Cosa ricorderò del 2020? A parte la noia della clausura (accentuata
da una mia fase di positività asintomatica, di cui non ho detto prima perché mi ha lasciato indifferente), a parte le
chiacchiere interminabili e ripetitive sul Covid fra complottisti, fra chi si
interroga e chi sa tutto non avendo studiato nulla, a parte l’evidenza della
fragilità che non ci insegnerà nulla perché la macchina del Capitale non sente
ragioni, a parte il mio stupore permanente che non si batta ciglio mentre l’inutile
ricchezza si accompagna alla pratica della carità verso i senza tetto al gelo, a parte un Paese senza dignità
che conserva il suo ambasciatore al Cairo, a parte i politici-attori, incompetenti
e incapaci di servirsi di competenti
(vedi Di Maio infatuato dell’italo-americano che porta in Italia un nome magico,
quello degli inutili navigator),
a parte questo ricorderò due assassinii fra i tanti: quello
di Willy Monteiro, il ragazzo, originario di Capoverde, ucciso per difendere un
amico perché significa troppa gioventù
perduta nel religione della prevaricazione spesso esibita nei selfie; e quello di
Margherita e di Pietro assassinati dal
padre per dispetto alla madre, perché significa che non abbiamo saputo (voluto)
difenderli, non abbiamo fatto i conti
con il marcio putrido che si annida nella sacra famiglia che non sappiamo sostenere
e riformare, se non abrogare.
E ricorderò una cosa futile, una trasmissione televisiva,
The senior voice, perché ha dimostrato per chi vuole intendere ciò che già
sapevo: il Paese è impoverito perché scopre solo per caso e per gioco l’enorme
giacimento di talenti – non solo canori- che continua a sprecare.
Felice 2021