lunedì 29 aprile 2019

In memoria di Roberto Ribeca


E' un "fenomeno" semplicissimo da capire e però difficilissimo da "sentire". Almeno per me. E' come se la mente andasse da una parte e il "cuore" da un'altra, davanti alla morte. Cerco sempre consolazione in Lucrezio (come nulla sentimmo quando i Cartaginesi invadevano le nostre contrade...nulla sentiremo quando gli atomi del nostro corpo e della nostra anima si saranno separati...). Cerco consolazione così davanti alla morte di quelli che ho conosciuto e al pensiero della mia stessa morte. Se rivedo "Via col vento", penso: "ecco, io non c'ero, ma non stavo male per niente". Ma non so quanto funzioni questa auto-terapia che pur testardamente mi ripropongo. Forse è a questa scissione fra mente e cuore che alludeva Slavoj Zizek dicendo: "noi non crediamo davvero in quel che sappiamo". Oggi sono impegnato nell'esercizio di Lucrezio perché mi è giunta notizia della tragica scomparsa di Roberto, un compagno di valore di cui non ho fatto in tempo a diventare amico. A lui dedico i miei confusi pensieri.

Strumentalizzare il peggio


Sono contento - diciamo - che i gerarchi di CasaPound abbiano condannato ed espulso gli autori dello stupro di Viterbo. Sarebbe stato peggio se non lo avessero fatto. Ciò detto, però dalla gramigna non nascono rose. Ed infatti i gerarchi e Salvini colgono l'occasione per ribadire la castrazione chimica anche contro i loro uomini. "Ecco, vedete come siamo disinteressati" ci dicono. Bene, solo l'evidente egemonia culturale del nuovo fascismo può consentire di strumentalizzare spudoratamente anche lo stupro ad opera di miliziani. Io, minoranza nella minoranza, osservo invece che il sessismo fino allo stupro, con annesse torbide fantasie di evirazione, è costitutivo del fascismo che si annida, in misura diversissima, nella parte più oscura di ognuno di noi (o di quasi tutti): un mostro da tenere a bada e da vincere.

domenica 28 aprile 2019

I conflitti degli eguali


Ieri tornavo a casa in un pomeriggio di sole e di passeggio. I ricchi sono altrove e i poveri anche. Me lo dicevo per tener conto che il mondo che vedo è solo ceto medio. Non è il mondo, ma è il mio mondo, quello con cui faccio amicizie e discuto. E' anche il mondo del vaffa e dei conflitti verbali. Ma a passeggio non vedo differenze. Uguali i vestiti, i "buongiorno", i bimbi irrequieti tacitati con una pizzetta da genitori ansiosi di tornare al loro smartphone, sorrisi simili. Tutti in pace. Mi assale il sospetto che la politica divida quelli eguali. Come in uno spazio distinto dal resto., come in una pausa dalla vita vera. Del resto, se tutti sono d'accordo sulle migliori gelaterie di Ostia e che le tasse sono alte e che i tempi di attesa nelle Asl sono assurdi e che i figli debbono ereditare ricchezze (e povertà) e che c'è troppa diseguaglianza, ma che troppa eguaglianza sarebbe comunismo e non va bene e che i nostri ragazzi debbono studiare almeno fino a 18 anni, ma non certo per tutta la vita e che per lavorare tutti dobbiamo lavorare meno e che i politici sono troppo pagati, se sono in accordo su questo su cosa litigano precisamente in facebook e nello spazio della politica? Forse dovrei litigare io che non sono d'accordo su niente e invece guardo e faccio spallucce. Buona domenica.

sabato 27 aprile 2019

Partita aperta


Dopo Manduria (e tante Manduria prima), con troppi che sapevano, volevo scrivere che gli uomini si dividono in due categorie: i bulli feroci ed i vili. Poi ho visto la foto di Matilde e Gaia che a Caltanissetta si baciano davanti a Salvini per opporsi al suo mondo e ho tirato un po' il fiato. Mi sono ricordato di Greta, di Simone di Torre Maura, di Ilaria Cucchi e di tanti giovani che scelgono le cose difficili. No, mi sono detto, la partita è ancora aperta. Che la passione e l'intelligenza ci assistano!

