domenica 30 gennaio 2011

Il giorno della memoria secondo l'insegnante fiorentina

Giovedì, 27 scorso, in un liceo artistico fiorentino una insegnante, appartenente alla categoria , minoritaria e impagabile (direi letteralmente), degli educatori, nell’occasione del giorno della memoria, ha realizzato un “incidente” didattico. Ha chiesto agli studenti di dichiarare al più presto residenza e nazionalità propria e dei genitori. Motivo? Una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione che imponeva di riservare ai fiorentini - docenti e allievi – le scuole di Firenze. Per rendere più credibile l’invenzione ha aggiunto che lei stessa si preparava a tornare per questo nella sua Emilia Romagna. Sbigottimento, disperazione e lacrime soprattutto da parte dei giovani figli di immigrati. “Come faccio a tornare in Cina?”. Solidarietà, con qualche offerta di asilo, dai compagni fiorentini, non dissimile da quella che “i giusti” espressero in altra epoca verso gli ebrei perseguitati.
Poi la rivelazione: non è vero; ma qualcosa di simile a questo e peggio di questo è successo in Italia, nel ’38, con le leggi razziali.
Ho letto commenti giustamente elogiativi per l’invenzione della docente. Io aggiungo solo due note che sono il risvolto preoccupante e triste dell’episodio.
La prima riguarda l’ignoranza degli studenti sulla nostra Carta Costituzionale. Gli studenti hanno creduto che una circolare ministeriale potesse sovvertire i nostri principi costituzionali. Lo hanno potuto credere perché evidentemente non conoscono davvero la Costituzione. Avrebbero creduto all’insegnante se avesse rivelato che il giorno dopo il sole sarebbe sorto con due ore di ritardo o che 2+2 avrebbe fatto 5? La Costituzione non dovrebbe essere compresa allo stesso modo? Questa è una lezione alla nostra scuola, alle sue priorità e alla sua efficacia.
La seconda osservazione contraddice apparentemente la prima e comunque è una sorta di attenuante per la credulità dei poveri studenti. Con tutta probabilità solo 15 anni fa non sarebbe potuto accadere quello che è accaduto in quell’aula. Gli studenti non sarebbero caduti nell’inganno. Dal ’94 la Costituzione non è cambiata. Non è cambiata la Costituzione “vera”, “formale”. E’ cambiata però la Costituzione “materiale” che afferma principi diversi. Noi ci rassicuriamo dicendoci che c’è una sola Costituzione, quella scritta dall’Assemblea Costituente e proclamata nel ’48. I nostri giovani però apprendono giorno dopo giorno che quel che conta è “la volontà popolare”. Apprendono che la “volontà popolare” ha voluto questo governo di cui è parte il ministro della Pubblica Istruzione. Apprendono magari che v’è qualcuno, criminale, sovversivo, comunista, che vuole far contare un pezzo di carta più del popolo. Che qualcuno voleva proibire a liste della maggioranza di partecipare alle ultime elezioni regionali in Lazio e in Lombardia “solo” perché le firme dei presentatori erano false o presentate in ritardo. Qualcuno sente che le borse di studio in qualche parte del nordest saranno riservate ai cittadini della regione. Etc. Etc.
Nessuno insegna ai nostri ragazzi che la “volontà popolare” non è la volontà della semplice maggioranza dei cittadini né tanto meno è la volontà del 30% o del 40%. Non lo insegna la scuola, non lo ricorda neanche l’opposizione, intimidita, contro gli ideologi della Costituzione materiale. Di quanti educatori come l’insegnante fiorentina avremmo bisogno? Beh, credo che li abbiamo. Qualcuno in servizio, confuso fra stanchi ripetitori. Li avremmo se volessimo/sapessimo scovarli fra i precari spazzati via e impiegati nei call center e nelle pizzerie. E’ un altro discorso però e non è fra le nostre priorità.

