venerdì 30 giugno 2017

Macron e Ventimiglia

La narrazione di Macron è affascinante. Per chi ha voglia di essere affascinato. Giovanissimo e con una intrigante love story con l'ex sua professoressa. Ma al dunque della politica non cambia nulla. I cani della gendarmeria francese scagliati per rintracciare i fuggitivi da Ventimiglia al territorio francese. E Macron che alle proteste italiane per l'assenza di solidarietà della Eu, dopo le pacche consolatorie sulle spalle, obietta: "Però l'80% dei migranti arrivati in Italia sono migranti economici, non da guerra". Non serviva Macron per dire questa sciocca ovvietà. Avrebbe potuto dirla anche Hollande o Sarkozy o un banale presidente sposato con una coetanea. P.S. Come spiega molto bene oggi Altan la differenza fra un migrante da guerra e uno economico è che il primo non vuole morire sotto le bombe, il secondo non vuole morire per fame. .

mercoledì 28 giugno 2017

Il braccialetto e il rompighiaccio

Nella mia Italia così impegnata in sofisticate disquisizioni politiche oggi non si trova un braccialetto elettronico come ieri non si trovavano rompighiaccio per liberare i sepolti dalla neve.

Dal tabaccaio

Dal tabaccaio da cui - ahimè - mi rifornisco di veleno debbo mettermi ogni volta in coda per una lunga fila. Non dietro i fumatori, ma dietro pensionate che fanno incetta di "miliardario" e altre cose così. "Me ne dia una da 5 euro e una da 10". Probabilmente pensionate d'oro o con sistema retributivo e che imprecano contro tasse e balzelli. In un angolo appartato quasi tutti uomini che tormentano le macchine mangiasoldi. P.S. Non ho voglia di parlare di politica.

venerdì 23 giugno 2017

Il vocabolario della sinistra che non c'è


Penso che la bussola che indica destra e sinistra sia necessaria. Ma forse non è sufficiente. Se lo è, a cosa dovrei attribuire le differenze fra me e i miei amici, visto che tutti ci diciamo di “sinistra”? Dovrei pensare che qualcuno si inganni su se stesso. Possibile. Magari io sono inconsapevolmente di destra. Sarà per questo che sono piuttosto estraneo al fronte anti-jobs act e anti buona scuola. No, non dall'altra parte, ma propriamente estraneo. Così come sono estraneo al fronte del No. Pur avendo votato No, conservo – confesso - stima per le ragioni di molti che hanno votato Sì. Se non sto a destra forse c'è bisogno di altre coordinate da aggiungere a destra e sinistra. Faccio un esempio che al momento mi sembra il più “duro”. C'è una sinistra che è contro il fiscal compact, è irritata con l'Europa che non ci consente sforamenti. In alcune frange è euroscettica. Crede che occorra stimolare i consumi (di chi?) per stimolare crescita ed occupazione. Su queste tematiche è difficilmente distinguibile dalla destra. Si direbbe quasi che, tolte di mezzo le incompatibilità personali e caratteriali, sia possibile un fronte comune da Salvini a Bersani e anche con quelli che custodiscono falce e martello, passando per Renzi.
Poi c'è una sinistra minoritaria, molto minoritaria, che pare occuparsi d'altro. Del rapporto fra uomini e Terra. Ne ho postato un esempio giorni fa. Jason Hickel evidenzia che la pur necessaria lotta contro le emissioni non è sufficiente a salvare il pianeta. Non bastano le rinnovabili, se le rinnovabili servono a produrre ciò che oggi produciamo. Non bastano se continuiamo con l'agricoltura industrializzata. Non bastano se la competizione riempie il mondo di spazzatura. Serve un nuovo sistema economico-sociale insomma. Ecco, non credo proprio che Jason Hickel perderebbe tempo ad inveire (dal suo punto di vista) contro il pareggio di bilancio. Non credo che chiederebbe bonus per stimolare i consumi . Dico per stimolare i consumi e non per alimentarsi correttamente giacché per la sinistra maggioritaria che condivide molto (o troppo) dei miti della destra le persone sembrano scomparire per diventare funzionari del consumo che darebbe “un po' più di lavoro, un po' più “ come dice un politico di sinistra che non nomino. Oggi l'emergenza idrica che tocca anche l'Italia mentre fa crescere i deserti nel mondo e crescere i fuggiaschi dovrebbe farci riflettere su come calcoliamo le diseconomie del sistema. Ma il sistema è culturalmente attrezzatissimo. Riesce infatti addirittura a parlare di “opportunità derivanti dal terremoto”. Come altre volte ha parlato di “opportunità derivanti dalla ricostruzione post bellica”. Hickel non cita la locuzione “decrescita felice”. Immagino perché consapevole della sua impopolarità. Troppo difficile spiegare che Latouche non intendeva “decrescita” come ritorno all'età della fame endemica e della peste. Alla sinistra minoritaria manca il vocabolario sequestrato tutto da destra-centro-sinistra. Mancano anche a me le parole per definire una sinistra egualitaria che crede al diritto alla felicità di tutti gli uomini del mondo, compresi quelli che verranno.