Il branco di Manduria ed i branchi fascisti


Non esistono fenomeni ed eventi sociali o politici che possono dirsi identici. Però sostengo che quel che è accaduto a Manduria col branco adolescente che sevizia fino alla morte un disabile psichico appartiene allo stesso humus che alimenta il nuovo fascismo. Ne sono convinto. Il disprezzo, l'irrisione, l'odio per il più debole producono l'infamia di Manduria, come producono il bullismo di giovani e politicanti, come producono l'oltraggio alla memoria, come producono il gusto perverso di profanare lapidi e Costituzione. Penso che, oltre ad alzare il tiro di un progetto ri-educativo, punizioni esemplari sono indispensabili per mostrasi forti e credibili a chi odia i deboli. Per salvarli, se ancora è possibile.

venerdì 26 aprile 2019

Pensieri scorretti


Tornando dalla celebrazione del 25 Aprile a Porta San Paolo, sul trenino che mi porta ad Ostia, incontro, come all'andata, badanti bianche e brune. Il giovedì è giorno di riposo per loro. Fanno compere, escono con compagni e figli. Ed io, al solito, sto lì a indovinare nazionalità e frammenti di storie. Il terzetto seduto di fronte a me deve essere filippino. Madre stanca ed assopita, graziosa figlia adolescente, impegnata - manco a dirlo - col suo smartphone. Il padre ogni tanto le parla, come per sollecitarla ad un rapporto personale. Parlano in italiano. Mi chiedo quando mai parleranno il filippino o insomma la lingua del Paese di provenienza. In compenso la lingua di Dante, se sopravviverà, sarà per filippini, arabi e slavi. Che addirittura talvolta usano il "vecchio" congiuntivo ormai ignoto ai nativi, élite compresa.
Ma il maggiore disorientamento mi capita per qualche attimo quando davanti a me passa una carrozzina con una bimba bionda, bellissima, di pochi mesi. Sono perplesso perché la carrozzina è spinta da un uomo – come dire? - alquanto rozzo e - se si può dire – proprio bruttino. Il padre? Possibile? E chi, se no? Dura poco lo sbalordimento. Arriva una giovane donna, evidentemente slava, molto bella. Ah, ecco. Adesso è chiaro. Lei fa la badante a Roma, magari ha lasciato i suoi vecchi ad una badante che al suo Paese costa assai meno, poi ha incontrato quell'uomo, scambio di convenienze, la bellezza in cambio della cittadinanza, anche se -detto così.- non è elegante. Dovrei inventare una perifrasi. Comunque quella bimba stupenda è il risultato. Così l'astuzia della Storia si serve di convenienze spicciole per assicurare un futuro all'Italia e fare manutenzione e aggiustamenti alla sua bellezza. A dispetto dei sovranisti suicidi.

25 Aprile di resistenti, gaudenti e sbandati




Debbo fare il politico (cioè curvare la realtà all'ottimismo) o dire quel che ho visto?
Dopo aver esposto il tricolore al balcone, via verso Porta San Paolo, luogo della Resistenza romana, con la persona a me più vicina. C'è abbastanza gente in attesa del corteo. Sul palco musica e balli etnici. Abbastanza gente, ma non tanta. Più che negli anni passati comunque, mi assicurano. Andiamo a raggiungere il corteo dopo breve pausa dolcino e caffè da Andreotti (nota pasticceria, il politico non c'entra). Sul palco ora i sopravvissuti della stagione eroica, Iole, la partigiana e un rappresentante dei militari alleati (che deve avere imparato l'italiano a Napoli) che versarono sangue lontano da casa, sulle nostre spiagge. Poi l'oratore presenta la Sindaca. Si capisce che è preoccupato: "Virginia Raggi rappresenta le Istituzioni". Lo dice e lo ridice. La Sindaca riceve applausi di cortesia, qualche applauso convinto (forse) e qualche fischio. Una cosa che dico sottovoce agli amici e compagni (che Salvini non senta): le bandiere, a parte quelle dell'Anpi (promotore), sono quasi tutte con falce e martello in tante varianti, insieme ad un paio di bandiere Cisl. Fra i cartelli c'è ne è uno che propone di "sfrociare" come obiettivo - immagino - della Resistenza. Bene. Spuntino a Testaccio con lasagne pesantissime condite di sugo e pezzi di manzo. Poi ad Ostia che pare un divertimentificio: piene e con code le trattorie, le gelaterie e le spiagge. Altro caffè e poi a casa. Ma, dopo i resistenti e i gaudenti, incontro un rappresentante degli sbandati: sbattuto per terra a faccia in giù e ammanettato da un mucchio di agenti, con vicino ambulanza 118 e soccorritori. Sembra indifferente, forse strafatto di alcol o altro. Cosa avrà fatto? Fra Interno e Sanità vince l'Interno. Felice 25 Aprile.

