Penso a Di Maio verso il quale ho sentimenti contrastanti. Al di là della distanza politica, è un sentimento di insofferenza verso un leader troppo culturalmente sprovveduto (non mi riferisco solo ai congiuntivi) per ricoprire il ruolo che occupa. Dall'altra parte coltivo un sentimento di ammirazione per l'incontestabile capacità di emergere comunque, nonché di destreggiarsi alla meglio fra tanti più preparati di lui. Una sorta di miracolo pensando al suo fragile curriculum formativo e politico. Raccolse appena 59 voti nel 2010 nella sua piccola città, Pomigliano. non riuscendo ad essere eletto .Poi, dopo le parlamentarie superate come secondo, con solo 159 voti, quanto basta per essere candidato nella discutibilissima e fortunosa procedura di selezione dei 5 Stelle, è eletto alla Camera di cui diventa vicepresidente. Sarebbero bastati pochissimi voti in meno di quei 159 e Di Maio probabilmente non avremmo mai sentito parlare. Ora invece è qui sulla scena politica da protagonista e può irridere e picchiare duro Commissione europea, Banca d'Italia, Presidente Inps, Presidente Bce, etc. etc. E sopravvive malgrado ripetute gaffe e tante promesse mancate. Ecco, voglio dire, che venuti meno partiti, continuità storiche e sostanza, oggi il Caso, fratello gemello del Caos, prevale su meriti e progetti. Solo il mercato resiste, con la sua logica dei numeri, indifferente alla sorte del singolo. Mentre la politica si fa sempre più piccina, nel suo piccolo spazio il Caso ovvero il volo di una farfalla in Brasile (la fortunosa elezione di Di Maio) produce tempeste (la perdita della residua credibilità della politica).
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