Ottimo Maurizio Landini da Gruber. Non posso condividere la sua difesa dei provvedimenti salva-Ilva, ribadita anche stasera. Importante però che abbia sottolineato il suo interesse alla riforma dello Statuto dei lavoratori, aprendo alla tutela di lavoratori non dipendenti, quali le partite Iva. Penso che come leader della sinistra si emanciperebbe dai limiti propri dell'ottica difensiva inevitabile nel sindacato.
giovedì 28 febbraio 2019
Oltre il No, un'altra visione
Penso che fra i guasti maggiori del renzismo, come del salvinismo o del grillismo, ci sia questo: essere indotti a giocare di rimessa, cioè limitarsi a dire No, restando nell'agenda che essi propongono. Un progetto socialista però non è banalmente il contrario del renzismo: è un'altra cosa. Possiamo dire che vivevamo tempi felici prima di Renzi? Bastava dire no al Jobs act e al referendum? A me non piaceva per nulla un Paese in cui c'era sì più occupazione stabile, ma insieme all'assenza di protezione per precari e disoccupati. Se devo immaginare un Paese migliore e diverso, non immagino mio nipote arroccato in un qualsiasi lavoro e posto da difendere con i denti. Non lo immagino a timbrare per una vita gli stessi documenti o ad insegnare la stessa storia. Lo immagino crescere professionalmente, meritare nuove responsabilità, trovare nuovi interessi, cambiare lavoro. Lo immagino parte di una società interessata a non sprecarlo, interessata a non sprecare nessuno. Non immagino neanche uno Stato che lo inciti ad andare al più presto in pensione per liberare il suo posto di lavoro. Immagino invece uno Stato Socialista in cui si cerca sempre la giusta negoziazione dei bisogni personali e di quelli collettivi. Immagino uno Stato Socialista che riscopre l'austerità nell'accezione anticonsumistica di Berlinguer. Niente a che vedere né con Renzi né con l'antirenzismo, né con Salvini né con l'antisalvinismo. Un'altra visione.
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mercoledì 27 febbraio 2019
Quali priorità?
Permane la mia sensazione che l'opposizione scelga male le sue priorità. Ad esempio subisce il dominio assoluto del governo sulla Tv pubblica ed anche privata. Tv in cui si concede sì qualche spazio al Pd ed anche qualcosina ai Bersani. Ma in Tv non ascoltiamo la voce dei "minori": Radicali, Potere al Popolo, Pci, Pc, Rifondazione, etc. Ieri ho ascoltato in prima serata Borgonzoni (Lega), Bersani, Boschi. Solo sul fare della notte, mentre mi apprestavo ad andare a letto, ho sentito qualche parola di Viola Garofalo (Potere al Popolo) in un tavolo con tanti altri. Insomma, pluralismo di facciata ed ipocrita. Va bene così? Io penso che al contrario i minori debbano avere una presenza ben oltre il loro peso elettorale. Anche per compensare la forza dei maggiori e dell'esistente. Richiesta impossibile ad essere ascoltata? Sì, ma serve ribadirne l'esigenza al fine della costruzione di un nuovo senso comune. Come per la fine dei premi di maggioranza e degli sbarramenti liberticidi. A tempo perso cerchiamo di riavvolgere il nastro a prima di Craxi -Berlusconi e poi verso l'appropriazione collettiva dei media e della rete. Missione Impossible, ma necessaria.
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domenica 24 febbraio 2019
Il ministro sceglie i suoi condannati del cuore
Sarebbe stato impensabile ancora pochi mesi fa. Ma ci abituiamo a tutto. Non ci accorgiamo nemmeno del grande ritorno indietro. Un ministro dell'Interno che fa visita di solidarietà, con codazzo di giornalisti, a due condannati per avere sparato ad un ladro in fuga (anch'egli giustamente condannato) è eversione dell'ordine democratico. Possono esserci dubbi? Qualcuno starà già consigliando un serial killer: "Se proprio ti piace tanto ammazzare scegli bene i tuoi bersagli. Spara ai ladri in fuga e spara ai neri. Qualcuno provvederà a te. Il ministro dell'Interno ti porterà i pasticcini in prigione e, dopo aver insultato i giudici che non sono eletti dal popolo, organizzerà la tua fuga o semplicemente farà irruzione in carcere, debitamente in divisa e alla guida di una squadra di poliziotti e ti libererà. Spara pure.".
