Difficile parlare di questa storia dell'alternanza scuola lavoro aspramente contestata ieri da tanti studenti nelle piazze italiane. Mi avventuro sperando nell'indulgenza delle opposte fazioni politiche e degli insegnanti esperti per definizione. Mutatis mutandis, penso a Barcellona e mi chiedo quanti siano gli unionisti messi in ombra (o intimiditi) dalla passione "patriottica" degli indipendentisti. Nel merito Il mio personale problema interpretativo nasce da questo. Premetto che sono convintamente socialista e convinto dell'insostenibilità della proprietà privata: sicuramente della grande proprietà: Ma comunque vigile suoi guasti prodotti dalla filosofia di impresa (anche quella medio-piccola).Ciò precisato, credo che la scuola debba rapportarsi alla vita assai più di quanto oggi non faccia. Debba calarsi con i suoi studenti nella vita (non solo lavorativa) per sperimentarvi dentro le proprie categorie, interpretative della vita stessa. Per darvi senso e forza e per parzialmente ricostruirle. Di questo sono convinto anche perché ho incontrato troppi studenti che denunciavano la loro percepita insignificanza del percorso scolastico rispetto ai loro bisogni non solo di "sapere" ma di orientamento in "questo" mondo. L'ideale sarebbe che la scuola si calasse nella vita e nei suoi conflitti (sociali, culturali, lavorativi) non occasionalmente. Insomma l'alternanza oggi praticata è assai meno dell'alternanza auspicabile. E l'alternanza dovrebbe essere micro e macro.Cioè con lavoro entro il percorso formativo ma anche con alternanza di cicli in cui prevalentemente si lavora ed altri in cui prevalentemente si studia. Aggiungo che non penso al rapporto con le imprese finalizzato solo e necessariamente agli aspetti tecnici di un futuro lavoro. Penso cioè che anche al liceale (ammesso e non concesso che debba persiste la distinzione fra licei e istituti tecnici e professionali) possa giovare entrare in un contesto in cui si preparino e servino hamburger. Oltre che collaborare alle attività di un museo o di una biblioteca o di una missione archeologica. Il problema è che le imprese spesso,.se non inevitabilmente, cercheranno il proprio lucro. Ma è possibile vigilare su questo ed immagino che il tutor scolastico possa vigilare affinché gli studenti non siano ridotti ad addetti alle toilette. Come pure sarebbe opportuno un albo delle buone imprese da fare pubblico come contropartita reputazionale per l'accoglienza. E sarebbe opportuno liberarsi del vincolo delle 200 ore di alternanza per i licei e delle 400 per gli istituti tecnici e professionali. La cosa peggiore sarebbe buttare il bambino della preziosa alternanza assieme all'acqua sporca dell'arbitrio di imprenditori furbetti. A meno che non si pensi che alla conclusione di un ciclo di studi tutto compiuto nell'aula scolastica lo studente faccia ingresso in un mondo del lavoro accogliente e in cui lo sfruttamento non abbia posto. P.S. Ai compagni ostili ad ogni prodotto dell'epoca renziana oserei fare notare che fare il contrario di quel che fece lui non è un programma politico. Anzi significa accettare che l'avversario ci detti la linea politica.
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