giovedì 18 aprile 2019

Cafarnao: non più i padri, ma i fratelli


Cafarnao -Caos e miracolo - il film della libanese Nadine Labaki , è stato faticosissimo in fase di montaggio. Girate scene di centinaia di ore per un film comunque di oltre due ore. Ho pensato che un più coraggioso montaggio tale da riportarlo ai 90 minuti avrebbe potuto consegnarci un capolavoro. Se avesse soprattutto costretto l'autrice a decidere fra film a soggetto e film documentario, i due poli dell'opera. La storia si svolge a Beirut, nel Libano, un Paese di 4 milioni e mezzo di abitanti che ospita un milione e mezzo di migranti, soprattutto rifugiati siriani. Zain, il protagonista, è un bambino-uomo di 12 anni, primogenito in una famiglia poverissima e numerosa. E' un film sulla fratellanza. Zain sostituisce da fatto i genitori nella cura dei fratelli e sorelle più piccoli. Lo fa soprattutto nei confronti della sorella di 11 anni che, prossima alla pubertà, è esposta ai rischi di un matrimonio precoce che possa dar sollievo al bilancio familiare. Credibile e tenero è il passaggio in cui Zain provvede ai bisogni impellenti della sorella sorpresa per strada dall'arrivo del primo segnale della pubertà. E' un evento che spaventa Zain che sa bene cosa rischia la piccola donna e quindi le raccomanda di non far parola dell'evento in famiglia. Non andrà come sperato però. Il protagonista nel suo girovagare per Beirut per i suoi piccoli affari con la sua droga artigianale con cui procurarsi cibo ed anche assorbenti, incontra una profuga etiope con un bimbo di un anno o poco più, Yonas. Succederà che dovrà a lungo occuparsi di lui per la madre finita in prigione. Lo nutrirà, inventerà un passeggino E succederà che la scoperta della morte della sorella per un matrimonio e un parto precoce lo indurranno a ferire lo sposo. In tribunale Zain spiegherà le sue ragioni. Ragioni contro i genitori che stanno per mettere al mondo l'ennesimo figlio, ragioni contro gli adulti. Otterrà finalmente almeno un documento che riconosca la sua identità e col quale partirà verso la Scandinavia, terra promessa dei diritti.
Si è parlato di neorealismo. Si è parlato di "Ladri di biciclette". Parlerei anche di "Paranza dei bambini" e della versione per il piccolo schermo di "L'amica geniale". Parlerei della riscoperta di un mondo di bambini ed adolescenti che oggi però,  a differenza che nel capolavoro di De Sica, non si limitano a guardare, smarriti, il mondo duro ed ingiusto dei padri, confuso e caotico come il villaggio visitato da Gesù che dà il nome al film,  ma vogliono prendere il posto dei padri, ignavi e falliti (e delle madri silenti). Come Greta. Come Simone di Torre Maura.    

martedì 16 aprile 2019

Quello che Palermo ci dice di noi


Questa cosa di Palermo mi sorprende un tantino di più del disastro di cui oggi tutti parlano. Che poteva succedere a Parigi, come a Londra o a Roma. Semplicemente perché oggi la priorità non è la cura delle cose che valgono. Quella di Palermo invece mi lascia interdetto. Come se non avessi capito mai davvero gli abissi dell'animo umano. Non per la banda di criminali che si arricchiva frodando a prezzo di sangue (altrui) le assicurazioni con finti incidenti di auto. I criminali fantasiosi - si sa - inventano nicchie innovative di delinquenza. Lo stupore è per quei due fidanzati che si fanno spezzare braccia e gambe per ricevere 1.500 euro e coronare così il sogno di una vacanza. L'apoteosi del consumismo idiota insomma. Quasi appaiono normali quelli che dovevano pagare debiti di gioco o semplicemente comprarsi qualcosa da mangiare. Quasi normali. Ma la povertà non era stata abolita? La follia no. La povertà avevo appreso di sì.