Le otto domande del marziano
1. In cambio di cosa state distruggendo il vostro pianeta?
2. Perché pagate tanti cittadini per non fare niente se avete tante cose da fare?
3. Come avete calcolato che un uomo debba valere un milione di volte più di un altro?
4. Come avete deciso che le donne e i neri valgano meno degli uomini e dei bianchi?
5. Perché lasciate a metà le opere che fate? E perché costruite ancora case, avendo tante case inutilizzate?
6. Perché preferite e volete al governo chi non usa il congiuntivo?
7. Perché vi sentite tanto più forti quanto più odiate?
8. Perché non vi interessa nulla dei vostri nipoti e di quelli che verranno?
2. Perché pagate tanti cittadini per non fare niente se avete tante cose da fare?
3. Come avete calcolato che un uomo debba valere un milione di volte più di un altro?
4. Come avete deciso che le donne e i neri valgano meno degli uomini e dei bianchi?
5. Perché lasciate a metà le opere che fate? E perché costruite ancora case, avendo tante case inutilizzate?
6. Perché preferite e volete al governo chi non usa il congiuntivo?
7. Perché vi sentite tanto più forti quanto più odiate?
8. Perché non vi interessa nulla dei vostri nipoti e di quelli che verranno?
sabato 23 febbraio 2019
La paranza dei bambini: il film che atterrisce
E' il film più terrificante che abbia visto, a mia memoria. Non ho ancora letto il libro di Saviano, ma non credo che il film possa esservi inferiore per qualità. Ottima sceneggiatura (con lo stesso Saviano), efficace e nitida, regia inappuntabile e senza fronzoli di Giovannesi, adolescenti interpreti assolutamente credibili, a partire da Francesco Di Napoli, quindicenne interprete di Nicola, alla sua prima prova, come gli altri, affrontata con la verosimiglianza che è possibile solo a taluni attori presi dalla strada -da una pasticceria nel caso di Francesco- oppure ai grandi attori.
La storia è quella della discesa agli inferi di ragazzi di un quartiere di Napoli. Uno fra i tanti quartieri "pittoreschi": che oggi significa senza legge e senza Stato. Il regista non lo sottolinea affatto, ma nella storia spicca l'assenza di divise. Non esiste polizia né si scorgono vigili urbani. I protagonisti, come tutti, vanno in motoretta per Napoli in tre e naturalmente senza casco. Viene da pensare che questa storia nasca da tale assenza di regole e di Stato, compresa l'assenza di scuola, che pur sappiamo presente qua e là con esempi mirabili di rischioso impegno. Anch'essa – la scuola - invisibile nel film e mai nominata, neanche indirettamente, dai protagonisti, dotati di una lucida e precoce intelligenza del mondo. Chiamo "intelligenza" la capacità di selezionare ciò che davvero li riguarda. Non li riguarda studiare italiano e latino. A loro basta l'espressivo dialetto ed una mimica efficace. Non li riguarda prepararsi ad un lavoro e ad una carriera di cui non hanno visto esempi nel quartiere. Quei ragazzi hanno intuito che quelle cose nascono da reti da cui saranno sempre esclusi. Apprendono pure che possono procurarsi scarpe e abiti griffati, subito e facilmente, semplicemente con metodi alternativi: il coraggio di rischiare la vita, fare gruppo, spaventare, costruire alleanze. Non sono rivoluzionari per niente. Vogliono le stesse cose che vuole la ricca borghesia. Frequentare i suoi locali, bere champagne, sniffare cocaina. Anche innamorarsi, perché no? La tenerezza di Nicola, boss adolescente, verso la sua ragazza è eguale a quella dei ragazzi "bene". Mentre è maggiore che nei ragazzi borghesi, che prendono e non possono dare, l'amore per la madre, da onorare, proteggere e riempire di doni costosi e inattesi. Poi c'è anche una graduatoria dei valori camorristici per cui il boss più grande è quello che può essere generoso e regalare al suo quartiere l'esenzione dal pizzo. Il film non giudica. Registra. Atterrisce. Perché ci mostra che non c'è scampo. Non può esserci. Ci sarebbe solo se gli adulti non facessero inutili prediche, ma indicassero progetti di vita diversi e davvero praticabili. Se potessero mostrare che è possibile essere apprezzati, remunerati, riconosciuti coltivando il talento per servire la comunità. Che non ci sono favori o handicap e che nessuno è perduto in partenza. Ma gli adulti oggi non possono promettere questo. Perciò la speranza è pari a zero, a Napoli ed anche nel Paese. La storia si conclude, anzi non si conclude affatto, come suggerisce la fine istantanea del film, con l'emergere di una generazione successiva a quella dei protagonisti ragazzi. Si affaccia – e non ce lo aspettiamo- la generazione dei fratelli minori, dei bambini.
Guardo la sala perché ho un pensiero "scorretto". Stimo Saviano e soprattutto disistimo assolutamente i suoi detrattori. Nondimeno non posso impedirmi un sospetto: se i convincenti protagonisti non rischino di affascinare gli spettatori giovanissimi. Non il pubblico in sala, di ceto medio democratico. Ma gli altri? Saviano ci ha più volte risposto che no, che la verità non può nuocere, in questo caso come per Gomorra. Io tento di rassicurarmi pensando che i giovanissimi non vanno al cinema, se non per film di eroi con armature improbabili e maschere. Questo film, come Gomorra, però, lo vedranno in Tv o sui tablet. Non ci sarà nessuno a confrontarsi con loro. Potrebbero/dovrebbero vederlo a scuola, con insegnanti capaci di ascoltare e di mettere le mani nei fantasmi che agitano le fantasie dei nostri adolescenti. In qualche caso avverrà. Ma la selezione e valorizzazione di veri insegnanti, presidio di cultura e legalità, non è una nostra priorità, non è una priorità della politica. Poiché non lo è, il film mi ha atterrito.