sabato 17 giugno 2017

Tutto bene, tranne...


Tutto bene per noi che apparteniamo alla società dei 2/3, di quelli che stanno fra ricchezza e non povertà, di quelli che almeno possono farsi una pizza a settimana. Tutto bene tranne:
1. tranne i “maschi” neofascisti che in Parlamento si vantano di fare a botte come ai bei tempi andati
2. tranne l'incapacità di promuovere una classe dirigente mobile, senza doversi aggrappare ad una faccia inventata dal caos e dal caso e che occupa lo spazio vuoto del contenitore politico
3. tranne la subalternità assoluta alla cultura di destra che non è per forza “neoliberismo” ma è: niente tasse. niente austerità (neanche quella equa), debito pubblico a gogò e i criminali italiani prima delle brave persone immigrate
4. tranne la subalternità ai canoni del luddismo difensivo: lavorare meno lavorare tutti, i robot che ci rubano il lavoro e via favoleggiando avendo smarrito la bussola del socialismo (sostituito dal bertinottismo e frivolezze simili)
5. tranne l'impossibilità di garantire a figli e nipoti che, nella folla di garantiti e raccomandati, sarà loro garantito un posto di netturbino se saranno bravi a ramazzare o un posto di ricercatore se saranno bravi almeno quanto Einstein
6. tranne il lassismo che preferisce fingere di non vedere le bottiglie di birra nel raduno torinese e il decisionismo cieco che non sa dare un posto al mondo ai dimenticati e sgombera l'inferno dei campi rom, dimenticandosi però di sostituire i campi con le case e con le scuole
7. tranne l'ultima banda di carabinieri che si vantava di fare come la mafia, torturando, stuprando, minacciando, i neri (un solo arrestato e gli altri trasferiti per torturare altrove)
8. tranne i concorsi truccati per la selezione dei prossimi servitori dello Stato
9. tranne il cattivismo - facebook e non solo – del “tutti infami, tranne me e pochi intimi”
Tutto il resto va veramente bene.

giovedì 15 giugno 2017

La morte sceglie i migliori


Ho pensato questa cosa apprendendo di Gloria e Marco, i fidanzati dispersi nell'incendio del grattacielo di Londra. Dopo Valeria. Dopo Giulio. Dopo quelli scomparsi in Spagna in incidenti di bus. Sembra che la morte scelga i migliori, i più belli, dentro e fuori. Non è possibile, mi dico. Sembra, ma non è possibile, mi dico. O forse sì. Forse muoiono i nostri figli migliori che abbiamo ben nutrito e ben educato. E che vanno via affrontando il mondo. Perché qui non c'è posto per loro. Trovando la morte per la follia terroristica o perché il profitto vuole economizzare sulla sicurezza di edifici, bus e treni. Un pensiero ai genitori e un pensiero diverso a quelli che non si daranno pace per avere sacrificato tante vite per garantirsi una barca o vacanze stellari.