domenica 14 aprile 2019

Qualcosa è successo


Deve esserci qualcosa che tiene insieme queste cose. Una origine comune.
Cresciamo meno di tutti. Abbiamo il debito più alto. Abbiamo la disoccupazione più alta. Abbiamo il tasso di corruzione più alto. Abbiamo meno laureati. Abbiamo la maggiore percentuale di giovani che non studiano e non lavorano. Abbiamo più analfabeti funzionali. Abbiamo più giovani e più pensionati in fuga. Abbiamo il maggior tasso di decremento demografico. Abbiamo le industrie più inquinanti. Abbiamo la maggior percentuale di opere iniziate e non finite. Abbiamo la maggiore distorsione percettiva di insediamento di stranieri. Abbiamo più fascisti conclamati. Abbiamo più partitini di sinistra. Abbiamo più suicidi nelle carceri. Abbiamo più e abbiamo meno...O comunque siamo impegnati a conquistare ogni maglia nera.
P.S. Però io me ne sto tranquillo nel mio ghetto ostiense, a due passi dal regno dei clan. Sorseggio il mio caffè ed un conoscente mi offre un rametto di ulivo. Se non ci fossero i media e i social penserei di stare in paradiso. Buona domenica della pace.

sabato 13 aprile 2019

Il presente rossonero, cioè nero


Ieri a Propagandalive ho assistito alla più plastica narrazione della fine della Sinistra. Spero abbiate visto. Io non sapevo se ridere o piangere. Il contesto era Torre Maura (Roma), periferia resa celebre per la recente sommossa anti-rom. Diego Bianchi mostrava e poi intervistava un anziano "compagno", per una vita comunista e grande ammiratore di Berlinguer. Le immagini mostravano il "compagno" in strada a protestare, confuso con quelli di CasaPound, contro la minaccia rom. Quelli di CasaPund con il braccio teso nel saluto fascista, lui con il pugno chiuso e cantando le stesse cose (Fratelli d'Italia) e urlando gli stessi slogan. Convinto. Senza alcun cenno di dubbio. "Ma Berlinguer avrebbe approvato?" gli chiedeva l'intervistatore. E lui: "Forse sì, i tempi sono cambiati e i rom di oggi non sono gli stessi rom di allora". Non dava l'impressione di essere labile di mente. Inimmaginabile quest'epoca rosso-nera 40 anni fa (ed anche 10 anni fa). Inimmaginabile il nostro futuro.

venerdì 12 aprile 2019

Cronaca di un mattino di sole fra egiziani e romeni


Gli egiziani fanno parte del tessuto produttivo e sociale di Ostia, come pizzaioli, gelatai e con un quasi monopolio dei negozi di frutta e verdura acquisito non so come. Ho già raccontato che la persona a me più vicina sembra subire un lutto ogniqualvolta chiude un negozio ad Ostia. Ora una coppia egiziana ha chiuso la sua gelateria. La persona a me più vicina, espertissima di gelati, incontra la moglie e inevitabilmente le comunica il rammarico per quei suoi ottimi gelati perduti. La donna spiega che ha chiuso per l'affitto troppo alto e soprattutto per i romeni, chiassosi bevitori di birra, accampati nei bar lì vicini, che in qualche modo deprimono il contesto. Cercherà col marito un posto diverso, meno caro e lontano dai romeni. Poi saluta mia moglie con un romanesco "ciao, bella". Gli extracomunitari egiziani vorrebbero l'espulsione dei comunitari romeni? Razzismo? No, semplicemente conflitto fra integrati e non integrati. Integrati, come la coppia di giovani romeni che incontriamo nel bar in piazza, sotto un piacevole sole, seduti accanto a noi. Lui che mi chiede con garbo se può prendere il posacenere, lei con un velo sulla testa senza capelli evidentemente da chemioterapia in corso. Lui innamorato e protettivo, lei triste, molto triste. E mia moglie che la scruta ed io che capisco cosa ha in mente. "Vorresti consolarla? Rassicurarla"? "Sì". Forse sbaglio a dissuaderla. "Potrebbe pensare ad un eccesso di confidenza. Potrebbe pensare che il suo male è visibile e rammaricarsene". Andiamo via. Sono pressocchè sicuro che se fosse stata senza il troppo problematico marito la persona a me più vicina avrebbe preferito di essere invadente.

