domenica 26 giugno 2016

La casa della democrazia

Oggi l'arma atomica del senso comune e della destra si chiama "democrazia". E l'ancella della democrazia si chiama "referendum". Il popolo decide a maggioranza dei votanti. Anche addirittura quando i votanti sono minoranza. A Napoli ad esempio. A maggior ragione quando sono maggioranza, come nel referendum britannico. Poi si scoprono i paradossi cui non c'è rimedio. Quali sono i confini di un popolo? Quanti popoli nel Regno Unito? Tutti hann...o diritto ad autodeterminarsi. Sicchè oggi non solo Scozia e Irlanda possono chiedere di uscire dal Regno Unito e di tornare in Europa. Il rischio è che lo chieda anche la capitale Londra, manifestatasi largamente a favore di Remain. Numerose le firme infatti sulla petizione del giornalista James O' Malley che chiede l'indipendenza della capitale. Che diventerebbe una sorta di San Marino accerchiata dall'Inghilterra. Il più sublime dei paradossi è questo: se i popoli decidono autonomamente (democraticamente?) e se ogni gruppo è libero di definirsi popolo, il risultato apparirà incomprensibilmente orrendo ai "democratici" e ai referendari pur ovunque vittoriosi, qualcosa di simile alla giungla.
Ma non finisce qui. Perché anche i giovani sono un gruppo, come gli anziani, come gli operai, come le casalinghe. E i giovani del Regno Unito hanno votato Remain perché amano gli spazi aperti e non i muri degli anziani. E se i giovani chiedessero anch'essi di separarsi? Difficile perchè non hanno un territorio che è tradizionalmente parte di uno Stato. Ma forse nel futuro ci saranno Stati senza territorio,magari con capitale in una birreria londinese. Oppure...Oppure avrà forza ed evidenza quanto oggi sostiene il professore Alessandro Rosina su Repubblica. Ha senso che il corto futuro di un ottantenne pesi quanto il lungo futuro di un giovane? Se non ha senso, bisogna allora superare la prassi per cui uno (l'ottantenne) valga uno (il ventenne).

P.S. Non sto sposando una tesi. O sto sposando una sola tesi, questa: che la democrazia è un valore, ma nessuno sa bene cosa sia, che la democrazia non può acquietarsi in nessuna sua interpretazione o consegnarsi a ideologi da strapazzo, perché la democrazia è ricerca perenne; ha una direzione, ma non una casa.

sabato 25 giugno 2016

Il professore Letta

Provo probabilmente una certa empatia verso Enrico Letta. Condivido emotivamente i segni di una ferita non rimarginata. Anche se lui non nomina mai chi gli disse: "stai sereno". E anche se lo reputo sincero quando afferma la normalità e l'auspicio di una vita in cui la politica non diventi professione. Sono molto d'accordo con lui in questo. Non in molto altro. Perché lui è uomo del migliore centrosinistra mentre io mi considero socialista, altra cosa cioè. Ieri però, ascoltato alla 7, lo avrei ringraziato perché diceva cose semplici, quasi banali ma di cui evidentemente abbiamo bisogno. E' successo ad esempio quando ha detto: "Siamo tutti contenti di conquistare più flessibilità e ce ne facciamo belli. Ma la flessibilità è l'altro nome del deficit e del debito. Quel debito che davanti alla Brexit affonda la borsa di Milano". Detto bene, da professore bravo e chiaro che servirebbe nelle nostre scuole. Un professore quietamente contro i tromboni e contro il gioco delle tre carte.

Padrone a casa mia

La logica del "padrone a casa mia" non si può sospendere a piacimento. Neanche in Gran Bretagna dove Remain è prevalso nettamente in Scozia e Irlanda. E lì già si discute di referendum per lasciare il Regno Unito. E poi chissà. Perché mai lo spirito sovranistico dovrebbe accontentarsi delle frontiere statuali? Perché non quelle regionali? Perché non quelle comunali? Perché non la sovranità condominiale? Già il mio patriottico condominio vorrebbe liberarsi della burocrazia dell'Ama che ci chiede di non conferire immondizie nei condomini altrui. C'è questo, c'è la follia travestita da emancipazione. Oppure c'è il paziente confronto e la ragione per costruire insieme un equilibrato federalismo.