La storia è quella della discesa agli inferi di ragazzi di un quartiere di Napoli. Uno fra i tanti quartieri "pittoreschi": che oggi significa senza legge e senza Stato. Il regista non lo sottolinea affatto, ma nella storia spicca l'assenza di divise. Non esiste polizia né si scorgono vigili urbani. I protagonisti, come tutti, vanno in motoretta per Napoli in tre e naturalmente senza casco. Viene da pensare che questa storia nasca da tale assenza di regole e di Stato, compresa l'assenza di scuola, che pur sappiamo presente qua e là con esempi mirabili di rischioso impegno. Anch'essa – la scuola - invisibile nel film e mai nominata, neanche indirettamente, dai protagonisti, dotati di una lucida e precoce intelligenza del mondo. Chiamo "intelligenza" la capacità di selezionare ciò che davvero li riguarda. Non li riguarda studiare italiano e latino. A loro basta l'espressivo dialetto ed una mimica efficace. Non li riguarda prepararsi ad un lavoro e ad una carriera di cui non hanno visto esempi nel quartiere. Quei ragazzi hanno intuito che quelle cose nascono da reti da cui saranno sempre esclusi. Apprendono pure che possono procurarsi scarpe e abiti griffati, subito e facilmente, semplicemente con metodi alternativi: il coraggio di rischiare la vita, fare gruppo, spaventare, costruire alleanze. Non sono rivoluzionari per niente. Vogliono le stesse cose che vuole la ricca borghesia. Frequentare i suoi locali, bere champagne, sniffare cocaina. Anche innamorarsi, perché no? La tenerezza di Nicola, boss adolescente, verso la sua ragazza è eguale a quella dei ragazzi "bene". Mentre è maggiore che nei ragazzi borghesi, che prendono e non possono dare, l'amore per la madre, da onorare, proteggere e riempire di doni costosi e inattesi. Poi c'è anche una graduatoria dei valori camorristici per cui il boss più grande è quello che può essere generoso e regalare al suo quartiere l'esenzione dal pizzo. Il film non giudica. Registra. Atterrisce. Perché ci mostra che non c'è scampo. Non può esserci. Ci sarebbe solo se gli adulti non facessero inutili prediche, ma indicassero progetti di vita diversi e davvero praticabili. Se potessero mostrare che è possibile essere apprezzati, remunerati, riconosciuti coltivando il talento per servire la comunità. Che non ci sono favori o handicap e che nessuno è perduto in partenza. Ma gli adulti oggi non possono promettere questo. Perciò la speranza è pari a zero, a Napoli ed anche nel Paese. La storia si conclude, anzi non si conclude affatto, come suggerisce la fine istantanea del film, con l'emergere di una generazione successiva a quella dei protagonisti ragazzi. Si affaccia – e non ce lo aspettiamo- la generazione dei fratelli minori, dei bambini.
Guardo la sala perché ho un pensiero "scorretto". Stimo Saviano e soprattutto disistimo assolutamente i suoi detrattori. Nondimeno non posso impedirmi un sospetto: se i convincenti protagonisti non rischino di affascinare gli spettatori giovanissimi. Non il pubblico in sala, di ceto medio democratico. Ma gli altri? Saviano ci ha più volte risposto che no, che la verità non può nuocere, in questo caso come per Gomorra. Io tento di rassicurarmi pensando che i giovanissimi non vanno al cinema, se non per film di eroi con armature improbabili e maschere. Questo film, come Gomorra, però, lo vedranno in Tv o sui tablet. Non ci sarà nessuno a confrontarsi con loro. Potrebbero/dovrebbero vederlo a scuola, con insegnanti capaci di ascoltare e di mettere le mani nei fantasmi che agitano le fantasie dei nostri adolescenti. In qualche caso avverrà. Ma la selezione e valorizzazione di veri insegnanti, presidio di cultura e legalità, non è una nostra priorità, non è una priorità della politica. Poiché non lo è, il film mi ha atterrito.
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venerdì 22 febbraio 2019
Introduzione al fascismo: la profezia che si auto-avvera
La prima notizia (per nulla sorprendente) è che oltre il 59% degli italiani approvano il comportamento di Salvini che avrebbe tutelato l'interesse nazionale anche a costo di sequestrare dei disgraziati.
La seconda notizia che vi do è che il blocco gialloverde si prepara con grande maestria al disastro economico (e non solo economico) incombente. Ho notato che sempre meno si osa affermare che ci aspetta un nuovo miracolo economico. La trovata vincente, sempre più ribadita, è questa: la profezia che si auto-avvera.Ovvero, il complotto perfido dell'Europa, anzi del mondo intero (Ocse, agenzie di rating, Bce, etc. etc.), insieme all'antipatriottismo della sciagurata opposizione, che insieme prevedono il disastro, possono determinare ciò che prevedono, seminando sfiducia, blocco degli investimenti, etc. etc. Quindi, se si potesse zittire critica ed opposizione, si salverebbe l'Italia. E allora perché non farlo? Ricetta propagandistica antica, ben sperimentata e assolutamente vincente. Tanto più presso un popolo culturalmente sempre più sfibrato. Allacciamo le cinture.
