Alla fine scelgo il conformismo. Scelgo i riti, pur comprendendo bene le ragioni di chi vi si sottrae. Auguri quindi. A chi? Agli amici e compagne di speranze e visioni. Agli ultimi del mondo. Ma anche ai primi. Perché anche i poveri primi cercano la felicità. Tutti la cerchiamo noi umani su questa zattera perduta nell'universo. . Auguro felicità quindi anche a Salvini che invece non è capace di augurarla a tutti. Non gli auguri naturalmente di perseguire i suoi obiettivi. Gli auguro felicità, sapendo che la felicità è impossibile se non si condividono dolori e speranze degli ultimi. Gli auguro di convertirsi quindi. A lui e a quelli come lui.
lunedì 31 dicembre 2018
sabato 29 dicembre 2018
Il mio pensierino del pomeriggio è questo:
Le persone agiscono, parlano, si dividono come se esistesse soluzione ai grandi problemi dell'umanità. Anch'io faccio così. Fingo di credere, voglio credere che ci sia una sintesi giusta e possibile ai conflitti fra nativi e migranti, fra merito e bisogno, fra libertà e governo. Voglio credere che basti emendare un po' le ricette fallimentari della Storia. Voglio credere al Socialismo. E dico di crederci. Ma non fidatevi: non sono proprio sicuro. Forse per questo non mi unisco a tifosi e invasati . Appaio gentile. In realtà non sono certo che chi mi contraddice dica balle più grosse delle mie.
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giovedì 20 dicembre 2018
Per fortuna i più poveri non sanno
Per ridurre il costo del reddito di cittadinanza e far quadrare i conti, i tecnici hanno fatto notare a Di Maio che il 10% degli aventi diritto prevedibilmente non farà richiesta del reddito. Semplicemente perché non saprà di averne diritto. Per Di Maio e per il governo è una piccola boccata di ossigeno.A me invece sembra che quelli che non lo chiederanno dovrebbero averlo per primi, procedendo d'ufficio. Proprio perché chi non lo chiede è evidentemente chi sta peggio, è emarginato ed escluso dai flussi comunicativi. Purtroppo però Di Maio, come forse tutti, tiene più all'apparire che al rispetto della sua generosa visione. Eppure basterebbe far pagare di più chi può. Basterebbe, ma è impossibile, perché contraddirebbe il contratto di governo in cui Salvini ha voluto la flat tax cioè che i ricchi paghino in proporzione meno dei poveri. Abbiamo infatti non un governo ma due governi in uno, in perenne negoziazione. Ringraziamo quindi che di fatto la flat tax non è ancora applicata perché i suoi costi sono del tutto insostenibili. E prepariamoci all'ennesimo conteggio, nelle statistiche di Natale, dei morti per freddo.
P.S. Vi chiedo di essere patriottici. A nessuno venga in mento di informare un senzatutto che ha diritto al reddito di cittadinanza. Né, a maggior ragione, lo aiuti a fare la domanda. Potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso e saltare il bilancio,
P.S. Vi chiedo di essere patriottici. A nessuno venga in mento di informare un senzatutto che ha diritto al reddito di cittadinanza. Né, a maggior ragione, lo aiuti a fare la domanda. Potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso e saltare il bilancio,
mercoledì 19 dicembre 2018
Piccole cose per passare il tempo senza parlare (quasi) di politica
Fra le cose del vecchio mondo che scompare ricorderemo il congiuntivo. Mi chiedo se non sarebbe bene abrogarlo subito, senza aspettare i tempi lunghi della sua consunzione. Per non dover ghettizzare come radical chic, nemico del popolo, chi ne fa un uso corretto. Per una questione di democrazia insomma, per quella sana ignoranza che oggi si chiama democrazia. Stamani all'Ufficio anagrafe del Comune, malgrado l'appuntamento alle nove, aspetto le dieci per entrare. Nell'attesa, per ingannare il tempo leggo e rileggo molteplici avvisi al pubblico dalla sintassi contorta e spesso incomprensibili. Poi assisto alla scenata di una donna polacca allo sportello informativo. Urla contestando con veemenza non so quale disservizio. Per tenere allenata la mia mente senile rifletto sul fatto che le polacche possano inveire liberamente contro le impiegate italiane. Cosa che evidentemente ad una donna abbronzata non viene mai in mente di fare. Poi entriamo. L'impiegata mi invita a poggiare l'indice della mano destra sul sensore: "Spingi". Mi sta dando del tu? A Roma è normale. I medici poi danno proprio sempre del tu. Ma tu devi rispondere con il Lei, facendo sentire che è maiuscolo. Nella risposta il romanesco è sospeso. L'impiegata - dicevo - mi dice "spingi". Poi però mi dice "sollevi". Pare che mi dia del tu quando devo spingere e mi dia del lei quando debbo sollevare. Ho il dubbio di aver sentito male. Ma fa la stessa cosa con mia moglie subito dopo. Ok, il governo del cambiamento, cambi almeno questo. Abolisca per decreto il congiuntivo, anche quello esortativo!