Il patriottismo della destra

Ad Otto e mezzo c'era la trionfante Giorgia Meloni a parlare di Brexit e del suo esempio per il nostro Paese. Ho visto un Severgnini e un Padellaro incavolati come mai. La borsa italiana maglia nera oggi in Europa è l'annuncio allarmante che il rischio Europa (ovvero il pericolo della sua fine) fa pagare anticipatamente i conti ai Paesi più indebitati, il nostro soprattutto. Eppure Giorgia Meloni esulta. Domanda retorica: ma, in ultima analisi ai nazionalisti interessa qualcosa della nazione? No, naturalmente.

lunedì 20 giugno 2016

Ho votato Raggi. Benchè...

Ho scelto davvero solo davanti alla scheda elettorale. All'inizio (settimane fa) indeciso fra Giachetti, Raggi e scheda bianca. Poi fra bianca e Raggi. Ho scelto Raggi, con malessere. L'ho scelta
Benché stimi Giachetti, la sua cultura e la sua storia
Benché non condivida nulla della democrazia in rete di 5Stelle, con pochi votanti in rete che scelgono il candidato
Benché quel pizzico di democrazia in rete possa essere sospeso ad arbitrio del garante Grillo che troppo somiglia alla Guida Suprema iraniana
Benché non sia chiaro per nulla quanto conti Grillo, quanto gli eredi di Casaleggio e quanto il Direttorio
Benché trovi ridicola la multa agli eletti che non si adeguano ovvero che non rispettano il mandato (in barba alle incomprese ragioni dell'assenza di vincolo di mandato prescritta dalla Costituzione repubblicana)
Benché non condivida gli umori eurofobici del movimento
Benché non condivida la posizione del movimento sui diritti dei migranti
Benché non condivida l'alleanza (tecnica che sia) con la destra di Farage al Parlamento europeo
Benche trovi stucchevole e sproporzionata l'enfasi sull'autoriduzione dei compensi dei parlamentari 5Stelle e un tantino anche quella sulla onestà, necessaria sì, ma che talvolta pare sostituire i programmi.
Ho scelto Raggi per umiltà, per non cavarmela con una non scelta schizzinosa.
Ho scelto Raggi per non premiare la narrazione arrogante e futile che troppo occupa la scena del Paese.
Ho scelto Raggi perché conto sul fatto che il movimento debba scommettere tutto sulla sindaca della capitale, sostenendola con le competenze dei "professoroni" che il PD disdegna e con l'entusiasmo militante che non è più di casa nel PDR .
Ho scelto Raggi perché la più adatta, col movimento, a fare pulizia di mafie e intrallazzi.
Ho scelto Raggi perché conto sullo sguardo ecologico suo e del movimento.
Ho scelto Raggi perché conto sull'attenzione sua e del movimento verso gli ultimi (vedi salario di cittadinanza, fra le poche discriminanti vere della politica oggi) e le periferie.
Ho scelto Raggi perché donna e quindi culturalmente forse distante dalla cultura politicante e del successo personale.
Ho scelto Raggi, sapendo di potermi pentire, ma sbagliando in folta compagnia.

lunedì 13 giugno 2016

La politica sul trenino

    Sul trenino che mi riporta ad Ostia. Ragazze e ragazzi che vanno al mare. Ho accanto una elegante e matura signora e di fronte una signora un po' più giovane. Una ragazza urla qualcosa allo smartphone. E' proprio un urlo e tre amichette sghignazzano rumorosamente con lei. La signora elegante accanto a me mi sussurra il suo disappunto cercando il mio ovvio consenso. Tre ragazzi alla mia destra si alzano, si siedono, consultano smartphone, si agitano,... ridono. Ridono soprattutto delle madri che, servizievoli, preparano panini La signora di fronte a me ha gli occhiali. Ma mi guarda a lungo e con un sorriso fisso alle labbra. Evidentemente ho una faccia perplessa e lei mi vuole dire che mi capisce. Ma capisce cosa? Io sono alle prese con pensieri diversi, passando da uno all'altro. Sto pensando come votare al ballottaggio. Giachetti? E' il più preparato e serio ed ha una storia personale apprezzabile. Ma porta fieno alla cascina dell'antipatico.
    Raggi? E' una donna. E' entusiasta. E' quasi gradevole. Non mi è chiaro cosa voglia fare davvero. Però la sua vittoria darebbe uno scossone e farebbe male a un governo che non mi piace per niente. Accipicchia, sto ragionando come quelli che ho sempre criticato, quelli che danno un calcio al televisore guasto sperando si rimetta in moto. Ma Raggi ha l'appoggio di un movimento dai connotati incerti e discutibili: euro critico a sproposito, quasi leghista riguardo gli immigrati, ossessionato dal mito della "onestà" quasi soluzione di ogni male. Di molti sì, ma di tutti no, voglio dire.
    Non votare o votare bianco? Sembra la cosa più facile. Un segnale per dire che non trovo nessuno che mi rappresenti almeno un tantino. Ma sembra vanesio e non è giusto che io sfugga alla scelta del male minore. O no?
    Non sto pensando solo a questo. La mente fa vai e vieni col pensiero di quei ragazzi e quelle ragazze chiassosi e che saranno mantenuti chissà per quanti anni. Che sembrano i padroni del trenino e del mondo. Padroni di un mondo ed esclusi dall'altro. E noi rottamandi impotenti di fronte alle loro chiassate. Impauriti o con sensi di colpa. Due mondi che non si parlano.
    Beh, forse un nesso c'è nello svolazzare anarchico dei miei pensieri. Forse sto cercando dove sia la politica che risponda a questa funesta esclusione. Non c'è. Non c'è. C'è la politica facile dello 0,1%, del bonus, dell'attacco all'Europa matrigna e simili frivolezze. Dell'ultima di Boschi e della penultima di Grillo. La politica non c'è.

