Giudico la nostra Costituzione non perfetta, emendabile, e però saggia nei principi fondamentali, oltre che tendenzialmente progressista. Gli ultimi eventi shock negli Usa dovrebbero insegnarcelo. Anche se nell'ultimo quarto di secolo la saggezza della nostra Carta è stata sfregiata da un nuovo senso comune partorito dal craxi-berlusconismo. Si è dato vita così ad una Costituzione materiale rozza e di segno populista ed autoritario. La nostra è (era?) una Repubblica parlamentare. Ma i populisti (ed i fascisti e parafascisti) intendono il Parlamento come un nemico della sovranità popolare. Che per essere piena dovrebbe essere priva di mediazioni: in un rapporto diretto ed esclusivo fra popolo e capo. Quella del capo sarebbe l'unico trono legittimo mentre le "poltrone" sarebbero un retaggio del passato da disprezzare e ridurre (vedi l'ignobile narrazione del taglio delle "poltrone"). Enormi i guasti apportati dalla nuova filosofia: dal presunto "governo eletto", ai partiti col nome del capo, alle primarie nei partiti che riducono a cornici gli organi intermedi. Per i populisti (trumpiani, salviniani, etc.) il capo è eletto dal popolo e solo al popolo risponde. E il capo elegge come suoi collaboratori di fatto ministri ed anche giudici. Ma rileggiamo la nostra Carta all'art.1:
" L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle FORME E NEI LIMITI DELLA COSTITUZIONE"
Penso che i populisti non comprendano la parte che ho scritto in maiuscolo. Penso che volentieri la cancellerebbero. Perché dovrebbero esserci limiti alla sovranità popolare? Per la verità io giudico infelice quella espressione. Sarebbe stato meglio scrivere "nelle FORME DISEGNATE DALLA COSTITUZIONE". Voglio dire che LIMITI non ci sono. Non ci sono limiti alla sovranità popolare almeno, ma alla maggioranza sì. Ci sono "forme" cioè modalità con le quali l'astratto principio della sovranità si fa concreto. Non ci sarebbe sovranità popolare se decidesse tutto la maggioranza. Se la maggioranza decidesse "democraticamente" (?) di privilegiare bianchi, uomini, eterosessuali, etc. Il che succederebbe facilmente non solo se non fossero definiti i diritti delle minoranze, bensì anche se il "popolo" nella sua maggioranza -mutevole di giorno in giorno- nominasse, direttamente o coi suoi rappresentanti, i giudici chiamati a giudicare la legittimità di un comportamento (vedi Usa). Il popolo insomma non è la maggioranza e non è neanche ovviamente una minoranza (similtrumpiana) investita da un dio o che si autoinveste. Penso quindi alla saggezza delle mediazioni imposte dalla nostra Costituzione parlamentare ed alla saggezza stravolta della Prima Repubblica. Dove nessun capo era insostituibile e la politica faticosamente cercava il compromesso come incontro fra le varie sensibilità e i vari interessi presenti entro il popolo variegato. Sapremo tornare indietro?
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