mercoledì 14 giugno 2017

Bisogni e risorse: non si cercano e non si incontrano


Ad Ostia si stanno moltiplicando. Ramazzano i marciapiedi ed estirpano sterpaglie. Raccolgono le cicche di sigarette che si ammassano fra strada e marciapiede. Perché i romani fumano molto e non cercano (non cerchiamo) i rari cestini spegni-cicca. I ragazzi neri si presentano con un cartello appuntato su un badile, accanto al punto in cui tengono il necessario (buste, ramazze,etc.) per un lavoro che nessuno ha chiesto loro di fare. Succede che i lavori più utili non abbiano committenti nella società del libero mercato. Sui cartelli c'è scritto più o meno così. NON VOGLIO CHIEDERE ELEMOSINA. VOGLIO LAVORARE. VOGLIO PULIRE LA VOSTRA STRADA. DATEMI 50 CENTESIMI PER QUESTO LAVORO. Io, a torto o a ragione, non indulgo ad elemosine. Stamani però volevo pagare quei 50 centesimi e magari anche più. Mi ha preceduto mia moglie che è scesa di casa con qualche moneta e buste per i rifiuti. Poca cosa. Francamente ritengo più utile questo post (addirittura!). Ritengo più utile sensibilizzare. So che nel quartiere ostiense gli abitanti di una strada hanno un accordo per la pulizia con un immigrato felice di essere liberato dalla condizione di elemosinato. Insomma raramente serve la carità se c'è l'intelligenza. Quella che ci manca quando vediamo un problema – come i rifiuti e le sterpaglie- accanto ad una risorsa umana sprecata e non riusciamo a fare incontrare il problema con la risorsa. Preferiamo l'elemosina. Mi aspetterei intelligenza sociale dagli amministratori, più che dai miei condomini. Ma chiedo troppo. Intanto, oltre che i pensionati che frugano nei cassonetti e magari (visto poco fa) recuperano compiaciuti un giornale da leggere, si moltiplicano le persone in ginocchio sui marciapiedi con cartelli imploranti o quelli che nei bar ti chiedono 80 centesimi (non perdono più tempo a spiegare, per suggerire l'emergenza, che di centesimi ne servono proprio 80 quanti ne mancano per il biglietto del bus o una fetta di pizza). E si moltiplicano anche i neri davanti all'ingresso dei supermercati tutti con lo stesso cappelletto egualmente vuoto. L'ultimo che ho visto mi ha fatto pensare: “Forse è un informatico, forse potrebbe darmi consulenza per le mie persistenti difficoltà digitali”. Voglio dire che la ramazza può essere il principio e non la fine se sappiamo elaborare un modello di incontro fra bisogni e risorse umane. Rischieremmo di conoscere la ricchezza, smettendo di cercare la ricchezza dove non c'è e di frignare perché l'Europa non ci consente di indebitarci di più. Rischieremmo di conoscere la ricchezza smettendo di dividerci fra due inferni contrapposti: il “fuori tutti” e il “dentro tutti ma che si arrangino”.
P.S. Ammetto: di Macron, Renzi, D'Alema, Pisapia, Grillo non mi cale mica. Meglio parlare d'altro.