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martedì 18 dicembre 2018
La tentazione di cancellare il mondo
Il mio vicino di casa mi vuole bene. Ne sono convinto, anche se ci frequentiamo poco. L'altro giorno ne ho avuto certezza. Senza motivo alcuno, incontrandomi sul pianerottolo mi ha detto “Turi (mi chiama così, come pensa si debba chiamare un Salvatore siciliano), ti devi fare i c...tuoi”. E gesticolava per dare forza all'invito, per farmi capire che parlava per affetto e con ragione. Lui non immagina che il contenuto del suo invito è per me una tentazione perenne: in conflitto con altre passioni di stampo “altruistico” (cioè egoistiche in modi più raffinati), quali pre-occuparsi del prossimo più lontano o addirittura di quelli che ancora non ci sono. Sto pensando a quelle parole e sto pensando che una ragione ci sarà se oggi il mio pendolo emotivo guarda verso l'egoismo, quale normalmente inteso. Credo che la causa sia la complessità del mondo che ho davanti. Più complesso che mai. Al punto di non sapere più l'effetto delle mie azioni e delle mie buone intenzioni. Sicché mi pare di fingere se, ad esempio, scrivo, come ho appena fatto, una lettera al Ministero dell'Interno in cui chiedo conto della sorte dei profughi sbarcati a forza in Libia e chiedo conto della sorte di Silvia Romano. Non servirà a niente. Solo a me stesso. Si riaffaccia la vecchia tentazione epicurea: il lathe biosas, il vivi appartato, lontano dalla politica, ritagliandoti un angolo simile al giardino epicureo in cui coltivare amicizie e piaceri semplici. Ammesso che la politica che decidessi di ignorare non si occupi di me, magari distruggendo il giardino. Così oscillo fra egoismo in senso stretto ed egoismo altruistico o impegnato. Il mio primo progetto di tesi universitaria si intitolava “L'ateismo di Epicuro”. Volevo riflettere su quegli dei epicurei felici e disinteressati agli umani perché paghi in se stessi. Un ateismo sostanziale, pensavo. Poi, per ragioni complicate, lasciai perdere e infine la mia tesi fu in pedagogia e impregnata di politica. Vabbè, oggi ho nella mia mente prevalgono le parole del vicino di casa e quelle di Epicuro. Domani forse quelle opposte di papa Francesco (o di Karl Marx).
sabato 15 dicembre 2018
Lui, loro e il Paese inconsapevole
Antonio Megalizzi, il ventinovenne giornalista italiano, così brillante, così europeo, precario come i più dei nostri giovani migliori, è morto. Ucciso da un coetaneo latore di un morbo distruttivo. Morto, lontano da casa, come altri giovani eccellenti - come Valeria Solesin - che l'Italia espelle perché il nostro non è un Paese per giovani eccellenti, ma solo per figli e nipoti, solo per raccomandati. Chissà perché. E chissà perché proprio loro finiscono assassinati. Il caso o cosa? Le mie condoglianze alla famiglia e alla sua fidanzata che sanno bene cosa hanno perso. Le mie condoglianze anche al mio Paese inconsapevole.
