Ho visto “A casa tutti bene” di
Gabriele Muccino. Riuscito a metà. Forse per l'assenza di un punto
di vista. Molti, troppi personaggi in storie intrecciate . Il film si
inserisce nel genere “scoperta dell'inferno familiare”. Non è
chiaro se per l'autore la crisi che nel film investe una famiglia
allargata trovatasi per una lieta ricorrenza, sia una patologia o la
rappresentazione di una crisi epocale dell'istituzione famiglia. Il
positivo del film mi pare attribuibile al selezionato cast di attori
e attrici oltre che al mestiere del regista. Mi ha persuaso fra gli
interpreti soprattutto GianMarco Tognazzi, nel ruolo del cialtrone
così tipico, in mille sfaccettature, nella commedia italiana. Ed
anche Massimo Ghini il marito devastato dall'Alzheimer ed accudito da
una moglie -Claudia Gerini – che è stanca di accudire, è stanca
di essere identificata solo come addetta alla cura. Reagisce, si
ribella, ma poi si piega al sentimento di “amore”. L'amore è una
trappola per le donne? Muccino non sembra crederlo. Ma, per dire
dello spirito del tempo, il frammento replica la narrazione di Ella e
John. Verosimilmente sempre più il cinema si occuperà di anziani.
Si aspetta un autore che sappia parlare dei “misteriosi” giovani
e adolescenti di oggi.
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