martedì 9 aprile 2019

A proposito di Casal Bruciato


Un modesto suggerimento alla sindaca di Roma e al duce d'Italia. Sicuramente entrambi sono interessati a scongiurare la guerra fra poveri, fra poveri rom e poveri "indigeni" . Sicuramente entrambi non vogliono ledere il diritto della famiglia rom, legittima assegnataria, e sicuramente vogliono dare un tetto anche alla ragazza con prole che ha occupato una casa che non le spettava. Sicuramente la sindaca ed il duce sanno bene che esistono migliaia di case e palazzi sfitti e altre migliaia abusivamente occupate da raccomandate famiglie "borghesi". Infine sanno che c'è un palazzone abusivamente occupato da CasaPound. Il suggerimento è: "Cominciamo da quest'ultimo"? Andando avanti poi, naturalmente. Sicuramente la sindaca e il duce si sono distratti. Anche il popolo si è distratto.

Salvini come Brando


Al pari "collega", vicepresidente e neoantifascista che gli contesta l'alleanza con un partito negazionista (per non dire neonazista), lui risponde così: "Io lavoro, rispondo col lavoro, con i fatti. Questa gente che cerca fascisti, comunisti, nazisti, marziani, venusiani..." E lì smorfia che potete immaginare, se non avete seguito il video. Da grande attore. Non so se le parole siano sue o preparate da una equipe di bravi comunicatori. Ma trovo la narrazione geniale, oltre che stupidissima. Geniale proprio perché stupida ovvero efficace a chiamare a raccolta stupidi ed ignoranti, peraltro in forte crescita. Un concentrato sublime di banalità. "Mi appello alla gente come me, quella che lavora e non ha tempo da perdere con filosofia, storia e culturame", vuole dire. E quanto è bello quel crescendo con cui descrive le narrazioni degli antagonisti: dai fascisti a marziani e venusiani.Cosa volere di più? La politica? Un pubblico non seducibile?
Sarà per il prossimo secolo quando nel curriculum scolastico, non solo dei liceali, ci sarà Schopenhauer e "L'arte di ottenere ragione", più per costruire anticorpi alla sofistica retorica che non per diventare venditori di fumo.
P.S. Quella smorfia accennata mi è sembrata all'altezza del Marlon Brando- Antonio del discorso shakesperiano sul cadavere di Cesare. Quando volta le spalle alla folla, fingendo di volersi appartare nel suo dolore, e invece ghigna nascostamente pregustando il successo della "sceneggiata" iniziata con il finto ossequio ai congiurati ("E Bruto è uomo d'onore" id est "Con Di Maio lavoro benissimo"). I cultori di Brando si arrabbieranno molto.

lunedì 8 aprile 2019

Quando Salvini ha ragione ed il popolo ha torto


Va bene, sarà pesante da dire, ma devo dirlo. Anche Salvini può avere ragione. Di Maio aveva tentato con un'operazione concettualmente spregiudicata (cioè con l'assassinio della logica) di salvare capra e cavoli: sposare il contratto che prevede la flat tax ovvero la tassa piatta con la giustizia sociale e il rispetto della Costituzione. "La flat tax non può essere a vantaggio dei ricchi", aveva detto Di Maio. E Salvini fa un figurone rispondendo: "Flat tax è una rivoluzione; significa tassa piatta, eguale per tutti (con eguale aliquota); se le aliquote sono diverse non è più flat tax". Inappuntabile. Flat tax rivoluzionaria quindi, cioè eversiva, anticostituzionale, antipopolare. Certamente c'è da non credere che il popolo voti contro se stesso, sostenendo l'interesse dei più ricchi a non pagare sanità ed istruzione per i meno ricchi. Ma questo è il tempo della perdita della ragione e del rin....to progressivo. Temo non ci sia matematica, logica e scuola che ormai possano bastare. Buona notte, Italia.
P.S. Non sono riuscito a stare zitto. .