Dei delitti, delle pene e della cura
Ognuno di noi ha la sua personale graduatoria degli orrori. Chi è inorridito soprattutto dagli stupri, chi dalle torture, etc. Io non avrei nulla da obiettare all'ergastolo in questi casi, se non fosse per il rischio di indurre il violento ad uccidere. Ma darei due ergastoli - per così dire - a chi fa violenza sugli inermi nel chiuso delle case e delle istituzioni addette alla cura ed alla custodia. Credo peraltro che ce ne occupiamo troppo poco. Tranne quando qualcuno non dedica la propria vita a rivendicare giustizia. Vedi Ilaria Cucchi. Ma sembra che non sappiamo né punire né tanto meno prevenire le violenze nelle caserme, nelle carceri, nelle scuole d'infanzia nelle cosiddette "case di riposo" degli anziani. Le notizie e le cronache nei pochi casi in cui i sadici vengono scoperti durano solo lo spazio di un giorno. Poi più nulla sappiamo di processi e sanzioni. Forse non vogliamo sapere, avendo nipoti o genitori affidati a sconosciuti. A modo mio con questo post minimamente riparo, ricordando l'ennesimo caso, quello nella casa di riposo nel riminese. Anziani abbandonati al freddo e alla fame. Uno sguardo politico mi suggerisce che la causa è da un lato nella ricerca del profitto massimo nei privati. Dall'altro lato nell'incompetenza degli operatori, se è vero che sistema valoriale, oltre ai saperi professionali, è parte della competenza (o incompetenza) di poliziotti, insegnanti ed operatori socio-sanitari. Ma la politica a sua volta non ha priorità valoriali congrui, né competenze né convenienze nel dare priorità al tema. Ha più convenienza a promettere meno anni di lavoro e più deficit in barba a Bruxelles, deficit che contribuirà ad elevare il debito e così giustificare l'impossibilità di rimuovere ingiustizia e sopraffazione degli indifesi.
venerdì 14 dicembre 2018
Santiago, Italia: io coi radical chic e il popolo chissà dove
Ho fatto appena in tempo a fare il biglietto per una proiezione eccezionale al Cineclub di Cinelandia di Ostia per il film preceduto dalla presentazione di Moretti superstar. Pubblico prevalentemente maturo e forse prevalentemente femminile, come di solito. Anzi sono stato abbastanza sorpreso per qualche giovane in sala. Se ci fosse una cineteca nazionale con proposte per la Scuola, "Santiago, Italia" dovrebbe esserci. Però la Scuola si attarda nella convinzione che ciò che è recente (anche 45 anni, in questo caso) è negativamente "parziale" o "politico". Di quella parzialità che Moretti rivendica nel film, rispondendo al generale golpista che dubitava dell'imparzialità del regista. Il film ricostruisce il golpe e soprattutto l'ospitalità dell'ambasciata italiana a centinaia di cileni minacciati di arresto, tortura e morte. Con l'iniziativa solidale dei numeri due e tre dell'ambasciata, in assenza del titolare e nel silenzio del Ministero degli Esteri. Molti applausi a Moretti quando si è detto contento che il film sia uscito in questa fase storica in cui l'accoglienza è diventata un disvalore. Come un messaggio opposto al nuovo e disumano senso comune. Messaggio in sintonia con le testimonianze nel film documentario di cilene e cileni trasferiti dall'ambasciata in Italia dove in molti sono rimasti e che ricordano quei primi anni, in Emilia e altrove, ma soprattutto in Emilia - allora rossa e per qualche tempo ancora rossa - con quell'accoglienza così calda e con il facile inserimento nel tessuto produttivo e sociale in cui allora appariva normale che la nuova arrivata cilena potesse coordinare, per la sua specifica competenza, lavoratori italiani. E c'è in qualche testimone cileno il doloroso disappunto per l'Italia che oggi sembra perdere l'anima. Nella nuova Italia in cui - direi - si vogliono prima gli italiani, anche se primi nell'inferno. Costruendo così proprio l'inferno.
Ho pensato all'angoscia che cominciai a provare già prima del golpe, quando era chiaro l'accerchiamento del governo minoritario di Allende con i media contro e con lo sciopero dei camionisti che metteva in ginocchio il Paese, oltre che con il palese ruolo ostile degli Usa. Ho pensato anche, con senso di colpa che pochi mesi dopo, nel dicembre del 73, riuscivo a godere delle domeniche senza auto, in bici con mia figlia sul sellino. Ho pensato a quella studentessa cilena incontrata nei primi anni '90, a democrazia riconquista in Cile, che si stupiva della mia commozione quando le parlavo di Allende. Ebbi stupore per il suo stupore come mi accadde più recentemente a Praga chiedendo a giovani praghesi, in piazza Venceslao, dove fosse il memoriale di Jan Palach. Era lì vicino. Non lo vedevo perché il memoriale è una lapide orizzontale. Un po' come le lapidi delle vittime della Shoa giorni fa divelte a Rpoma da giovani arrabbiati contro le vittime che noi odiati radical chic onoriamo. Odiate proprio perché noi le onoriamo. Quei giovani praghesi nulla sapevano di Jan Palach. Dispero che si riesca a restituire Storia e memoria alle nuove generazioni del web.