martedì 13 giugno 2017

La distanza facebook e i nuovi insulti


Sono sotto il sole del pomeriggio aspettando l'apertura dell'ufficio rinnovo patenti. Faccio un giro del palazzo per ingannare l'attesa. Adesso vicino all'ufficio ci sono due ragazzi. Discutono animatamente con una signora che è nella sua auto lì vicino. La discussione si fa sempre più animata. Non so cosa sia accaduto. Capisco che i due ragazzi debbono avere riso della signora. E non so perché. Capisco che la signora è molto coraggiosa. I ragazzi sono anche robusti. “Noi siamo liberi di ridere quanto vogliamo” E lei scende dall'auto. Diventa più aggressiva. Non c'è nessuno tranne me. Su chi può contare la signora? Su nessuno. I “mortacci tua” si sprecano. Coraggiosa la signora e, tutto sommato, “moderati” i ragazzi. Mi limito a dire: “Basta, salutatevi!”. Non mi ascoltano ovviamente. Noto che comunque tengono una distanza di sicurezza. I bulli sono moderatamente bulli per fortuna. Non più bulli della signora. Poi la situazione sembra precipitare. Succede quando i ragazzi appellano “napoletana” la signora, forse per un accento nella voce. . E quella: “Napoletana sarà tua madre, tua sorella e li mortacci tua”. Diventa paonazza. Temo il peggio. Ma l'ufficio apre e i due ragazzi corrono a prendere il posto superandomi nella fila informale fatta da loro e da me. Anche oggi ho imparato qualcosa, spiando la vita degli altri. 1. I ragazzi si limitavano a un litigio a distanza, stile facebook, semplicemente perché temevano di compromettere qualcosa: forse l'esame di patente. 2. In questa Roma in cui sono immigrato “napoletano” è il peggiore degli insulti.

lunedì 5 giugno 2017

C'è posto: anche a Torino




Quel che è successo a Torino ha più cause. Della prima – la sindrome di panico – si è detto. Poichè quasi tutti i feriti (oltre 1500) sono state vittime dei cocci di vetro delle birre bevute per socializzare in piazza, si cercano ora i responsabili della mancata vigilanza. Prendo la parola solo perché ho in mente un altro colpevole. Si può chiamare “lassismo”oppure “cattivismo” oppure buonismo”, o meglio la futile alternativa fra “cattivismo” e “buonismo” . Comunque si chiami è il contrario della buona integrazione la quale è rigore ed accoglienza cioè integrazione cioè dare ad ognuno un posto al mondo. Ed è figlia della negletta ragione. Il senso comune suggerisce che gli abusivi che “spacciano” bottiglie di birra non ci costino nulla. Nessuno ha osato metterci le mani in tasca (giusta la vulgata antitasse di moda da un quarto di secolo) per dar loro un posto nel mondo. .Destra e sinistra infatti si dividono solo fra il respingerli dal centro storico o il lasciarli fare. Non è all'ordine del giorno l'unica risposta giusta: offrire un lavoro che li renda protagonisti di uno scambio equo fra lavoro vero e reddito. Un lavoro che liberi lavavetri, venditori di rose e di bottiglie di vetro dal bisogno di violare le regole. Eppure – a differenza di quanto ritiene il malsano senso comune – il lavoro disponibile è sterminato come sono sterminati i bisogni umani. Altro che “lavorare meno-lavorare tutti”, altro che “prima gli italiani o i padani o i milanesi”. Altro che le sciocchezzuole che intossicano le menti nel triste esordio del millennio.  

