Farò una rivelazione al popolo pentastellato. Si può recuperare al 100% la sovranità nazionale minacciata da Bruxelles, dai mercati, dai burocrati e da altre diavolerie simili. Lo si può fare semplicemente non indebitandosi. E come si farà il reddito di cittadinanza, la riforma della Fornero, etc. ? Semplice. Tassando chi più ha. Con più progressività: il contrario della flat tax. Aumentando l'Iva sui consumi di lusso. Introducendo una seria tassa di successione. Introducendo una severa patrimoniale. Aggiungo che meglio del reddito di cittadinanza sarebbe il lavoro di cittadinanza. Mettere al lavoro tutti i senza lavoro in un contenitore di apprendistato e di lavori pubblici (sicurezza del territorio, ma anche servizi culturali diffusi). Anche questo - soprattutto questo - creerebbe ricchezza). Elementi di Socialismo prima del Socialismo compiuto. Chiedo quindi al popolo 5Stelle se non sospetti un tantino che quel che propongo non si può fare semplicemente perché i capi del movimento non hanno intenzione alcuna di redistribuire reddito e potere. A loro basta colpire le piccole caste e fare ammuina, diciamo. Il Capitale ed i capitalisti non sono neanche nominati. Solo corteggiati con l'orrenda flat tax.
venerdì 28 settembre 2018
lunedì 17 settembre 2018
Pensieri in disordine
Ho sempre minor voglia di parlare di politica, soprattutto qui, su facebook. A che serve? Talvolta poi mi pare che non valga la pena di parlare di nulla. Al più di piccole esperienze personali. Bello lo scorso sabato in gita con persona a me vicina (moglie) ed amici. Al mattino visitare la suggestiva necropoli etrusca di Cerveteri. E lì cercare di interiorizzare a mo' di consolazione l'apparentemente sereno rapporto con la morte di una civiltà scomparsa. Al pomeriggio scoprire la bella cittadina e partecipare all'evento promosso dall'amico fb Ugo Menesatti, ora diventato amico tout court, e da Anna Tonelli. L'efficacia e verità della prosa del primo e dei quadri della seconda. Al ritorno ad Ostia fermarsi in un locale di cucina umbra e apprezzare sapori, ma soprattutto la professionalità della giovanissima che ci serve al tavolo e ci spiega esattamente cosa stiamo per mangiare. Sempre più convinto che ad Ostia si trovino le ragazze più graziose e professionali. Non so perché. Forse sono altrettanto in gamba i ragazzi che conosco di meno e che per due soldi consegnano pizze a domicilio. Riflettere sulla "meglio gioventù" così strapazzata e largamente sprecata. Poi sapere di Andrea il quindicenne che perde la vita per un selfie sul tetto del centro commerciale. Come tanti prima di lui in circostanze analoghe: fotografarsi mentre si rischia, nella gara a chi rischia di più. Perché? Interventi di dotti sociologi, psicologi, etc. Sensazione di una frattura epocale, sensazione di non poter avere accesso ai pensieri di figli e nipoti , pensieri che non si formano né a scuola né in famiglia, bensì nella caotica rete. Cosa posso dire? Cosa proporre? Ai nipoti direi almeno questo: uscite dal branco, abbiate il coraggio di pensieri originali. Poc'anzi in Tv ho ascoltato la storia di una quarantenne che dopo aver provocatoriamente celebrato il matrimonio con se stessa, ha manifestato l'intenzione di diventare madre da sola, senza un partner. Si può essere d'accordo o no. Io lo sono giacché non credo che il futuro appartenga alle coppie. Però ho pensato soprattutto a questo: che uscire dal branco consente di donare immaginazione salvifica per sé e per gli atri. Antidoto alla pulsione - omicida o suicida - di morte. La politica poi potrebbe/dovrebbe progettare piani educativi e piani di inserimento. Non escludendo nessuno. Ma a che pro dirlo? Potrebbe/dovrebbe. Non accadrà.
venerdì 14 settembre 2018
First babies
Sono talmente infastidito da quelli che si sentono "popolari" perché evitano il congiuntivo e usano l'apparato lessicale del sistema genitale al posto di punto, virgola e punto e virgola, che oggi voglio appuntarmi le parole deliziose di Judith Sargentini, la politica olandese rossoverde che ha sostenuto l'accusa contro Orban all'Europarlamento. Semplicemente perché vi sento - con la certezza di non sbagliare- finalmente un sentimento vero. Dice nel suo manifesto politico Judith: "I piccoli migranti non meritano di starsene ammassati contro un filo spinato! Meritano di essere riempiti di abbracci!". Mi emozionano le emozioni sincere, non artefatte. Mi emoziona Judith forse perché, pur sentendomi italiano, europeo, abitante del mondo. mi sento soprattutto nonno. Quasi quasi propongo una nuova parola d'ordine contro la logora "Prima gli italiani". Propongo: "Prima i bambini", "First babies".
mercoledì 12 settembre 2018
Capitolo igiene della Ragione: la domanda è cosa buona?