sabato 6 aprile 2019

"Il diritto di contare" e la pazienza delle donne nere


Tre film nel comune denominatore delle pratiche discriminatorie Usa fra anni '50 e primi anni '60. Poco tempo fa avevo visto "Green book", piacevole e serissima commedia sul tema della discriminazione razziale. Giorni fa ho visto "Una causa giusta" sul tema della discriminazione di genere. Ieri infine, un po' in ritardo, ho potuto vedere "Il diritto di contare", film in cui la discriminazione razziale e quella di genere si sommano. Il film di Theodore Melfi racconta la storia vera di tre scienziate nere di grande talento che diedero un contributo decisivo alla rivincita Usa nella battaglia sullo spazio dopo lo shock conseguente al volo di Gagarin (1961). Anche questa quindi è una storia di spreco, spreco di intelligenze, e della fatica a riconciliarsi con la ragione. Le tre scienziate, chi matematica, chi informatica, chi aspirante ingegnere, collaborano da precarie al progetto che da Cape Canaveral lancerà Glenn nello spazio. La pazienza delle donne (concedetemelo: sto pensando alla canzone di Mia Martini, la mia preferita, la canzone e lei) sarà decisiva nel successo personale e collettivo. La pazienza di arrivare in ufficio con uno scatolone di documenti e vedere il bianco che ci carica su un sacco di immondizie: "Avete dimenticato queste ieri sera". Giacché "naturalmente" una nera in ufficio non può che essere un'addetta alle pulizie. La pazienza di dover percorrere più volte al giorno un chilometro per raggiungere il bagno riservato alla gente "colorata". La pazienza di sentirsi rimproverata per i "ritardi". La pazienza di vedere il proprio lavoro firmato da un bianco perché bianco e perché ingegnere (questa cosa però, a parte il "nero", vi assicuro permane nell'Italia "avanzata" (?) dell'anno del signore 2019, ad esempio nelle Università o negli Enti nazionali preposti alle politiche attive sul lavoro). La pazienza di dover spiegare le proprie ragioni inaudite per partecipare ad un corso di ingegneria fino ad allora riservato a uomini e bianchi. La pazienza di accettare un compromesso, come prima crepa nel castello idiota dell' establishment, frequentando un corso serale affinché lo "scandalo" sia minore. Sì, la pazienza, miscelata da dosi eccelse di intelligenza, competenza e determinazione, sarà premiata. Ma, appunto, alle donne e ancor più alle nere, veniva e viene chiesto di essere eccezionali. Molto allora, abbastanza ora. E quelle semplicemente bravissime o brave e non eccezionali? Il cammino è lungo, ammesso che non si torni invece indietro, come incredibilmente pare. Posso pensare ad una sola consolazione per loro, anche per le mie figlie, mentre cerco di capire perché mai io abbia desiderato ed ottenuto di essere padre di donne, malgrado quello che mi era chiaro. Grazie all'handicap loro assegnato da Sua Maestà, il Sistema Stupido e Sprecone, sono state indotte a studiare di più e capire di più.

P.S. E intanto il grande capo (Kevin Costner nel film) osserva il lavoro altrui, con una tazza di brodaglia di caffè nero in mano,  pensando chissà cosa, forse niente.

