Provo probabilmente una certa empatia verso Enrico Letta. Condivido emotivamente i segni di una ferita non rimarginata. Anche se lui non nomina mai chi gli disse: "stai sereno". E anche se lo reputo sincero quando afferma la normalità e l'auspicio di una vita in cui la politica non diventi professione. Sono molto d'accordo con lui in questo. Non in molto altro. Perché lui è uomo del migliore centrosinistra mentre io mi considero socialista, altra cosa cioè. Ieri però, ascoltato alla 7, lo avrei ringraziato perché diceva cose semplici, quasi banali ma di cui evidentemente abbiamo bisogno. E' successo ad esempio quando ha detto: "Siamo tutti contenti di conquistare più flessibilità e ce ne facciamo belli. Ma la flessibilità è l'altro nome del deficit e del debito. Quel debito che davanti alla Brexit affonda la borsa di Milano". Detto bene, da professore bravo e chiaro che servirebbe nelle nostre scuole. Un professore quietamente contro i tromboni e contro il gioco delle tre carte.
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