domenica 4 giugno 2017

La competenza ignorata


La competenza di cui si straparla – oggi chiamandola spesso “merito”, ieri “professionalità” - non è quella del cameriere anziano ed esperto che serve a me e a mia moglie il caffè nel locale storico in piazza. Dove si va quando si ha voglia di vedere gente (compreso l'immancabile banchetto 5Stelle) e prendere il sole, se c'è. Sapendo di pagare quattro euro i due caffè per pagare la rendita di posizione del bar. Quattro euro invece che due. Ma non cinque. Invece il cameriere – unico italiano fra camerieri egiziani e slavi – si scorda sempre di portare il resto. Magari fingendo (con se stesso?) che sia una mancia obbligata. Si dà il caso però che io sia contrario alle mance come alle estorsioni. E che mia moglie si innervosisca più di me al ripetersi della dinamica. Sicché ogni volta, dopo aver sperato che a servirci sia il cameriere egiziano o la cameriera slava, se ci serve l'italiano il rito del caffè è avvelenato un tantino. E anche i rapporti coniugali ne soffrono un tantino. Perché, pur ottenendo il resto ogni volta, dopo una o due sollecitazioni, mia moglie trova intollerabile che io le chieda di tornare in quel bar. Dove andiamo sempre più raramente.
La competenza invece è quella della cameriera del ristorante-pizzeria vicino. Affollatissimo. Con i tavoli sempre più numerosi in piazza, oltre che dentro. L'ultima volta ancor prima delle venti a fatica conquistiamo un tavolino. Per del cibo così così, spaghetti e riso entrambi molto al dente. Forse perché i fornelli hanno troppa fretta di cuocere, vista la fila ai tavoli. Però quello strano tipo che son io si sente appagato egualmente. Perché guardo l'efficienza straordinaria dei giovani – ragazze soprattutto- che servono ai tavoli. Ognuno/a che insieme fa più cose: prende ordinazioni, sparecchia il tavolo accanto, fa segno al compagno di lavoro, sorride al tavolo di fronte per dire “arrivo”. Poiché cerco sempre segni d'altro nelle piccole cose, lo spettacolo della passione, della fatica e della competenza giovanile mi sollecita qualche speranza nel futuro. Dulcis in fundo, la ragazza carinissima che più si occupa di noi, scorgendo un attimo di perplessità nei nostri sguardi perché siamo rimasti senza forchette, ci regala un sorriso splendido. “Non vi abbandono” ci dice. Un sorriso e una esibizione di competenza vera che da soli valgono il prezzo della cena.
P.S. Mi capita di chiedermi quanti imprenditori siano consapevoli del valore dei loro collaboratori o anche della loro nocività. Penso siano pochini. Troppo intenti a fare i conti, troppo intenti a cercare il contratto meno oneroso. Insomma non immagino molti imprenditori capaci di valutare la competenza. E neanche il sindacato può farlo. Numeri. Camerieri. Ricercatori. Insegnanti. Tutti accomunati da una qualifica che li fa apparire eguali. Con la stessa qualifica nella scuola uno apre le menti alla curiosità, l'altro le chiude. Con la stessa qualifica uno ti avvelena un ottimo espresso, l'altra ti intenerisce gli spaghetti troppo al dente. Neanche il sindacato può distinguere. Teme, con ragioni inoppugnabili, di dividere distinguendo. Teme che il giovane ricercatore che troverà la soluzione alla malattia più difficile finisca con una paga di trecento euro al mese. Contro i duecento di chi non trova e non cerca niente. Vero. Infatti la soluzione va cercata proprio altrove. Non nelle dinamiche avvelenate del mercato. .

Preparo la valigia per Londra


Direi che Il combinato disposto dell'ennesima strage terroristica e del disastro di Torino (quasi strage) mi angoscia, se non fossi già angosciato da tempo, come molti. Esaurite le parole di condanna e quelle di solidarietà, ribadisco la convinzione che non c'è molto da fare contro il terrorismo ormai endemico e contro il nichilismo che lo genera e rigenera. Si può contenerlo al più con misure di sicurezza più efficaci, sacrificando un po' i sovranismi nazionali in materia. Più radicalmente si può pensare di vincerlo (nei decenni a venire) lavorando ad una cultura planetaria della pace e dell'eguaglianza, una cultura che non appaia e non sia cristiana o occidentale. E' il lavoro su cui si sta spendendo Francesco. Con nessuna garanzia di successo nel tempo e sicuramente non nell'immediato. Nell'immediato l'unica terapia possibile è inscrivere il rischio di morire per mano di un folle che cerca le vergini nel paradiso di Allah nel grosso rischio della vita stessa: gli incidenti stradali o domestici, un male covato nei contesti insalubri, etc. Dirsi che il rischio di morire per un folle è statisticamente minimo. E fare tranquillamente le valigie per Londra (come sto per fare). Sapendo anche che la paura può uccidere più del terrorismo.