Una causa giusta

Una causa giusta
Il cinema liberal americano è spesso didascalico. Come se fosse impegnato in una perenne battaglia, ora per i neri, ora per le donne e discriminati in genere. Lo è in "Una causa giusta", regia di Mimi Leder, storia vera di una delle prime donne laureate in legge; ad Harvard e poi alla Columbia. Erano gli anni '50 e discriminazioni e stereotipi di genere, come di razza, erano tutt'altro che superati. Nella storia Ruth Ginsburg (Felicty Jones, candidata Oscar), docente e poi membro, ancora oggi, della Corte Suprema, deve vincere la battaglia in difesa di un uomo il cui lavoro di cura non è fiscalmente riconosciuto perché tradizionalmente femminile. Insomma si difendono le ragioni di un uomo per affermare la libertà femminile e quella di ogni essere umano contro i ruoli assegnati. C'è quindi il topos di una battaglia di autoaffermazione personale e poi di lotta per il diritto, tipica del cinema americano progressista. C'è la proposta di una pedagogia della Storia: ricordiamo come eravamo e ricordiamo l'assurdo che accettavamo: così, ricordando, impariamo a mettere in discussione il presente. C'è anche il rapporto difficile madre/figlia: ricerca dell'autonomia cui segue la condivisione dei valori.
La struttura dialogica e dialettica del film, con le ragioni forti dell'establishment giuridico, mi hanno indotto ad un faticoso esercizio mentale. Mi sono chiesto per la milionesima volta cosa significhi l'eguaglianza di genere. Significa negare le differenze che vengono da lontano, fin dal vantaggio maschile nella forza fisica? Significa valorizzare le persistenti differenze, con l'inclinazione femminile ai lavori di cura e quella maschile alla guerra? Significa consentire alle donne di spegnere incendi, calarsi nei pozzi e andare in guerra? Significa solo non proibire? Quale rapporto fra eguaglianza davanti alla legge ed eguaglianza tout court? Poi ho ricevuto conferma del fatto che ancora oggi gli stereotipi condannano uomini, oltre che donne. Giorni fa la lettera di un lettore ad un giornale metteva sulla bilancia indizi di una perdurante infelicità maschile. Si riferiva, ad esempio, al dato ignorato che vede gli uomini protagonisti di 3/4 dei suicidi in Italia: soprattutto dopo il pensionamento. Già, il dominio maschile e la cultura della performance che si rivolta contro il maschio.

mercoledì 3 aprile 2019

Nemici?


Alcune dinamiche dei social mi sono oscure. Ho perso l'amicizia di un'amica quasi "reale" (nel senso che ci eravamo incontrati e sentiti al telefono qualche volta). Successe che io ebbi ad esprimere giudizi critici verso il ministro Minniti e questo la innervosì sempre più. La cosa buffa è che prese le mie difese, riguardo al mio modo di criticare a suo dire "garbato", oltre e più che per i miei argomenti, un altro amico. Era un convinto 5Stelle ed io lo stimavo come uno dei più colti ed intelligenti fra i miei amici. La reciproca stima però non bastò. Successe che io riferii l'apprezzamento di un noto osservatore sul no di Mattarella a Savona ministro dell'economia. Il Capo dello Stato avrebbe esercitato, a suo dire, quella fermezza che Vittorio Emanuele III non esercitò purtroppo con le squadre fasciste in marcia su Roma. Bastò riferire questo per perdere un'amicizia che sembrava solida.
Altre volte sono stato prossimo a perdere amicizie per avere manifesto apprezzamento per una qualche tesi di opinionista che aveva il torto di avere votato Sì al referendum renziano. Pare che chi votò Sì debba essere espulso per sempre dal consesso della sinistra, se non dal vivere civile. In altri casi infine, l'interlocuzione con un amico semplicemente si interrompe dopo un dissenso. E succede poi che io non ricordi più perché da amici si sia diventati quasi nemici. Che mondo strano è quello in cui sto vivendo questa fase della mia vita!

martedì 2 aprile 2019

Quello che non mi è piaciuto in "Bentornato, Presidente"


E' consolante sapere che il nemico non è il vicino di casa imprenditore che fa soldi sottopagando i dipendenti o magari pagandoli il giusto (cioè quanto?), ma producendo e vendendo robaccia velenosa. Che il nemico non è chi eredita e valorizza la sua rendita fondiaria, ungendo i politici, e neanche la corporazione dei notai di cui fa parte anche lo zio che in estate ci ospita nella sua villetta lussuosa. Che il nemico non è il Capitale che neanche si nomina più. E' consolante sapere che il nemico è solo la piccola combriccola di speculatori che fa salire lo spread, quella e non lo sciupio irragionevole del governo mangia consensi che dà mance a destra e a manca e neanche si sogna di toccare imprenditori "coraggiosi", concessionari di macchinette mangiasoldi, redditieri e notai con la terza casa.
P.S. Alludo al film con Bisio, naturalmente.

lunedì 1 aprile 2019

Strapazzare Hegel


Che noi si preferisca mantenere con elemosina in cambio di niente chi preferirebbe ricevere quel reddito in cambio di liberare i parchi da erbacce e che noi si preferisca l'elemosina perché non si chiama "tassa" è il segno incontrovertibile della perdita della ragione.
Ciò che è reale oggi è irrazionale. Ciò che è razionale chiede di diventare reale.