lunedì 24 febbraio 2020

Confessioni di un igienista in epoca di corona virus


La schizofrenia è evidente. Premesso che credo nell'eccellenza del nostro sistema sanitario (inteso come medici, infermieri e ricercatori), nell'epoca del corona virus la prima raccomandazione nel decalogo del Servizio Sanitario Nazionale è quella di lavarsi le mani, spesso e soprattutto prima di portarle alla bocca. Anzi diversi cartelli sono esposti nelle sale di aspetto con dettagli minuziosi su come lavarsi queste benedette mani. Nessun sacrificio per me. Anzi mia moglie mi raccomanda di non andare oltre i miei frequenti lavaggi. Io da sempre mi lavo come se il corona virus mi minacciasse. Visti i tanti avvisi, davo per scontato che nella toilette dell'ambulatorio otorino dell'Ospedale di Ostia stavolta avrei trovato carta, sapone e -chissà- anche amuchina. Nel tempo avevo notato che ciò che si consumava non veniva sostituito fino a trovare il dispensatore di sapone vuoto e la carta assente. Come in altri reparti, ma non in tutti. Evidentemente non c'è un univoco protocollo in Ospedale per questo. Infatti normalmente mia moglie (igienista anche lei, seppur più moderata di me) ed io, qualunque sia l'ambulatorio cui ci dirigiamo, ci serviamo della toilette di radiologia. Lì però (declino pervasivo?) l'ultima volta mancava il sapone nel bagno degli uomini ed io mi sono insaponato nel bagno delle donne, subendo lo sguardo severo di una signora. Beh, oggi nel reparto otorino, quasi deserto come l'Ospedale tutto e dove il bagno è unisex, mi accorgo che, a dispetto di terroristiche raccomandazioni, non c'è né carta né sapone ed anzi il dispensatore è totalmente distrutto. Con mio moglie rimedio, come posso, con la residua amuchina personale. Che però si sta esaurendo ed è introvabile ovunque. Sarebbe il colmo che un igienista un po' patologico come me dovesse ammalarsi per non aver usato il sapone.
Sandra Del Fabro, Chiarella Meloni e altri 2
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