La seconda notizia che vi do è che il blocco gialloverde si prepara con grande maestria al disastro economico (e non solo economico) incombente. Ho notato che sempre meno si osa affermare che ci aspetta un nuovo miracolo economico. La trovata vincente, sempre più ribadita, è questa: la profezia che si auto-avvera.Ovvero, il complotto perfido dell'Europa, anzi del mondo intero (Ocse, agenzie di rating, Bce, etc. etc.), insieme all'antipatriottismo della sciagurata opposizione, che insieme prevedono il disastro, possono determinare ciò che prevedono, seminando sfiducia, blocco degli investimenti, etc. etc. Quindi, se si potesse zittire critica ed opposizione, si salverebbe l'Italia. E allora perché non farlo? Ricetta propagandistica antica, ben sperimentata e assolutamente vincente. Tanto più presso un popolo culturalmente sempre più sfibrato. Allacciamo le cinture.
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giovedì 21 febbraio 2019
Il corriere, ovvero la vecchiaia amorale di Eastwood
Un raro esempio di uomo di destra amato dalla sinistra, Clint Eastwood. Perchè? Vedendo "Il corriere", sua ultima opera di regista ed attore sono tornato a chiedermelo. Mi pongo domande solo dopo aver visto il film. Cioè lasciando intatta la priorità dell'emozione e dell'empatia che non possono essere contraddette, solo spiegate. Emozione ed empatia che ancora una volta ci sono state. Come, soprattutto per "One mllion dollar baby" e " Gran Torino" . Lui, Earl nel film, (Eastwood in realtà ha "solo" 88 anni) è un novantenne reduce della guerra di Corea, floricoltore appassionato, amante del buon cibo e delle chiacchiere con amici. Il tema centrale è la vecchiaia. La vecchiaia che è conservatrice, che non consente di mettere troppo in discussione se stessi o il mondo. Perché non c'è tempo per voltarsi altrove o ricominciare daccapo. C'è tempo solo per operare calcoli su piaceri sostenibili e no. Mettendo in conto anche di darsi la morte. Questa è la vecchiaia e questa è soprattutto la vecchiaia del personaggio di Eastwood. E' un calcolo istintivo quello che a Earl ha fatto escludere la famiglia dalla sfera dei propri interessi e piaceri. Perché non si possono amare troppe cose insieme. Infatti lui ha divorziato dalla moglie e dimenticato perfino il matrimonio della figlia. perché troppo impegnato con fiori ed amici. Quando il commercio di fiori entra in crisi, accetta senza problemi di fare il corriere della droga. Dapprima inconsapevolmente. Poi consapevolmente e senza remora alcuna. Con il denaro guadagnato risponde ai bisogni suoi (elementari) e a quelli degli amici in una contraddittoria filantropia, contraddittoria almeno per i progressisti i quali si chiederebbero come si possa essere filantropici e insieme indifferenti alle sofferenze e alla morte che un corriere della droga concorre ad alimentare. La politica ovvero il calcolo delle conseguenze lontane delle proprie azioni è assente qui e in tutti i film di Eastwood che io ricordi. C'è il suo opposto invece. C'è l'epicureismo del "vivi nascosto" dai grandi impegni della politica, nel recinto del giardino, con amici sperimentati, l'epicureismo dei piaceri frugali (il più buono arrosto di suino per il quale Earl mette a rischio il percorso della droga). C'è in aggiunta l'indisponibilità ad accettare nuovi linguaggi e nuovi saperi: la stizza verso gli alienati del cellulare, le spallucce verso i neri politicamente corretti che lo correggono perché lui li ha chiamati "negri". C'è infine la capacità di piegarsi senza spezzarsi e di trovare comunque uno spazio di felicità possibile anche in prigione. Alla fine, forse discutibilmente, Earl recupera la famiglia fra i suoi interessi e valori. Probabilmente affinché il manifesto intelligentemente conservatore del film sia meglio condiviso.
mercoledì 20 febbraio 2019
L'economia magica
Mi considero persona tendenzialmente problematica e modesta. E anche di limitata cultura. Ho più da apprendere dagli altri che non da insegnare. Però talvolta no. Stamani ho seguito pezzi di Omnibus, facendo colazione. Ed avevo la convinzione assoluta che giornalisti, politici ed economisti (almeno quelli filogovernativi che ho ascoltato) cercassero di convincere se stessi sulla fondatezza delle balle che raccontavano. Al solito l'economia raccontata mi appariva una sovrasrtuttura fantastica rispetto alle ragioni semplici dell'economia reale. Per la loro economia magica il reddito di cittadinanza avrebbe il grande pregio di accrescere la domanda di beni e quindi la produzione e quindi l'occupazione. Argomento identico a quello degli 80 euro di Renzi, pur avversario conclamato dei 5Stelle. Io ho sempre pensato (per assurdo) che lo stesso effetto presunto avrebbe lanciare banconote sulle piazze italiane. Con le banconote donate qualcuno andrebbe in pizzeria, qualcuno comprerebbe un nuovo tablet, qualcuno magari comprerebbe una pistola per assassinare la suocera, i più fortunati andrebbero in vacanza. Fantastici effetti su imprese e lavoro.
Poi argomento simile veniva sviluppato riguardo quota 100. Che libererebbe posti di lavoro e quindi aggiungerebbe alla domanda dei nuovi pensionati quella dei presunti nuovi occupati.
