lunedì 14 dicembre 2015

Non l'opposto di Renzi, ma un'altra direzione


Ho votato i referendum proposti da Civati non condividendoli. O meglio, condividevo molto quello contro l'Italicum. Poco o nulla gli altri. Li ho votati per incoraggiare Civati. Pentendomi subito dopo. Li ho votati contro Renzi che considero una peste per il mio Paese. Che il renzismo sia una peste non significa che ogni proposizione di Renzi sia sbagliata. Significa invece che il suo “insieme”, la sua politica e la sua “narrazione” sono pestiferi. Neanche le singole proposizioni di Salvini o Le Pen sono tutte sbagliate. E' il discorso nella sua interezza a non essere condivisibile. Esempi. Il Jobs act con la monetarizzazione del licenziamento che esclude il re-ingresso del lavoratore “ingiustamente” licenziato non mi appare sbagliato. Purché accompagnato da qualcosa che invece non c'è. Se accettiamo (o subiamo) la proprietà privata degli strumenti di produzione, proteggere il lavoratore dal licenziamento ingiusto mi appare simile al voler imporre al marito padrone di tenersi una moglie sgradita, che è violenza al marito e alla moglie. La moglie deve poter avere un altro marito invece. E il lavoratore avere un altro lavoro (o posto). Tre le condizioni perché il lavoratore licenziato non debba soffrire del licenziamento. La prima è che le sue competenze siano visibili nel mercato. La seconda è che il mercato (altre aziende) cerchi competenze e non altro (scambi, favori incrociati). La terza, infine, è che lo stato di disoccupazione provvisorio sia accompagnato da adeguato salario (di cittadinanza, di dignità, etc.), nonché da misure di sostegno formativo ed orientativo e anche da lavoro socialmente utile. Se queste misure si verificassero avremmo la flexsecurity di stampo scandinavo. Non verificandosi, abbiamo il Jobs act. Cioè nulla. Continua a mancare in Italia una efficace e credibile valutazione delle competenze, presente in molti Paesi europei: con certificazione periodica che apprezzi le competenze comunque formate (nel sistema formativo, nel lavoro, nell'autoformazione, con certificazioni e trasferimento di crediti). Continua ad essere vincente invece lo scambio fra azienda e contesto soprattutto politico (paramafioso), il cui abbattimento sarebbe fra le prime vere riforme di medio periodo e poco adatte al tweet e alla slide. Continua a mancare il salario di cittadinanza e le misure integrate che diano senso al periodo di assenza dal mercato. Magari con opzioni diverse e negoziate: se e quanta formazione, se lavoro socialmente utile o semplicemente assunzione da parte dello Stato come datore di lavoro di ultima istanza. Se tutto questo ci fosse, ci divideremmo fra liberali (o liberisti) e socialisti (o collettivisti), ma entro la cornice costituzionale della effettività del diritto al lavoro (secondo comma art.3 Costituzione), effettività assolutamente tradita. Parole inutili le mie. Non accoglibili né dal partito della nazione, né dai suoi oppositori, tutti ossequienti al senso comune che dice cose strane o paradossali: che il lavoro è determinato e solo da dividere, che l'anziano che potrebbe essere pensionato o l'immigrato toglie lavoro al giovane o all'italiano, che non c'è lavoro e posto per tutti, che il lavoro è forse diritto ma non anche risorsa, che a chi lavora pesa il lavoro altrui, non l'inattività altrui. Un mondo ribaltato da rimettere in piedi. Con nuove libertà e nuovi vincoli.

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