Lo è per Berlusconi, per Renzi, per Di Maio, per Salvini. Lo è per quasi tutti. Fu il peggiore degli argomenti usati da Renzi per gli ottanta famigerati euro. Quando chiedevo perché mai non elargire quei soldi a quelli che non hanno niente o anche ai pensionati, gli amici renziani rispondevano: "Perché quelli che non hanno niente si terrebbero i soldi da parte e non consumerebbero". Pare insomma per la Ragione dei nostri tempi che il denaro non serva a chi direttamente lo riceve, ma a chi lo riceve di ritorno ed apre fabbriche e dà lavoro di conseguenza. Lo stesso scopo hanno i consumi di lusso. I poveri ricchi nei locali di Briatore svolgono opera sociale bevendo champagne e consumando aragoste. Danno lavoro a camerieri e forse a danzatrici di lap dance. Insomma, se non sentissimo più desiderio o bisogno di patatine fritte, slot machine, seconde case, champagne o birrette, sarebbe un disastro occupazionale. Per misteriosi motivi invece non serve la domanda di pane e latte dei più poveri. Quella non stimola occupazione di fornai e allevatori. Non so decidere se mi turbano più le motivazioni fin troppo evidentemente classiste o propriamente la dirompente illogicità. Anche di Maio che quasi ragionevolmente insiste sul salario di cittadinanza (sarebbe meglio con lavoro assegnato) è costretto a motivarlo così: "Aumenterà la domanda e l'occupazione". Nutrire gli affamati gli sembra un argomento poco convincente. Io, impavido, affermo di guardare ad un mondo in cui ci sia sempre meno domanda (fino a nessuna) perché non ci saranno più bisogni e in cui ci sazieremo liberamente in un nuovo Eden. Non vedrò quell'Eden. Ma almeno mi congratulo con me stesso per aver chiara la direzione del mio impegno politico.
martedì 11 settembre 2018
Socialismo o ricatto
Sono disperato. Mi sembra che ciò che a me pare ovvio, ovvero un'ovvia cavolata, appare ragionevole e scontato al senso comune. Anche a sinistra. Mi chiedo come sia possibile anteporre il posto di lavoro dei 10.000 dell'Ilva alla salute di una città malata e devastata. Come sia possibile che la perdita ipotetica di 50.000 posti inibisca la chiusura festiva dei negozi ovvero la scelta di un modello di vita. Si può discutere di questo e dell'Ilva. E si può discutere di Tap e di Tav. Ma non si può accettare di discutere sotto ricatto. Non si può accettare che il posto di 60.000 valga più della salute di milioni e del lavoro dei milioni che un lavoro non hanno mai avuto. Prendo atto di essere il solo a respingere il ricatto. Il solo a pensare che la sinistra stia perdendo l'ennesima occasione di indicare nella Democrazia Socialista l'unica possibilità di liberarsi del futile ricatto. Socialismo come unica possibilità di liberarsi di Ilva e cemento e slot machine e consumismo, riconvertendo economia e persone al lavoro vero, al lavoro utile. Nel segno di una appropriazione collettiva degli strumenti di produzione. Se non ora, quando? Perché non lo diciamo? .
domenica 9 settembre 2018
Da Atene a Salvini
Torno ora da Atene, là dove la riflessione filosofica ebbe il massimo sviluppo. Sarà perché vengo da Atene che il Salvini pensiero in cui mi imbatto in Italia mi dà qualcosa che somiglia a un brivido? Orbene il nuovo Duce della povera Italia afferma che i magistrati non contano nulla perché non votati dal popolo. Quindi - e non posso aver capito male - se è vera la premessa, la conseguenza è che il potere spetta intero a chi è stato investito dal popolo. Cioè al rappresentante della maggioranza. Cioè chi vince prende tutto. Chi vince può decidere anche di esiliare (o fucilare) chi ha perso. Salvo perdere le elezioni successive. Se le perde il Duce può a sua volta essere esiliato o fucilato. Per decisione della nuova maggioranza, non certo dei giudici che immagino saranno aboliti. Bene. Ma una maggioranza che può tutto sarà mai così stupida da consentire nuove maggioranze? A parte questo, tutto bene. Mi do il bentornato in Italia.
