mercoledì 30 marzo 2011

La guerra, il dolore, il corpo, la morte degli altri

Colpita una contraerea, colpito un tank libico. Questo il linguaggio dei giornali e dei media. Efficace, direi. Quando vedo ripetutamente proposta dalle TV nazionali l’immagine di quel tank puntato dai radar e poi l’esplosione, per un momento mi dico: “Evidentemente quelli di Odissea all’alba che hanno consegnato il filmato alle TV sanno che non c’era nessuno dentro il tank”. Ora mi do dell’imbecille per essere stato per qualche attimo incantato dalle parole e dall’effetto videogame delle immagini.
So che inevitabilmente il dolore di una persona, vista in TV, con quel corpo, quel viso, quelle urla, come la donna che a Tripoli dichiara di essere stata violentata dalle milizie di Gheddafi, vale incommensurabilmente di più della morte di un anonimo libico in un tank. Perché di lui, appendice di una macchina, non sappiamo niente. E poi – ma forse è un altro discorso – pensiamo (io ci penso) che non avrà sentito nulla, non si sarà accorto dell’arrivo del missile, il suo corpo si sarà sciolto nell’impatto, senza dolore. Così a Hiroshima e Nagasaki. Quanti, duecentomila, quelli fortunati rispetto ai sopravvissuti, arsi o disintegrati dalle atomiche? In ogni modo duecentomila sono la stessa cosa che duecento, la stessa cosa che uno perché sentiamo duecentomila come un solo evento, una sola morte. Nessuna lezione, nessun rimprovero. Io, come tutti, non ho al pensiero di Hiroshima emozione paragonabile a quella provata vedendo in TV i disperati che dalle Torri gemelle di New York si lanciavano nel vuoto scegliendo di non morire fra le fiamme.
Quindi capisco che noi – occidentali - abbiamo vinto, pur perdendo noi stessi. Abbiamo vinto perché abbiamo imparato a dare una morte asettica. O, ed è la stessa cosa, abbiamo vinto perché abbiamo imparato a non chiamare morte l’annientamento dell’altro, l’incenerimento dei corpi che la nostra tecnologia ci consente. Così quietamente dominiamo (ancora per un po’) il mondo, istruiti a esorcizzare il rimorso. Il mio bravo professore di storia al liceo mi raccontava delle guerre di indipendenza e poi del colonialismo e delle ambizioni italiane per un posto al sole, etc., etc., etc. . Non ricordo una parola sull’uso da parte dei militari italiani di gas tossici sui ribelli libici. Come a un corollario penso a quanto ci sia facile accettare che seimila persone (o solo corpi) se ne stiano ammassati a Lampedusa, privi di servizi igienici e di tutto. E ci sorprendiamo a sentire che persone con la pelle più ambrata della nostra possano gridare in TV: “E’ da sette giorni che non faccio una doccia!”. Anche loro? Quali curiose pretese! Non sono figli nostri. Non dobbiamo loro l’accoglienza -caffè e pasticcini – che riserviamo ai nostri obesi vicini di casa.