Ho pensato all'angoscia che cominciai a provare già prima del golpe, quando era chiaro l'accerchiamento del governo minoritario di Allende con i media contro e con lo sciopero dei camionisti che metteva in ginocchio il Paese, oltre che con il palese ruolo ostile degli Usa. Ho pensato anche, con senso di colpa che pochi mesi dopo, nel dicembre del 73, riuscivo a godere delle domeniche senza auto, in bici con mia figlia sul sellino. Ho pensato a quella studentessa cilena incontrata nei primi anni '90, a democrazia riconquista in Cile, che si stupiva della mia commozione quando le parlavo di Allende. Ebbi stupore per il suo stupore come mi accadde più recentemente a Praga chiedendo a giovani praghesi, in piazza Venceslao, dove fosse il memoriale di Jan Palach. Era lì vicino. Non lo vedevo perché il memoriale è una lapide orizzontale. Un po' come le lapidi delle vittime della Shoa giorni fa divelte a Rpoma da giovani arrabbiati contro le vittime che noi odiati radical chic onoriamo. Odiate proprio perché noi le onoriamo. Quei giovani praghesi nulla sapevano di Jan Palach. Dispero che si riesca a restituire Storia e memoria alle nuove generazioni del web.
lunedì 10 dicembre 2018
Le mie certezze sul reddito di cittadinanza
La prima certezza – che è una certezza morale, oltre che economica – è che ogni persona nello stato di cose attuali (con grandi ricchezze potenzialmente patrimonio di tutti, ma mal distribuite) possa e quindi debba avere un tetto, cibo e cure.
La seconda è che il lavoro di cittadinanza sia preferibile al reddito di cittadinanza, quando può realizzarsi (e si può, quindi si deve).
La seconda è che il lavoro di cittadinanza sia preferibile al reddito di cittadinanza, quando può realizzarsi (e si può, quindi si deve).
La terza è che il reddito di cittadinanza debba essere universale ed incondizionato Sembra la soluzione più costosa ed è invece è la meno costosa e la più semplice, come molti ignorati studiosi hanno cercato di dimostrare. Solo da ben dimensionare.
Condizionare infatti il reddito di cittadinanza a prerequisiti personali economici e/o alla disponibilità ad accettare un lavoro congruo complica tutto. E costringe a diseconomie e sprechi per il necessario pesante apparato di controllo. Molto meglio assicurare tetto, cura , reddito monetario minimo per nutrirsi (400 euro?) a tutti, ricchi compresi, i quali di fatto lo pagheranno abbondantemente con patrimoniale e più intensa progressività.
P.S. Il lavoro di cittadinanza progressivamente sostituirà o meglio si integrerà al reddito di cittadinanza (unico reddito nelle future brevi fasi di non lavoro o passaggio da lavoro a lavoro) come fase di lavoro protetto ed accompagnato a formazione ed orientamento. Il pieno impiego produttivo sarà il segno del Socialismo raggiunto, dopo la fase di transizione accennata. Socialismo bussola per orientare un grande progetto di trasformazione, eguaglianza possibile e sicurezza.