venerdì 21 gennaio 2011

Io, Caligola

I vizi del premier non fanno disamorare gli italiani che lo amano. Dobbiamo sorprenderci? Non modificano la “passione” di questi italiani i disordini sessuali, le pratiche corruttive (anche di giudici), la bulimia di potere che non ammette limiti costituzionali. Possibile? Sì, evidentemente. Anzi, con tutta evidenza, gli italiani che lo amano non lo amano malgrado questo, ma proprio per questo. Sono una novità questi vizi nella classe dirigente del paese? Direi di no. La novità è caso mai nell’esibizione sfacciata, nella sicurezza dell’impunità assicurata da un potere senza limiti.
Gli italiani che, come il premier, ” preferiscono le donne ai gay” sono la maggioranza (io fra costoro, lo ammetto). Quelli che amano dirlo sono un po’ meno (io non amo dirlo, anzi per provocare la maggioranza amo dire il contrario).
Gli italiani che talvolta fantasticano su harem e giovani fanciulle sono moltissimi, forse la maggioranza (coraggiosamente dico: è capitato anche a me).
Gli italiani che hanno la possibilità di disporre di un harem sono pochissimi (da qui mi tiro fuori dalle categorie descritte). Quelli che cercano prostitute molti. Quelli che hanno bisogno di pensare di significare qualcosa per la prostituta molti. Quelli che riescono a crederci pochi. Quelli che farebbero sesso con una sospetta minorenne molti. Quelli che lo farebbero con una minorenne accertata, superando barriere morali e rischi penali pochi. Insomma, se questo è vero, Berlusconi ha potuto realizzare visibilmente le fantasie masturbatorie della maggioranza degli italiani che amarono le donne in divisa di poliziotte, infermiere, insegnanti dei film di Vitali e Fenech, disponendo in aggiunta di quella capacità di autoinganno tipica di una minoranza. E, con tutta evidenza, l’esibizione delle sue performance (quel che non avrebbero mai fatto i politici della Prima Repubblica, compreso Craxi che più gli assomiglia) lo hanno reso “umano” e popolare: uno come noi, solo più fortunato e bravo di noi, che gli ipocriti sepolcri imbiancati (quelli della sinistra in gran parte) condannano per invidia e bieco interesse politico.
Perché lui è riuscito a realizzare quel che tanti italiani si limitano a sognare? La risposta è scontata. E’ nel cumulo di poteri forse senza confronto nella storia d’Italia che è stato consegnato a un uomo mediocre dal caso, dall’aggregarsi di diffusi interessi prosperanti nell’evasione e nell’illegalità, dal reclutamento di una classe di piccoli “intellettuali” che non trovavano spazio a sinistra, dall’insipienza dei democratici. Un potere economico sterminato e un potere politico pressoché assoluto che si sono reciprocamente alimentati a partire da un incontro casuale e fortunato con il leader socialista e dallo scambio conseguente.
Su questo, più ancora che sulla frequentazione di minorenni, gli italiani si dividono. Perché per un pezzo d’Italia, o vale il detto siciliano “cummannari è megghiu ri futtiri”, che meglio si applicherebbe all’etica della Prima Repubblica”, o magari una nuova versione, “cummannari pi futtiri”, più consona alla Seconda Repubblica che usa il potere per acquisire sesso, oltre che ville, barche e vacanze.. Questo pezzo d’Italia non è indulgente solo verso l’acquisto di sesso selezionato tramite prestigiosi magnaccia. E’ anche indifferente all’uso privato delle istituzioni per acquisire sesso e impunità. Così carabinieri, poliziotti e personale di scorta, chiamati a proteggere l’istituzione Presidenza del consiglio, smistando il traffico di fanciulle dal gineceo dell’Olgettina alla reggia del sultano e ritorno, sono ridotti al rango dei vecchi attendenti, i soldati di leva che accompagnavano a scuola i figli del capitano. La telefonata alla questura per “liberare” la giovane escort , configurata