Scoprire Atene per scoprirsi e trovarsi
Atene era fra le mie innumerevoli lacune. Quelle che cerco di colmare in età matura. Si fa per dire, perché il mio conoscere – come quello di tutti- è fatto di piccoli saperi come piccoli scogli nel mare grande dell'ignoranza. Sono sempre più perplesso sui rituali del turismo: le cose da vedere, i sapori da sentire, etc. Di fatto, sotto il pretesto del turismo canonico, cerco le mie cose e vedo quello che i miei occhi cercano. Una costante per me è il confronto delle capitali con la mia capitale. Quel molto che appare eguale, quel poco che appare diverso: molto o poco diverso. Roma sembra perdere sempre – o quasi - nel confronto, con mio disappunto, in termini di vita urbana. Anche con Atene. Roma perde nettamente nella pulizia urbana. Non ho visto tappeti di cicche ad Atene. Roma perde nei trasporti pubblici. Atene è peggio nei trasporti privati: un'avventura l'attraversamento pedonale con rare strisce pedonali e auto e moto che ti puntano e però frenano in tempo. Atene e Roma eguali nella movida (Plaka e Monastiri come Trastevere e Monti) ed eguale l'adescamento dei buttadentro dei ristoranti e bar. Ad Atene più vistoso, direi. Non sono riuscito a scorgere i segni della povertà diffusa che cercavo. Locali pieni , non solo di turisti. In compenso la povertà estrema – quella dei senza tetto- appare più nettamente. Nelle vie del centro e dello shopping i giacigli di cartone sono numerosi e la gente vi cammina accanto, indifferente. Nelle zone di periferia i senza tetto e giovani tossici condividono gli spazi. Lì – in zona Exarchia, quartiere anarchico o rosso, incontriamo un giovane riverso per terra. Appare senza vita. Ma non lo è – credo. E' circondato da tre poliziotti. Stanno chiamando l'ambulanza, mi pare. Però sono tranquilli e sorridenti. Infatti la persona a me più vicina mi sollecita a chiedere un'informazione. “Non mi sembra il caso” dico io. “Ma sì” dice lei. Obbedisco. Piacevole l'ambiente della piazza e dintorni: lì si avviò la resistenza contro i colonnelli e lì vivono soprattutto studenti e popolo di sinistra, fra graffiti più rudi che altrove e scritte varie su lenzuoli che non riesco ad interpretare malgrado i miei trascorsi studi di greco. Il giorno prima avevamo visitato il quartiere Psyri, raccomandato da una mia figlia “rossa” (rossa più di me). Ambiente “radical” lì, con graffiti più eleganti o meno aggressivi che ad Exarchia . Quando chiedo informazioni su Exarchia, il giovane proprietario mi risponde con una domanda: ”Sei comunista”? “Un poco” rispondo io. Lui si dichiara “capitalista” e nostalgico del Pasok, lo sbiadito partito socialista greco, per intenderci. Dice che la crisi è tutt'altro che finita. Il direttore dell'hotel è più pessimista ancora. Parla un italiano perfetto appreso – dice – con la lettura di Petrarca, Dante, Leopardi, Verga, etc. Se la prende con l'Europa. Dice che un referendum libererebbe la Grecia dalla Ue. Anche se è troppo tardi. “La Grecia è finita, fallita” dice. “Ci hanno tolto anche la possibilità di coltivare il tabacco”. Sarà vero? Dubito. Però ammette, a mia domanda, qualche responsabilità dei greci , a partire dagli armatori. Ride di Tsipras e Varoufakis quando li nomino. Nondimeno il pessimismo convive con uno smisurato orgoglio nazionale. A proposito della lingua, ad esempio, che – sottolinea il mio interlocutore - sarebbe rimasta eguale, mentre altrove – Italia compresa- è diventata altra cosa. Mi ricorda la rivendicazione di Pericle che nel discorso famoso sull'orgoglio ateniese che qui facemmo nostro – ricordate? - in funzione antiberlusconiana, diceva che Atene – a differenza di Sparta – aveva avuto sempre una popolazione autocna. Già, ma cosa accomuna gli antichi ateniesi ai moderni abitanti di Atene, a parte, se è vero – la lingua? Ho visitato l'Acropoli naturalmente. Stupenda con il Partenone che ancora aspetta gli vengano restituiti i fregi “rapiti” dagli inglesi e visibili al British. Ai piedi dell'Acropoli ho trovato a fatica l'antica Agorà. Era proprio qui che si riuniva il popolo della minoranza libera e non immigrata per fare politica. Dovevano essere pochi i liberi ed attivi per stare in così poco spazio. Più estesa l'Agorà Romana, presso la libreria di Adriano, l'imperatore umanista e filoellenico (anche nel suo amore per il giovane Antinoo). Bellissimi, più di quelli del museo nazionale, gli spazi aperti del museo dell'Acropoli,. Lì in veranda, col Partenone davanti, ho consumato il caffè più suggestivo della mia vita. Ad Atene, in quella antica e dei musei, ho verificato la presenza forte della dea della città, Atena della sapienza e Atena, Nike, della vittoria. Bisogna prenderne atto. Sono le entità – persone o dei, più che astratti “partiti”- a indicare mete e definire identità. Atena allora ad Atene come oggi il Che a Cuba. Atena di cui mi innamorai da giovane quando la vidi al Teatro Greco di Siracusa, nelle Eumenidi di Eschilo, scendere sul palcoscenico – deus ex machina – a risolvere l'irrisolvibile dilemma tragico sul destino di Oreste. Il giovane figlio di Agamennone che sarebbe stato colpevole se non avesse vendicato il padre assassinato e che era invece colpevole di avere ucciso la madre per vendicarlo. Senza scampo comunque. Come oggi io vedo la storia a noi davanti, non so se influenzato dallo sguardo di Eschilo. Ecco la mitica Atena che scioglie il nodo. “Oreste, ti ferirai il polso; fluirà un filo di sangue. E questo mi basterà”. Ancora oggi io cerco il deus ex machina.