venerdì 2 giugno 2017

La timidezza di Rossi, l'arroganza di D'Alema e il salvagente Bersani


So di dare forse un dispiacere agli amici indirizzati, come me (pur senza entusiasmo) a votare Art. 1. Ma è giusto ed utile essere sinceri. Ieri mi è capitato di entrare in crisi seguendo sulla 7 prima Enrico Rossi poi Massimo D'Alema. Rossi alla domanda se ritenesse opportuno nazionalizzare le banche salvate dal danaro pubblico rispondeva con qualche timidezza che no, non pensava a nazionalizzazioni. Pensava semplicemente ad una partnership pubblico-privato. Era chiaro che la parola “nazionalizzazione” lo metteva in imbarazzo. Insomma non ci venga in mente di avere in Art. 1 qualcosa che assomigli troppo al Labour di Corbyn. A Corbyn invece la parola “nazionalizzazione” piace. E lo dice.
Poi ho sentito D'Alema. Diceva cose abbastanza condivisibili. Col solito tono del primo della classe. Un po' come un antirenziano sfegatato che condivide stile e arroganza dell'avversario. Damilano ha osato farglielo notare. Poi, soprattutto ha osato contestargli la famosa caduta di Prodi attribuita alle manovre dalemiane. Mal gliene incolse all'imprudente Damilano. D'Alema gli ha dato seccamente dello stupido. Francamente io avrei lasciato immediatamente lo studio. Damiliano è rimasto invece . Imbarazzato. Molto imbarazzato. Fino a ricevere qualcosa di simile alle scuse. Dico che continuo a non riconoscermi nello stile dalemiano, troppo simile a quello renziano. Si dirà che lo stile non è sostanza. Ma non lo credo. In assenza di progetti davvero radicalmente alternativi, lo stile è quel che ci rimane. E' la condizione per una fase di convivenza in cui si possa confrontarsi e progettare. E scrivere qualcosa di radicale e sensato sulla lavagna bianca. Poi stamattina ho letto l'intervista di Bersani a Repubblica. Altro stile per fortuna e altra concretezza. Meglio che niente per un altro clima. Senza radicalità purtroppo. Ed anche l'ipotetico nome della lista alle imminenti elezioni – Alleanza per il cambiamento – mi appare scialbo e - direi - renziano. Nonché timido come il definirsi di centrosinistra e non chiaramente di sinistra. Di centro-sinistra sono eventualmente le coalizioni che vedono insieme centro e sinistra, come credo volesse dire l'amico Alfredo Morganti in un post recente. Aspetto qualcuno e qualcosa che nomini la parola proibita: “Socialismo”.

Non è colpa di Renzi


Non è colpa sua se è costretto a chiedere ad Alfano il piacere di bocciargli il “suo” governo. Per convenzione un partito non può bocciare il suo governo. Ma è una convenzione insensata. Perché mai il PD non dovrebbe volere un governo sempre suo ma diverso, con il segretario, ristabilito, nuovamente al comando? Dicono che non giovi all'Italia andare a l voto. Ma questo è opinabile. Sempre è opinabile il rapporto causa /effetto nelle azioni politiche. Forse con Letta avremmo avuto un'Italia meno distante dall'Europa. O forse il contrario. L'unica cosa certa è che più di un milione di votanti alle primarie ha scelto Renzi. Si ascolti la loro voce. Non la voce dei cinque o sei o più milioni di dispersi a destra e manca. E finalmente superiamo le stupide convenzioni che costringono a comprarsi un killer mentre si potrebbe dare una esplicita buona morte.