sabato 4 giugno 2016

Il più grande


Mohamed Ali, il più grande dei pugili, fra i più grandi protagonisti del 900. Una cosa fra tutte. Il coraggio assoluto di mettere a rischio la carriera, la gloria, la ricchezza per un dovere morale di coerenza. Questo fu il rifiuto di essere arruolato per il Vietnam. Con parole semplici: I vietcong non mi hanno fatto nulla; non mi hanno mai chiamato "negro". Gesti non violenti che cambiano il mondo.

giovedì 2 giugno 2016

La più bella del mondo?

Oggi festa della Repubblica è un po' festa della Costituzione. Quindi spendo due parole. Non sono sicuro che la nostra Costituzione sia la più bella del mondo, perché conosco poco le Costituzioni altrui. Ma soprattutto perché vi leggo difetti. I padri costituenti ne erano consapevoli. Infatti nella Costituzione stessa sono iscritte le regole per la sua modifica. Ed io vorrei modifiche. In contraddizione quindi è Benigni che vuole modifiche ad una Costituzione che diceva perfetta. Io invece vorrei ad esempio un sistema monocamerale. Non il bicameralismo perfetto né quello ultra imperfetto (cioè pasticciato) che ora si vuole foggiare. Vorrei poi l'abolizione delle Regioni (o almeno un forte accorpamento) e vorrei più poteri e risorse ai Comuni. Vorrei ancora che la legge elettorale venisse "costituzionalizzata" nel senso che un voto valga uno e siano inibite leggi che danno tutto al vincitore col 20% dei voti al primo turno. Ragionevole uninominale a doppio turno o proporzionale puro. Molte altre cose cambierei, anche rendendo più stringente l'impegno all'effettività del diritto e del lavoro che pure è presente nella Carta (art. 3 e art. 4). Mi piacerebbe si parlasse di questo. Ma il leader che (per me misteriosamente) occupa la scena non si occupa di questo e neanche spiega per la verità la ratio della sua riforma. Le cose più chiare che gli ho sentito dire? La prima è che si risparmieranno 50 milioni. Il premier è furbo. Ha la furbizia che usurpa il nome di "intelligenza". Infatti sa quel che gli giova sapere. E ignora quel che gioverebbe agli italiani sapere. Sa che né la buona né la cattiva scuola insegnano agli italiani a cogliere ordine di grandezze. Sa che gli italiani non sanno quante volte i 50 milioni stanno nei 10 miliardi di bonus annui o nei miliardi di incentivi per assunzioni a tempo indeterminato, etc. Così va avanti spedito e convincente. L'ha spiegato ieri. Sapete perché chi si oppone si oppone? Semplice: perché uno su quattro andrà via. Ha fatto anche segno con la mano, per essere certi che comprendessimo. Magari è anche vero. Ci sono sovente o sempre ragioni personali che sostengono le nostre convinzioni. Ci sono per tutti. Compresi quelli che votano Sì. Compresi quelli che ieri detestavano il segretario-premier e ora sono saliti sul carro del vincitore. Ma il dibattito costituzionale e politico davvero deve ridursi a tanto? Finisco. Non voglio apparire o essere presuntuoso. Ma, da cittadino che per una democrazia compiuta cambierebbe tanto e conserverebbe poco, non sono contento di cambiare per cambiare. A parte che ci si vuole fare scordare che cambiamenti costituzionali sono stati fatti (2001, 2005) e di cui ci si è pentiti. Non voglio cambiare per andare indietro. Se l'alternativa fosse questa (e non lo è), scelgo di stare fermo. Davvero è così difficile da capire? W la Repubblica! W la Costituzione (da migliorare, non da peggiorare).