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domenica 9 dicembre 2018
Dall'alto al basso, tornando al pregiudizio
Dopo un'ardita citazione di una citazione da Gramsci, scendo in basso. Ieri, con mia moglie, abbiamo scelto il solito bar per un aperitivo che di fatto è una cena low cost. Con 5 euro cadauno abbiamo mangiato pizzette, patatine fritte, pasta, polpettone, polpettine, wurstel, broccoli bianchi, broccoli verdi, piselli, spinaci; il tutto accompagnato da un prosecco. Al solito ci chiedevamo come faccia il gestore a sostenere quei prezzi e quella discreta qualità. "Guarda quanta roba piglia quel ragazzo! Quello che piglia deve costare più di 5 euro". In effetti quel ragazzo che era accompagnato da un amico tornava ripetutamente al buffet e riempiva sempre il piatto. Soprattutto di wurstel. E non capivo come potesse mangiare tutto quel pane. Poi, riuscendo -con mia convinta ammirazione - a non far cadere per terra quel cibo che straripava, tornava al suo tavolo che non vedevo perché dietro l'angolo. Ci aspettavamo che il gestore dicesse qualcosa come: "Hai ancora fame?". Invece niente. Siamo usciti. E allora ho riso di cuore di me stesso. Ancora una volta il pregiudizio mi aveva fregato. Il ragazzo era nel tavolo appartato, con l'amico. Ma anche con due ragazze. Le cose con cui riempiva svariati piatti erano almeno per tre (se non in parte per quattro): per lui, per le due ragazze e forse anche per l'amico che mi era apparso più misurato.
Gramsci (e la rivoluzione), invece che tirare sassate
Ieri, ad Ottoemezzo, ho sentito Alessandro De Angelis citare con pudore Antonio Gramsci. Voglio dire che si vergognava esplicitamente a citare cose da colti, se non da famigerati radical chic. Mi ha sollevato un po' perché mi sono ritrovato in quel Gramsci che invita a cogliere il nucleo di verità contenuto nelle visioni degli avversari. Perché se non lo si fa - mi pare volesse dire Gramsci (ed anche De Angelis) - l'alternativa è la cecità e il muro contro il muro che ci fa perdere intelligenza. Beh, credo di essermi ispirato a Gramsci, senza saperlo quando ho osato dire nel primo esempio che mi viene in testa che l'attacco di Giorgia Meloni a suo tempo ascoltata qui ad Ostia era fondato. Contestava la sinistra che nulla diceva e nulla faceva per combattere lo scandalo dei piccoli rom sottratti alla scuola per procurare reddito con i piccoli furti. Il mio consenso si fermava qui; altrimenti militerei in Fratelli d'Italia e starei con quelli che pestano le madri dei piccoli rom. In effetti la sinistra tace su questo e su altro ed è incapace di declinare un "sì, però". I piccoli rom rubano assai più dei piccoli italiani, però nessuno offre alternative in termini di alloggi e di integrazione. Neanche la sinistra che si accontenta di contestare il razzismo e che si appaga di questo. Insomma mi è venuta voglia di rileggere Gramsci. Intanto ho trovato qualcosa di Togliatti riguardo il Gramsci di De Angelis. Dove Togliatti dice di Gramsci: " Vi è però sempre la coscienza che la posizione avversaria, quando è degna di considerazione e non puro gioco di abilità avvocatesca, fa parte di una realtà assai più complessa di ciò che può risultare dagli argomenti e dalle parole, ed è allo studio di questa realtà che bisogna rivolgersi, per mettere a nudo la sostanza dei contrasti".
sabato 8 dicembre 2018
A proposito di diversità ed eguaglianza
Un piccolo episodio. Stamani nel percorso per andare al bar vicino casa vedevo da lontano persone che aggiravano un ostacolo. Avvicinandomi ho visto meglio. Aggiravano un ramo che ingombrava il marciapiede. Poi ho visto di spalle un uomo dalla pelle nera. Si è chinato per raccogliere il ramo che ha poi depositato nel bidone lì presso. Ho pensato che probabilmente, seguendo il branco, neanche io avrei rimosso quel ramo. Ho pensato che siamo diversi. Ho pensato ai pro e ai contro di ogni cultura. Ho pensato a quel che ogni cultura può apprendere da altre culture. Nessuna grande scoperta. Solo una piccola esperienza, interessante per la sua evidenza.
La sicurezza che Salvini non ci dà
Non nascondiamoci dietro un dito. Siamo seri e sinceri. In rapporto agli italiani gli immigrati che non si vogliono integrare rapinano e stuprano di più nelle periferie. Però gli italiani rubano assai di più nelle banche e negli appalti. Uccidono assai più con le costruzioni abusive vicine ai fiumi e con ponti mal costruiti e privi di manutenzione. Uccidono assai più ospitando 2.000 ragazzi in discoteche che dovrebbero ospitarne 1.000 o lanciando gas urticanti per ridere un po'. Stuprano di più entro le mura inviolabili delle sacre famiglie. Gli italiani si uccidono anche di più per farsi un selfie sulle rotaie al passaggio dei treni.