L'economia insomma viene percepita come un mostro alieno da blandire con magici sortilegi. In tale prospettiva anche lo spreco delle risorse umane appare salvifico. Io oppongo l'argomento semplice ed opposto che il lavoro produce ricchezza. Quindi più sono gli impiegati in lavori veri più siamo ricchi. E questo è semplice da realizzare, fino alla piena occupazione, se semplicemente chiamiamo ogni persona abile ad impiegarsi a soddisfare bisogni veri fra gli infiniti bisogni del Paese. Assurdo quindi incentivare pensionamenti o divani per persone abili. Purtroppo l'economia magica cui si finge di credere dice il contrario. Avanti tutta quindi verso l'impoverimento collettivo.
Poi argomento simile veniva sviluppato riguardo quota 100. Che libererebbe posti di lavoro e quindi aggiungerebbe alla domanda dei nuovi pensionati quella dei presunti nuovi occupati.
L'economia insomma viene percepita come un mostro alieno da blandire con magici sortilegi. In tale prospettiva anche lo spreco delle risorse umane appare salvifico. Io oppongo l'argomento semplice ed opposto che il lavoro produce ricchezza. Quindi più sono gli impiegati in lavori veri più siamo ricchi. E questo è semplice da realizzare, fino alla piena occupazione, se semplicemente chiamiamo ogni persona abile ad impiegarsi a soddisfare bisogni veri fra gli infiniti bisogni del Paese. Assurdo quindi incentivare pensionamenti o divani per persone abili. Purtroppo l'economia magica cui si finge di credere dice il contrario. Avanti tutta quindi verso l'impoverimento collettivo.
martedì 19 febbraio 2019
La democrazia per il popolo bambino
Nel quesito posto nella piattaforma Rousseau si chiedeva "se il ritardo dello sbarco dei migranti dalla nave Diciotti sia stato deciso per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo".
Lo confronto col testo del referendum costituzionale promosso da Renzi col quesito:
"Approvate il testo della legge costituzionale concernente "disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione", approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?»
Lo confronto col testo del referendum costituzionale promosso da Renzi col quesito:
"Approvate il testo della legge costituzionale concernente "disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione", approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?»
Qualcuno può pensare che chi ha redatto l'uno e l'altro quesito fosse neutrale? Si dimostra invece che in ogni referendum c'è il rischio che di fatto decida chi ha il potere di porre una domanda e non già chi risponde. Chi potrebbe condannare un ministro che ha difeso l'interesse pubblico al costo di "ritardare" un po' lo sbarco di disperati? E chi potrebbe rifiutare la riduzione dei costi della politica, se ciò avviene senza alcun prezzo dichiarato? In entrambi i casi citati questo è accaduto nella dimensione del ridicolo.
E nel secondo caso solo la straordinaria antipatia di Renzi ha prodotto un No, pur con il 40% di Sì. Con un Letta o un Gentiloni, i Sì avrebbero prevalso.
E nel secondo caso solo la straordinaria antipatia di Renzi ha prodotto un No, pur con il 40% di Sì. Con un Letta o un Gentiloni, i Sì avrebbero prevalso.
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domenica 17 febbraio 2019
La falsa coscienza spiegata al mio nipotino
Immaginiamo che per un momento nella mente di un Salvini. o di chiunque domani sia sulla cresta dell'onda, faccia irruzione un pensiero nuovo, come una rivelazione, magari annunciato da una Madonna (cui lui crede, dicono). Che quel pensiero gli riveli che il suo successo è frutto di favole o balle. Che hanno ragione i suoi avversari, Saviano, Fazio, Strada, il giudice che lo incrimina, etc. Cosa farebbe Salvini? Accoglierebbe, forse fra atroci sofferenze, la rivelazione? Oppure ci sarebbe in lui una resistenza, un rifiuto, che lo costringerebbe a respingere con ogni mezzo la minaccia alla sua storia e alla sua identità? Succederebbe la seconda cosa. Crederebbe che il diavolo abbia preso le vesti della Madonna per ingannarlo. Succederebbe a lui come forse sarà successo prima a Minniti, ad esempio, che è riuscito miracolosamente a credere che respingere i migranti in Libia abbia salvato, oltre l'Italia, gli stessi migranti. Succederebbe a lui come ad ognuno di noi al suo posto. Insomma, per ingannare un popolo bisogna prima auto-ingannarsi. Questo rende una ideologia, come falsa coscienza, tanto più potente di una semplice consapevole bugia.
giovedì 14 febbraio 2019
La scoperta della laurea
Di Maio ora scopre la laurea (e l'inglese) come titolo privilegiato per candidarsi alle europee. E parla di "supercompetenti". E' una grande virata. Non escludo che dentro di sé si sia reso conto della propria ignoranza (la democrazia millenaria francese e tanto altro) e di quella dei suoi (Teresa Manzo: ergo cogito sum). In linea di massima sono errori che di per sé non inficiano l'attitudine a fare politica. Sono piuttosto indizi che fanno sospettare che la mente non sia attrezzata neanche a capire le ragioni del fiscal compact o cosa sia l'economia della domanda e quella dell'offerta. Fanno pensare anche, vista l'irresistibile ascesa di Di Maio, che debba esistere una metacompetenza per emergere in politica e conquistare consenso, anche da idiot savant (cioè da persona che abbia una spiccata competenza pur nella complessiva incompetenza).
Certamente la laurea non garantisce nulla oggi e nemmeno la mancanza di laurea significa troppo. Vedi i diversissimi Di Vittorio e D'Alema (i primi che mi vengono in mente) in questo simili, come brillanti non laureati.
