lunedì 21 ottobre 2019

Il mio migliore profilo: l'amore non ha corpo


Sospetto (e forse temo) che "Il mio migliore profilo" di Safy Nebbou, con Juliette Binoche dica del nostro tempo più di altri film anche di migliore qualità. La protagonista, affascinante professoressa cinquantenne, non appagata dal rapporto meramente fisico con un partner pur sessualmente brillante e assai più giovane di lei, costruisce – come tanti, no? - una seconda identità fittizia su facebook. Con questa entra in contatto con un amico del partner egualmente giovane. Succede che la chat su facebook diventi assai più coinvolgente dei trascorsi rapporti "reali", emotivamente ed anche sessualmente. Un rapporto virtuale? Non reale? Irreale? In queste domande dalle difficili risposte trovo il film assai intenso e minaccioso. Minaccioso perché mette in discussione le nostre pigre convinzioni. Davvero in un rapporto d'amore o anche in un qualunque rapporto sono essenziali i cinque sensi? Non si può amare senza vedere, toccare, ascoltare, gustare, odorare? La protagonista e il suo partner facebook si innamorano facendone a meno. Hanno solo l'immagine di lui visto da lontano e l'immagine falsa (rubata ad altra persona) di una lei giovanissima. Ma potrebbero anche farne a meno. Perché l'attrazione promana dal solo scambio verbale. Al più si può dire che la "realtà", quella corporea è necessaria solo come materia su cui costruire persone immaginarie per relazioni virtuali che sono vere come quelle con vista, tatto, udito, sapore, odore. Il film si spende anche – a mio avviso troppo – nel rapporto fra emozione virtuale e contesto reale. Ma il nucleo è dove l'ho indicato, a mio avviso. Di cui è una coerente digressione l'invenzione letteraria della protagonista di un romanzo con un esito diverso dal reale. Fuori dal film digressioni filosofiche suggerirebbero la componibilità già in atto di pezzi corporei e metallici e protesi varie, anche virtuali, attorno alla identità dell'Io, non diversamente dalla protesi rappresentata nel film dall'immagine altrui incollata al nuovo profilo.
Ho subito confrontato il film con altri film recenti aventi in comune l'amore (o il sesso) che avverrà e che sta avvenendo, distruggendo quello che abbiamo conosciuto. Ho pensato a Don Jon di e con Joseph Gordon-Levit (2013) ed ho pensato a Lei di Spike Jonze, con Joaquin Phoenix (2014). Nel primo il seducente protagonista, pur potendo conquistare ragazze a iosa, preferisce la dimensione erotica dello schermo e gli basta il solo senso della vista per una pratica ossessiva della masturbazione. Perché – lo spiega benissimo – nella fantasia onanistica la partner obbedisce totalmente ad ogni richiesta. L'altro film; Lei, è, fra i citati, il più emozionante e il più radicalmente sovversivo. Qui lui si innamora di Samantha, l'intelligenza artificiale di ultima generazione contenuta nel suo computer e capace di sentire le emozioni del proprietario. Anche qui, come nel film appena uscito di Nebbou, i sensi reali sono assenti. Ma è assente anche un corpo da cui provenga l'input emozionale. E Samantha costringe a sfidare anche il tabù monogamico. Perché confessa di amare contemporaneamente oltre 600 persone, pur dando tutto il suo amore al protagonista. Citai, commentando Lei, Hume il filosofo inglese per il quale i corpi sono fasce di sensazioni. Lo faccio di nuovo oggi mentre il processo di smaterializzazione delle fonti emotive è ancora progredito. Forse si può dire che la rete fa diventare più comprensibile ciò che è stato sempre vero, che un corpo (ed una persona) sono un mero pretesto per riempire la vita di emozioni (e dimenticare la morte).

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