Non so se siete d’accordo. Quello che ognuno di noi sa del mondo è poca cosa, irrisoria, rispetto a quello che si potrebbe sapere. Qualcuno sa di più, qualcuno meno. Ma la distanza fra chi sa più e chi sa meno è insignificante rispetto a quello che non sappiamo. Saperlo dovrebbe farci meno saccenti e meno aggressivi verso chi riteniamo che non sappia. Invece…
Questi pensieri sono sia autonomi, sia premessa ad uno specifico discorso. Ho scoperto che fra le cose che non so affatto c’è Napoli, la sua identità. So qualcosa della mia Sicilia e qualcosina del mondo. Di Napoli praticamente non so nulla perché non so l’essenziale. Ieri, in occasione dell’evento rappresentato dalla morte di Maradona che ha riempito media tradizionali e social, mi è successo di imbattermi, come già prima e più di prima, nella “napoletanità” . Mi era già successo in altre occasioni. Avevo fatto mio tempo fa un giudizio severo di Saviano opposto al “comprensivo” sindaco De Magistris. Subii la durissima reazione di un amico facebook. Non fu difficile indovinare che era napoletano. Non lo sapevo. Lo indovinai. Già allora mi dissi che se avessi affermato qualcosa di critico sulla mia Sicilia non mi sarebbe capitato nulla di simile. Ancora oggi non immagino indignazione alcuna dei palermitani se per avventura dicessi che i palermitani hanno assassinato i loro uomini migliori. Qualcuno preciserebbe: “i peggiori palermitani”. Ed io risponderei “ovviamente”. Tutto finirebbe lì. Egualmente io non mi arrabbierei affatto se qualcuno dicesse: “La Sicilia è mafiosa”. Al più preciserei l’ovvio: “E’ mafiosa e anche coraggiosamente antimafiosa”. “Mi arrabbierei solo se qualcuno dicesse: “Tu, Salvatore, sei mafioso”. Aggiungo che non immagino che i siciliani si sentirebbero compensati o redenti da una storia pesante e difficile grazie ad un supercampione del calcio o magari del ciclismo.
Con Napoli e con Maradona è tutt’altra storia. Anche stavolta, di fronte a mie misurate polemiche verso la deificazione del campione (con annessi evasione fiscale, doping, manina di Dio, frequentazioni camorristiche, etc.) mi sono imbattuto in aspre reprimende di napoletani. Come se li avessi feriti personalmente in qualcosa di intimo e sacro. Credo che non lo farò più. Perché dovrei farlo? Mi resta lo stupore e la curiosità. Ecco, fra le infinite cose che non so e che talvolta non mi interessa neanche sapere, c’è questa che oggi mi preme sapere: a cosa si deve questo straordinario patriottismo municipale, questa straordinario “identitarismo”napoletano? Questo essere napoletani al di là di classi sociali, appartenenze culturali e politiche? Chi può aiutarmi a capire?
P.S. Non ho citato i nomi dei suscettibili, aggressivi amici napoletani. Mi dispiacerebbe un po’ essere cancellato dalle loro amicizie. Egualmente non faccio il nome dell’amico napoletano che, controcorrente, ha messo “like” a qualche mio post “antimaradoniano”. Osservo solo con sollievo che nessuno di noi è costretto a pensare come la Storia della sua città gli suggerisce di pensare. Capita anche con le appartenenze familiari e sociali delle quali talvolta ci emancipiamo, no?
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