La virata discutibile di Di Maio sarebbe comunque un'ottima occasione per porre mente al tema del rapporto fra istruzione formale e competenze reali. E per modificare in profondità il nostro sistema formativo. Ma è un tema poco affascinante. Le riforme che farebbero crescere davvero l'Italia non premiano chi le propone.
Certamente la laurea non garantisce nulla oggi e nemmeno la mancanza di laurea significa troppo. Vedi i diversissimi Di Vittorio e D'Alema (i primi che mi vengono in mente) in questo simili, come brillanti non laureati.
La virata discutibile di Di Maio sarebbe comunque un'ottima occasione per porre mente al tema del rapporto fra istruzione formale e competenze reali. E per modificare in profondità il nostro sistema formativo. Ma è un tema poco affascinante. Le riforme che farebbero crescere davvero l'Italia non premiano chi le propone.
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martedì 12 febbraio 2019
Diversi nella voce: e allora?
Di Sanremo mi resta poco di musica e qualcosa di “filosofico”. Della filosofia inconsapevole e implicita nei conflitti più minuti. Ho appuntato il conflitto fra Francesco Renga e il resto (quasi) del mondo. Renga che spiega la debacle femminile sia nel numero di presenze che nell'assenza totale sul podio. La spiega dicendo che la voce maschile ha una gradevolezza superiore di quella femminile, tranne casi particolari. Insorgono le donne, cantanti e no. E citano Mina e tante altre. Io, da incompetente, grossolanamente sarei contro Renga. Ma non è questo il punto. Infatti ammiro il coraggio di Renga. “Coraggio” perché oggi appare arduo ovvero politicamente scorretto dire che la donna è inferiore in qualcosa all'uomo. Il contrario invece appare corretto e benedetto. Possiamo dire (e io lo dico) che le donne sono insegnanti migliori, politici migliori, etc. sebbene discriminate. Nessuno insorgerà scandalizzato. A me pare che un tale atteggiamento di “discriminazione positiva” riguardo le donne sia un malsano effetto del senso di colpa maschile. Che, consapevolmente o no, risarcisce a parole l'altra metà del cielo, conservando poi, e di fatto, difendendo ineguaglianze intollerabili. Vorrei sentirmi libero di pensare e dire che le donne in auto hanno maggiore difficoltà a dare la precedenza ai pedoni sulle strisce perché – ipotizzo- detestano fermarsi e ripartire. Sono consapevole che può trattarsi di una mia distorsione percettiva o di un pregiudizio. Mi piacerebbe però sentirmi libero come Renga. Davvero non so infine se il mondo cresca solo nell'eguaglianza indiscriminata di uomini e donne o piuttosto anche in una ragionevole complementarità di persone e talvolta un po' di sessi: tu cantante, io pittore; tu scrittrice, io filosofo; tu dotata di intelligenza emotiva (per “sentire” le persone), io dotato di intelligenza spaziale (per guidare l'auto).
domenica 10 febbraio 2019
La Ragione che tace
Della manifestazione, sindacale e non solo sindacale, di Roma non mi è piaciuto uno striscione della Uil:
No Tav, No Tiv, No Tap = No Lav.
Cioè non c'è lavoro senza le grandi opere. E' carino, sintetico ed efficace. Però...Sarà piaciuto agli industriali per una volta in corteo insieme ai sindacati contro questo pessimo e confusionario governo. A me per niente. Per gli imprenditori e per un sindacato disperatamente in difesa può andar bene. Io temo però che la cultura contenuta in quello striscione possa preparare il peggio. Domani si potrà dire "abbattiamo la Torre di Pisa ed anche il Colosseo; avremo 50.000 posti di lavoro". E dopodomani si dirà "facciamo guerra alla Francia; avremo milioni di posti di lavoro nelle fabbriche di armi, negli ospedali, nelle agenzie funebri". La logica distruttiva del capitalismo e del Pil in ascesa coi disastri che danno lavoro rischia di affermarsi sempre più. La logica dell'economia reale dice invece che i bisogni umani sono infiniti, che il lavoro necessario per realizzare ciò che serve davvero - buon cibo, istruzione permanente, prevenzione sociale e sanitaria - è infinito. E la disoccupazione è solo l'effetto perverso e irrazionale del mercato. Ma la Ragione oggi tace.
No Tav, No Tiv, No Tap = No Lav.
Cioè non c'è lavoro senza le grandi opere. E' carino, sintetico ed efficace. Però...Sarà piaciuto agli industriali per una volta in corteo insieme ai sindacati contro questo pessimo e confusionario governo. A me per niente. Per gli imprenditori e per un sindacato disperatamente in difesa può andar bene. Io temo però che la cultura contenuta in quello striscione possa preparare il peggio. Domani si potrà dire "abbattiamo la Torre di Pisa ed anche il Colosseo; avremo 50.000 posti di lavoro". E dopodomani si dirà "facciamo guerra alla Francia; avremo milioni di posti di lavoro nelle fabbriche di armi, negli ospedali, nelle agenzie funebri". La logica distruttiva del capitalismo e del Pil in ascesa coi disastri che danno lavoro rischia di affermarsi sempre più. La logica dell'economia reale dice invece che i bisogni umani sono infiniti, che il lavoro necessario per realizzare ciò che serve davvero - buon cibo, istruzione permanente, prevenzione sociale e sanitaria - è infinito. E la disoccupazione è solo l'effetto perverso e irrazionale del mercato. Ma la Ragione oggi tace.