Allontanandomi di Atene infine faccio una escursione all'isola di Egina che scopro essere stata per breve tempo capitale nella Grecia liberata, agli inizi dell'ottocento. Visito la chiesa ortodossa e poco altro. Mangio la migliore Mussaka e trovo i migliori pistacchi del mondo. L'isola vive solo di turismo e pistacchio. La cosa più interessante è forse l'amicizia trovata con tre donne, turiste con cui ci imbattiamo facendo i biglietti per la traversata: madre e figlia del Nicaragua e residenti in California, come un'amica messicana. Madre e figlia fuggite dal Nicaragua all'avvento dei “comunisti” (cioè dei sandinisti) mi racconta la madre. Che poi aggiunge una nota di nostalgia per la Spagna (ordinata e sicura, dice) di Franco. Ri-scopro che i reazionari possono essere simpatici. Mi ritrovo peraltro nella fantasia della figlia che coltiva il progetto di un viaggio da sola. E' vero: in compagnia non vedrai mai esattamente quello che cerchi. Infatti penso da tempo ad un viaggio per riscoprire (o scoprire) da solo la mia Sicilia. Tanto simile alla Grecia: nelle facce, nei panorami, nei sapori, nel calore.
Il più bel tramonto del mondo – così dicono- vado a cercarlo a Capo Sounion, estrema punta dell'Attica, col tempio di Poseidone (circa 440 A.C.). Nelle acque sottostanti si buttò, suicida, Egeo, che vide le vele nere, segno di morte, alzate per errore dal figlio Teseo. Paesaggio di grande bellezza. Ma non facciamo in tempo a celebrare il tramonto. Urge tornare ad Atene per non restare senza tetto. Con in mezzo un contrattempo che appare piccolo solo ora. Sul viottolo che dal tempio ci porta alla taverna, una serpe passa sul piede della persona a me più vicina. Urlo di lei e poi mio. “Ti ha toccato? Ti ha morso”? “Toccato sì, morso non so”. Panico. Era una biscia o una vipera? Poi tutto passa. Non ci sono segni di morso.
In aereo, al ritorno, mi ritrovo vicino la quasi novantenne Luciana Castellina. Perché lo dico? Perché sento quella presenza malandata come simile all'irrecuperabile fascino di Atena con le statue sfregiate o amputate: con la malinconia dei sogni che facemmo.
sabato 1 settembre 2018
Vacanza
Fra poco e per una settimana prendo una delle mie periodiche vacanze da facebook. Il mio pensierino per gli amici oggi è questo:
Non sempre abbiamo gli strumenti per decidere quale sia la strada migliore. Talvolta capita che qualunque scelta facciamo semplicemente scegliamo fra diversi disastri . Talvolta. Altre volte promuoviamo il meglio facendo il peggio o, al contrario, promuoviamo il peggio facendo ciò che ci sembra il meglio. Alcune scelte poi sono come imperativi categorici. Non sappiamo, ad esempio, quali effetti avrà la scelta per l'accoglienza, se la facciamo. La facciamo cercando di credere che ciò che ci appare giusto non possa produrre il male.
Non sempre abbiamo gli strumenti per decidere quale sia la strada migliore. Talvolta capita che qualunque scelta facciamo semplicemente scegliamo fra diversi disastri . Talvolta. Altre volte promuoviamo il meglio facendo il peggio o, al contrario, promuoviamo il peggio facendo ciò che ci sembra il meglio. Alcune scelte poi sono come imperativi categorici. Non sappiamo, ad esempio, quali effetti avrà la scelta per l'accoglienza, se la facciamo. La facciamo cercando di credere che ciò che ci appare giusto non possa produrre il male.
P.S. Non riesco a dire nulla che al momento mi tocchi di più.
A presto
A presto
Iscriviti a:
Post (Atom)