Non serve dire balle per sconfiggere i salviniani. Basta dire la verità.
Non serve dire balle per sconfiggere i salviniani. Basta dire la verità.
L'importanza di trovarsi un nemico
Salvini, a Piazza del Popolo, addirittura cita Martin Luther King e nessuno si indigna! E' accolto con amore da Roma ladrona. Può dire e fare di tutto. Se prima diceva "Prima il Nord" e poi "Prima gli italiani", domani potrebbe dire "Prima l'Europa" con lo stesso consenso. Il nemico necessario potrebbe essere la Cina, Putin, Trump. Perché no? Una Sinistra spregiudicata potrebbe cercare di conquistare il cuore di Salvini per realizzare ciò che i rossi non sono riusciti mai a realizzare.
giovedì 6 dicembre 2018
Il diritto di uccidere
Ieri in Tv su Raimovie ho recuperato "Il diritto di uccidere", del sudafricano Hood, che avevo perso nelle sale. Storia esemplare di un conflitto etico: "E' giusto sacrificare la vita di una bambina per evitare la morte probabile di decine di persone"? Se i missili degli angloamericani colpiranno un caseggiato che ospita i prossimi kamikaze una bambina lì vicino quasi certamente morrà. Divisi i militari, i politici ed anche i consulenti giuridici. Solo una forzatura del colonnello operativo (la bravissima Mirren) consentirà il lancio dei missili. A costo di falsificare i dati statistici sul rischio dei cosiddetti "effetti collaterali". Grande suspense. Film eccellente, fra quelli da proiettare nelle scuole per una educazione filosofica ed etica. Ma quante scuole l'avranno fatto?
mercoledì 5 dicembre 2018
Fra ragionevole pregiudizio e razzismo
E' capitato di recente che un amico ed un'amica mi abbiano contestato pregiudizi. Il fatto è che io denunciavo da me i miei pregiudizi. Per il semplice motivo che considero sia normale, anzi salutare, avere pregiudizi. Fino ad un certo punto. Treccani così definisce il pregiudizio: “Idea, opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore (è sinon., in questo sign., di preconcetto)”. Io direi che il pregiudizio è il risultato di esperienze o informazioni precedenti che ci fanno anticipare il giudizio su un evento. Infatti non siamo costretti ad aspettare che un albero produca nuovi frutti. Se quello che vediamo è un albero eguale a quello che abbiamo già visto produrre un determinato frutto, ci aspettiamo che questo faccia lo stesso. Qualche volta poi succede che produca frutti diversi perché ha subito un innesto. Allora ammetteremo l'errore. Ciò non toglie che la scommessa sul risultato sia ragionevole. Spesso l'assenza di pregiudizi comporta rischi e disastri. Immagino di dover camminare di notte in una strada buia di periferia. Vedo venire verso di me tre donne. Nessuna preoccupazione. Vado avanti. Vedo venire verso di me tre uomini. Come minimo mi tengo all'erta. Potrebbero essere tre balordi che tenteranno di scipparmi. Vedo venire verso di me tre neri. La mia ansia cresce. E' probabile che siano disperati che hanno ricevuto l'ordine di espulsione e che siano disposti a tutto. Del resto le statistiche ci dicono che il tasso di criminalità fra gli immigrati è più alto che fra i nativi. Non nei reati da colletti bianchi (corruzione, frode fiscale, etc.) , ma negli altri sì. Allora probabilmente cambio marciapiede. E' effetto del pregiudizio? Sì. E' sintomo di razzismo? Non necessariamente. Dimostrerò razzismo se incontrando quelle persone di giorno fra la gente e parlandomi loro di politica o di filosofia, non vedrò l'ora di andare via.
Come dice un personaggio interpretato da George Clooney in un film di cui non ricordo il titolo importante non è il giudizio che do di una persona incontrandola la prima volta (è bianco, è nero), ma il secondo giudizio che do di lei conoscendola. Insomma l'uomo “normale” ha un salutare grado di pregiudizio. Il razzista ha un grado patologico. Nessuna esperienza che contraddica il pregiudizio riuscirà a fargli cambiare visione del mondo. P.S. Perché questo post? Per suggerire di parlare ai nostri concittadini, partendo dai nostri comuni pregiudizi. Per essere credibili. Se invece ci interessa per nulla la pedagogia e ci interessa molto un capro espiatorio, allora dagli al razzista. A lui come a noi serve il capro espiatorio. Non ci interessa cambiare il mondo.