sabato 9 febbraio 2019
Il lavoro più facile
Lascio ai docenti meridionali la giusta indignazione contro il ministro che dovrebbe governare l'istruzione nazionale. "Dovrebbe". Io formulo solo un pensierino di contorno. Il lavoro di ministro in Italia è il lavoro più facile pensabile. Può fare a meno di perdere tempo a cercare risorse, ad ottimizzare l'esistente, ad immaginare rivoluzioni. Basta dire: "Dovete impegnarvi"!. Anche a quelli che nel Sud sono l'avamposto contro degrado e criminalità. "Impegnatevi"! Sottinteso: "Non impegnatemi"! Nient'altro. La visita è finita.
La tragica efficienza
Sento che I migranti arrivati in Italia sono diminuiti del 97% (non so in quale lasso di tempo). Risultato straordinario certamente. Come diceva giorni fa l'imprenditore Alberto Forchielli i provvedimenti di Salvini dimostrano una "tragica efficienza". Mi piace molto questa affermazione. E' corretta e ci lascia liberi di scegliere fra efficienza ed umanità. Ammettendo per un momento che "efficienza" debba avere per forza il colore della ferocia, salviniana o quella degli efficientissimi lager nazisti. E sapendo invece che esiste anche un'efficienza di segno diverso, fatta di buone pratiche di accoglienza. Soprattutto per chi, come me, si chiede cosa ne sia di quelli invisibili che arrivano in barchette qui da noi o ancor più in Spagna e Grecia o di chi è fermato in Libia o di chi resta nel Paese da cui vorrebbe fuggire. Efficienza può essere una parola utile e spendibile in varie direzioni. Esisterebbe, divagando, l'efficienza (non praticata) nel fare incontrare totalmente domanda ed offerta di lavoro, con lo Stato datore di lavoro di ultima istanza. Intanto manifesto gioa, apprendendo che Francesco, incontrando i sindaci accoglienti di Barcellona e Madrid insieme al rappresentante della Ong Open Arms indica la sua direzione di efficienza e ribadisce la sua scelta di campo. Lunga vita all'ultimo leader della Sinistra!
giovedì 7 febbraio 2019
Maurizio, Baglioni e Venditti
Maurizio, sul palco di SanRemo stasera c'erano insieme Baglioni e Venditti. I due cantautori che tanto tempo fa ci facevano litigare. Per la verità eri tu a litigare con il tuo fratello maggiore perché io osavo preferire Venditti a Baglioni. Mi emozionava (e ancora mi emoziona) soprattutto "Notte prima degli esami" che Venditti ha cantato stasera, accompagnato da Baglioni. Eri tu a litigare forse perché eri 14 anni più giovane di me ed io già allora ero troppo vecchio per litigare. Mi sono chiesto se avremmo litigato ancora stasera.
mercoledì 6 febbraio 2019
Green Book: il razzismo che non muore
Sono sempre più convinto che il cinema possa essere oggi fra gli antidoti più efficaci all'involuzione del tempo che viviamo. Più popolare e quindi più efficace della carta stampata. Nonché con insidie assai minori di quelli presenti nell'anarchica rete. Anche il film che ho visto ieri lo conferma. Parlo di Green Book di Peter Farrelly.
Il Libro Verde, nel 1962, anno in cui si sviluppa la storia peraltro autentica, era allora una guida essenziale per la gente di colore che viaggiasse per gli Usa, soprattutto negli Stati segrazionisti del Sud dove l'apartheid permaneva malgrado la Corte Suprema, malgrado Kennedy e malgrado il potere federale. Succede che un talentuoso e ricco pianista nero acquisisca i servizi di autista e un po' tuttofare di un italo (siculo)- americano per una tourné che lo porterà giù giù verso il profondo Sud. Lì, lui, l'autista e noi spettatori finiremo coinvolti nelle contraddizioni di quei tempi e di quei luoghi.
Contraddizioni ben oltre il facile schema del privilegio classista. Perché il film dimostra che classe e privilegio, classe e colore, vanno talvolta in corto circuito. Il pianista ha laute retribuzioni e calorose accoglienze. Però il suo autista bianco può partecipare ai pranzi dei bianchi e condividerne i servizi igienici. Lui , il pianista, no. Lui deve cercarsi con il Green Book un hotel per neri e servirsi di una latrina all'aperto. Il film è nella storia, nella regia e nell'interpretazione di due candidati all'Oscar: Vigo Mortensen che non ricordo mai così bravo, convincente nella parte dell'italo(siculo)-americano paramafioso che riesce a creare empatia verso quel mondo di irregolari e criminali sì, ma meno affetti dal morbo razzista; e Mahershala Alì il pianista che appare all'inizio rassegnato alle regole di quei tempi e di quei luoghi, e poi no.
