Non una critica cinematografica giacché critico non sono. Dico che è la seconda volta che mi capita di dibattere su un film con tanta naturalezza e voglia di condivisione, con una coppia di sconosciuti coetanei all’uscita dalla sala. Io col nodo alla gola, come –immagino – mia moglie e gli altri. Parto da qui allora. Tutti sorpresi a constatare: “ Ma allora l’inferno non è solo italiano”! Film premiato con Palma d’oro a Cannes, quello di Ken Loach è più efficace di un manifesto politico. Miracolo del cinema vero, assolutamente “impegnato” e assolutamente non intellettualistico. Manifesto rivolto a giovani e anziani, con la storia dell’incontro di un uomo maturo e di una giovane donna. Lui operaio carpentiere, lei disoccupata con figli. Lui che ha perso il lavoro per problemi cardiaci. Entrambi vite ed intelligenze più che normali stritolate da un welfare complicato, invadente, iper-burocratico, cieco. Loach mostra di comprendere assai bene le buone ragioni della burocrazia. Quelle buone ragioni che portano ad un richiamo severo dell’impiegata che tenta un rapporto di aiuto col protagonista da parte dell’implacabile dirigente. Non sono ammesse deroghe e falle al sistema burocratico. Quella ragione burocratica che costringe Daniel a navigare fra centro per l’impiego alla ricerca del lavoro e centro pubblico sanitario per il riconoscimento di una pensione di invalidità. In una drammatica alternativa. Ma, benché malato di cuore, con un infarto pregresso, Daniel non supera l’esame dell’intervistatrice. Per il fatto di non dichiarare problemi di incontinenza probabilmente perde quei 3 punti che gli avrebbero fatto raggiungere i 15. Perché la burocrazia adora i punti che peraltro sono un antidoto all’arbitrio. Ma anche all’intelligenza. Qui è il dilemma difficilmente risolvibile. Egualmente il centro per l’impiego pretende che Daniel dimostri che si sta impegnando nella ricerca di un lavoro. Lo dimostri portando esempi di curriculum inviato ai potenziali datori di lavoro o certificazioni di appuntamenti realizzati. Però Daniel che sa fare quasi tutto con le mani, ma anche col cuore, è un uomo dell’epoca analogica, visceralmente refrattario ai saperi digitali: il mouse, il blocco improvviso del software. Impensabile per lui redigere e inviare un curriculum in rete. Accanto a lui c’è la disperazione di lei, disperazione splendidamente rappresentata da Loach. Con la fame che la induce ad aprire la lattina appena ricevuta dal banco alimentare per ingurgitare pomodori . O ancor più con la sommessa domanda “Potrei avere degli assorbenti”? C’è infine attorno la solidarietà vera dei pari e di quelli esposti come i protagonisti al disastro. Esempi felicemente incarnati di una solidarietà di classe che Loach fa apparire tutt’altro che “ideologica”.
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