a filia e agape, condivisione e dedizione. E' successo che “amore”, col suo suono accattivante, sia diventato il passaporto di ogni nefandezza. “L'ho fatto per amore” dice l'assassino di lei, o del rivale, o dei genitori. Se sostituissimo eros ad “amore” sarebbe difficile assolversi. “L'ho fatto per eros”. Sarebbe una spiegazione, ma non una giustificazione. Potremmo tranquillamente convenire con l'assassino: “E' vero, lo hai fatto per eros cioè per desiderio fisico e di possesso. Quindi ricevi una condanna definitiva e senza attenuanti. Lo avessi fatto per agape ovvero per salvare il mondo avresti la nostra ammirazione ela piena assoluzione”. Potremmo, per non buttar via un vocabolo usare “amore” come filia o agape: la protezione verso i figli o l'umanità. So che è quasi impossibile che da qui parta una riformulazione del vocabolario e quindi dei nostri concetti e valori. Provo semplicemente a dar voce alle mie convinzioni, aspettando l'effetto che fa.
http://www.lintellettualedissidente.it/…/i-greci-e-leros-l…/
http://www.nuovanobilta.info/amore.htm
http://archiviostorico.corriere.it/…/Tre_nomi_per_chiamare_…
https://it.wikipedia.org/wiki/Eros_greco_antico…
https://it.wikipedia.org/wiki/Amore_greco
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