Come dice un personaggio interpretato da George Clooney in un film di cui non ricordo il titolo importante non è il giudizio che do di una persona incontrandola la prima volta (è bianco, è nero), ma il secondo giudizio che do di lei conoscendola. Insomma l'uomo “normale” ha un salutare grado di pregiudizio. Il razzista ha un grado patologico. Nessuna esperienza che contraddica il pregiudizio riuscirà a fargli cambiare visione del mondo. P.S. Perché questo post? Per suggerire di parlare ai nostri concittadini, partendo dai nostri comuni pregiudizi. Per essere credibili. Se invece ci interessa per nulla la pedagogia e ci interessa molto un capro espiatorio, allora dagli al razzista. A lui come a noi serve il capro espiatorio. Non ci interessa cambiare il mondo.
domenica 2 dicembre 2018
L'ospitalità del bel Paese
Altro incendio ed altro morto, un ragazzo diciottenne del Gambia, come due anni fa, ancora lì, a San Ferdinando in Calabria, quando a perdere la vita fu una ragazza nigeriana, nella tendopoli di immigrati, braccianti sottopagati in condizione di quasi schiavitù. Evidentemente condizione preferita al morire di guerra o di fame nei Paesi di provenienza oppure di torture nei lager libici voluti, subiti o promossi da Minniti - poco cambia-ed ereditati da Salvini. Lì morì mesi fa - ricordate?- un altro ragazzo immigrato, ucciso da un bianco perché raccoglieva lamiere abbandonate per farsi qualcosa di simile ad una capanna.
Se Dio ci fosse non perdonerebbe gli ipocriti che non vedono e non parlano. Non perdonerebbe neanche i "rivoluzionari" che si dividono fra chi vuole un partito comunista con la "i" e chi lo vuole senza "i". Il riferimento al Pci ed al Pc è del tutto intenzionale.
Se Dio ci fosse non perdonerebbe gli ipocriti che non vedono e non parlano. Non perdonerebbe neanche i "rivoluzionari" che si dividono fra chi vuole un partito comunista con la "i" e chi lo vuole senza "i". Il riferimento al Pci ed al Pc è del tutto intenzionale.
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I trasparenti e i misteriosi
Di fronte a me, sul trenino, un ragazzo fra due ragazze. Sono studenti di un liceo scientifico di Ostia. Lui è vivace e parla e spiega questo e quello. Le ragazze ascoltano. Lui è palesemente femmineo nella mimica e nella gestualità. Mi sembra molto contento di sé e vanta i suoi voti, cosa che di norma i maschi non fanno per non apparire “sgobboni”. Sono contento della sua contentezza. Sono certo che non deve aver subito bullismi. Meno male. Spero che la sua sicurezza possa durare anche quando la grande notte scenderà sul Paese. Poi lui racconta di aver fumato per la prima volta una canna. E lì le ragazze diventano d'improvviso assai più attente e curiose. “Cosa hai provato?”. “Niente. Gli altri si agitavano. Io niente di niente”. Guardo loro che mi appaiono trasparenti. Intanto guardo anche una giovane musulmana. Ha il velo e si alza spesso per fotografare il paesaggio. E' il paesaggio fra Ostia e l'Eur, campagne intervallate da insediamenti urbani dove vive chi non può pagarsi una casa a Roma-Roma. Cosa avrà mai da fotografare? Perché fotografa quel nulla? Si siede solo quando la vegetazione alta nasconde il paesaggio. Non sarà una spia? Una terrorista? Balle. Non può. E' troppo serena. Magari vuole trasmettere i filmati a genitori lontani per mostrare il contesto territoriale in cui vive. No, non mi sembra ragionevole o probabile. Forse una geometra o ingegnere che fa una prima ricognizione sul territorio su cui imprenditori arabi vogliono edificare qualcosa. Una moschea? Non lo saprò mai. In quasi mezz'ora mi sembra di avere appreso tutto – diciamo – del ragazzo femmineo e delle ragazze con lui e nulla, proprio, nulla, dell'araba misteriosa.
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