dai magistrati quale concussione, è una normale dotazione del potere. Formalismi giuridici quelli che colpiscono la concussione e la prostituzione minorile. Formalismi giuridici anche quelli che, all’opposto, impediscono punizioni esemplari da vecchio west verso chi ti scippa la roba, l’adorato telefonino. Il telefonino è mio, lo Stato è di nessuno e beato chi riesce a disporne e a saccheggiarlo. Perché il boss non dovrebbe nominare deputato o ministro le sue cortigiane? Cosa sarebbe cambiato se al Consiglio regionale lombardo fosse stato nominato un consigliere diverso dall’avvenente soubrette? Che differenza fra Luigi Berlinguer e la Gelmini? Quanto intelligentemente provocatorio fu Caligola a minacciare di far senatore il proprio cavallo in barba ai vecchi senatori con la puzza al naso! * Insomma l’impotenza della politica e l’incomprensibilità delle sue scelte hanno consegnato lo Stato al primo show man che si trovò a passare da casa Craxi. Siamo ancora capaci di stupirci? Il sultanato si propaga oltre le fila berlusconiane e la brava gente padana non batte ciglio alla designazione di Renzino Bossi ad erede del capo. Lo vediamo in ogni TG affiancato al padre nell’apprendistato della politica. La mitica sovranità popolare si esprime anche col silenzio assenso.
Non so davvero cosa ci sarà dopo Berlusconi sul versante propriamente politico. So purtroppo che i guasti inferti al tessuto civile non saranno facilmente riparabili. So che un nuovo spregiudicato e stupido senso comune ( di quella stupidità tipica di chi crede di avere capito tutto) si è affermato e sarà duro rimuoverlo. Ne è un esempio fra i tanti la dichiarazione di quel genitore che smentendo la presunta “amicizia” del premier con la figlia dichiara: “Mia figlia? Magari fosse vero”. C’entra qualcosa il fatto che le ragazze che da tempo hanno superato nei risultati scolastici i loro coetanei subiscano più alta disoccupazione, più basse retribuzioni a parità di lavoro, estremamente più bassa partecipazione ai ruoli dirigenti? C’entra qualcosa la pedagogia berlusconiana esplicitata nel suggerimento ad una disoccupata “Si cerchi un marito ricco?”.
Dei guasti farà parte la difficoltà di apprezzare la bellezza, distinguendosi dalla cultura del silicone e di Gomorra. E dopo il “vecchio porco” scagliato contro il premier, si affievolirà l’ intelligenza a sinistra per “recuperare” e rispondere positivamente alla domanda di Eros degli anziani, grottescamente rappresentata, ma comunque rappresentata, dal premier. Già sto smettendo di passare davanti al Tartarughino (ad un passo da casa) e guardare ammirato la grazia e l’eleganza delle giovani frequentatrici che sgranocchiano salatini e sorseggiano l’aperitivo.
Fra le macerie culturali di un’Italia devastata dal cemento e dalla TV spiccherà il mausoleo di Arcore, monumento a un uomo dall’incontenibile, bulimica fame di piaceri e di potere che i suoi accoliti prezzolati si guarderanno dal visitare perché riciclati altrove. Non lo visiterà Capezzone. Pietà per l’Italia. Pietà, se ci riusciamo, per un uomo infelice.

*Il titolo del posto è quello dell’assai discusso film del 79 di Tinto Brass, ispirato alla lettura storica opinabile di Svetonio, avversa a Caligola, come normalmente la storiografia romana ispirata alla ideologia senatoriale avente in odio gli imperatori “popolari”. Naturalmente non ci interessa la verità storica sull’imperatore romano. Ci interessa il topos letterario che ispira la nostra interpretazione dei tempi che viviamo e ci interessa l’ambiguità fra dispotismo e populismo che consente appunto agli apologeti del berlusconismo una lettura dell’avvento del sultanato come rivoluzione “popolare” contro i poteri forti dei “senatori”, delle banche, dei radical chic in cashmere e mocassini confezionati a mano.