Avevo 19 anni nel 62, l'anno in cui è ambientato Green Book. Avevo conosciuto la ragazza che da allora è la persona a me più vicina. Seguivo la politica italiana ed internazionale. Sapevo del conflitto fra potere federale e Stati del Sud, leggevo di segregazione indomabile e di rivolte. Ma solo il cinema e solo film come Green Book mi hanno fatto sentire l'odore e il sapore di quell'epoca triste. Triste come l'attuale. Coltivo lo stupore per come quel Libro Verde potesse apparire un normale servizio ai neri. Coltivo insieme lo stupore per l'assenza di sospetto nei neorazzisti che la Storia potrà disprezzarli e ridere delle loro convinzioni irrazionali e nefaste. Così come oggi ridiamo (amaramente) di quel che accadeva alla strana coppia in viaggio per il profondo Sud.
Il Libro Verde, nel 1962, anno in cui si sviluppa la storia peraltro autentica, era allora una guida essenziale per la gente di colore che viaggiasse per gli Usa, soprattutto negli Stati segrazionisti del Sud dove l'apartheid permaneva malgrado la Corte Suprema, malgrado Kennedy e malgrado il potere federale. Succede che un talentuoso e ricco pianista nero acquisisca i servizi di autista e un po' tuttofare di un italo (siculo)- americano per una tourné che lo porterà giù giù verso il profondo Sud. Lì, lui, l'autista e noi spettatori finiremo coinvolti nelle contraddizioni di quei tempi e di quei luoghi.
Contraddizioni ben oltre il facile schema del privilegio classista. Perché il film dimostra che classe e privilegio, classe e colore, vanno talvolta in corto circuito. Il pianista ha laute retribuzioni e calorose accoglienze. Però il suo autista bianco può partecipare ai pranzi dei bianchi e condividerne i servizi igienici. Lui , il pianista, no. Lui deve cercarsi con il Green Book un hotel per neri e servirsi di una latrina all'aperto. Il film è nella storia, nella regia e nell'interpretazione di due candidati all'Oscar: Vigo Mortensen che non ricordo mai così bravo, convincente nella parte dell'italo(siculo)-americano paramafioso che riesce a creare empatia verso quel mondo di irregolari e criminali sì, ma meno affetti dal morbo razzista; e Mahershala Alì il pianista che appare all'inizio rassegnato alle regole di quei tempi e di quei luoghi, e poi no.
Avevo 19 anni nel 62, l'anno in cui è ambientato Green Book. Avevo conosciuto la ragazza che da allora è la persona a me più vicina. Seguivo la politica italiana ed internazionale. Sapevo del conflitto fra potere federale e Stati del Sud, leggevo di segregazione indomabile e di rivolte. Ma solo il cinema e solo film come Green Book mi hanno fatto sentire l'odore e il sapore di quell'epoca triste. Triste come l'attuale. Coltivo lo stupore per come quel Libro Verde potesse apparire un normale servizio ai neri. Coltivo insieme lo stupore per l'assenza di sospetto nei neorazzisti che la Storia potrà disprezzarli e ridere delle loro convinzioni irrazionali e nefaste. Così come oggi ridiamo (amaramente) di quel che accadeva alla strana coppia in viaggio per il profondo Sud.
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venerdì 1 febbraio 2019
Zapping, dal "compagno" Monti al "pedagogista" Landini
Il mio zapping è prima mentale che televisivo. Voglio dire che, in assenza di un progetto che io possa condividere, condivido pezzettini di qui e pezzettini di là. Sicché prendo pezzi di Monti e pezzi di Landini - mi è capitato ieri sera - e me ne servo per un progetto condivisibile solo parzialmente dai miei interlocutori. Il "compagno" Monti ieri diceva "Per dare a chi ha meno bisogna togliere a chi ha più; non togliere a quelli ancora non nati". Cioè imposte progressive e patrimoniale, non facile ricorso al deficit peraltro costoso anche per i viventi (vedi costo del debito e dello spread). Mi piacerebbe che la proposizione fosse fatta propria dai compagni i quali però al più ne sposano solo la prima parte giacché il deficit con annesse contumelie alla perfida Europa è nel repertorio della sinistra. oltre che della destra (e dei governi).
Poi ho sentito il bravo ed appassionato Landini. E mi ha assai favorevolmente sorpreso la sua proposta di "formazione permanente". Mi è sembrato che proponesse qualcosa di più delle famose 150 ore e di quel che è venuto dopo. Qualcosa che sconvolgerebbe la vigente pratica educativa che prescrive, rigidamente divise, un'età per studiare, una per lavorare, una per riposare. Bene, sposo allora un pezzo di Monti ed uno di Landini. Vorrei sposare anche un progetto di appropriazione collettiva. Però di questo nessuno parla ed anche i "comunisti" sono distratti da altre urgenze: difendere Maduro, imprecare contro Soros e cose così.
Poi ho sentito il bravo ed appassionato Landini. E mi ha assai favorevolmente sorpreso la sua proposta di "formazione permanente". Mi è sembrato che proponesse qualcosa di più delle famose 150 ore e di quel che è venuto dopo. Qualcosa che sconvolgerebbe la vigente pratica educativa che prescrive, rigidamente divise, un'età per studiare, una per lavorare, una per riposare. Bene, sposo allora un pezzo di Monti ed uno di Landini. Vorrei sposare anche un progetto di appropriazione collettiva. Però di questo nessuno parla ed anche i "comunisti" sono distratti da altre urgenze: difendere Maduro, imprecare contro Soros e cose così.
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