venerdì 18 marzo 2011

Rapporto sul pianeta Terra

Capo Provvisorio, la mia missione è finita. Ho trascorso due giorni nel pianeta Terra. Nel primo ho guardato e ascoltato un po’ qua, un po’ là. Nel secondo mi sono concentrato sull’Italia, una penisola immersa nel Mediterraneo che ho scelto perché mi è sembrata rappresentativa di tutta la Terra.
Il riassunto che ti faccio è in una parola sola: spreco.
Lo spreco delle donne. Sulla Terra hanno una strampalata organizzazione sociale. All’inizio si comportavano più sensatamente. Le donne, essendo meno dotate di muscoli, erano esentate dalla caccia. Si occupavano dei piccoli che difendevano e nutrivano, in grotte e capanne. Ma oggi anche sulla Terra non servono più i muscoli. Gli uomini non se ne sono accorti, mi pare, e continuano a relegare le donne nei compiti meno importanti. Ne sprecano l’intelligenza e la voglia di fare che oggi, dopo secoli di lotte, le donne hanno sviluppato. In Italia, Capo Provvisorio, quasi la metà delle donne lavorano solo in famiglia, come nella preistoria. Quando poi lavorano fuori casa sommano un lavoro all’altro. Non ho capito bene perché subiscano questo dagli uomini di cui continuano ad innamorarsi. Forse in questo non sono molto intelligenti.
Lo spreco dei giovani. Benché abbiano sterminati bisogni insoddisfatti, gli umani non fanno lavorare i giovani. Molti giovani passano il tempo studiando cose per le quali non hanno nessuno interesse. Entrano annoiati e tristi a scuola e sono contenti solo quando ne escono: così naturalmente non riescono ad imparare nulla. Certo, è strano: fanno studiare loro cose che poi non useranno né nel lavoro né nella vita. Non so spiegarlo, Capo Provvisorio, ma tanti studiano ragioneria e poi fanno gli operatori ecologici o i vigili urbani; altri studiano ingegneria e poi lavorano nei call center. Dicono che i giovani acquisiscono comunque una “cultura generale”. Io non me ne sono accorto. Credo che con la “cultura generale” cerchino di giustificare l’anarchia e l’incapacità di elaborare progetti educativi sensati. Perché non insegnano direttamente questa “cultura generale” invece che sperare che venga acquisita inconsapevolmente studiando ingegneria o ragioneria? Potrebbero insegnare ai giovani come il corpo si deteriori nei riti alcolici degli happy hour o delle discoteche in cui fingono di divertirsi o potrebbero insegnare come funziona lo Stato. I figli dei ricchi frequentano scuole private che costano tanto per essere autorizzati a non studiare. E’ un cosa strana: prendono così più facilmente, senza sforzo, un pezzo di carta che si chiama diploma, che sembra sia apprezzato anche se non significa niente. In ogni caso i ricchi sono quasi sempre figli di ricchi, soprattutto in Italia. Non hanno bisogno di essere competenti e utili al prossimo per essere ricchi.
Lo spreco degli anziani. Gli umani lavorano solo per un terzo della vita: cominciano a lavorare tardi e finiscono presto, qualche volta non fanno in tempo ad imparare davvero un mestiere che vanno in pensione. Gli anziani passano giornate interminabili davanti alla TV o giocando a carte e rimpiangendo la giovinezza. A volte possiedono mestieri e saperi che scompariranno con la loro morte: li insegnerebbero anche gratis o in cambio di un abbonamento al teatro o di un sorriso se qualcuno li volesse imparare. Adesso in Italia molti sono terrorizzati perché il governo vuole che il malato vicino alla fine possa essere imprigionato in un letto fra tubi che gli entrano in gola e nel naso ed essere alimentato. Dicono che non è giusto che muoia quando voglia: deve prima soffrire. Forse succede solo in Italia perché il governo dice che così vuole un Grande Capo Non Provvisorio che sta in cielo. Non so come il governo faccia a sapere cosa voglia il Grande Capo Non Provvisorio, vista la limitatezza delle loro tecnologie di comunicazione.
Lo spreco della vita e del pianeta. Il problema principale secondo i terrestri è la mancanza di lavoro. Esattamente il contrario che da noi. Noi ci lamentiamo se dobbiamo ancora lavorare cinque minuti ogni tanto. Lì è il contrario, quando si entra nell’età lavorativa, tutti si danno da fare, imprecano, si fanno raccomandare per trovare un posto. Perché non lavorando non potrebbero nutrirsi né far nulla. La disperazione di chi non trova lavoro diventa spettacolo televisivo. Ho visto una trasmissione, “Il contratto”, in cui i capi dell’azienda scelgono il più bravo fra alcuni concorrenti. Quello conquista un lavoro “ a tempo indeterminato” che è una cosa rara e bellissima per gli umani. Chi vince piange di felicità. Chi perde piange per la disperazione. Gli spettatori si appassionano e pare che così le aziende facciano pubblicità e che questo crei nuovo lavoro. Si inventano lavori strani: continuano a fare gonne e pantaloni che buttano via appena indossati; così dicono che si crea altro lavoro. Fanno case per chi ne ha già sette o otto e che non abiterà mai. Più riempiono la terra di rifiuti più dicono che aumenta il Prodotto Interno Lordo, cioè la ricchezza e quindi – dicono – lo sviluppo e l’occupazione. Hanno inventato centrali nucleari per avere più energia e produrre oggetti che diventeranno immondizia. Ogni tanto qualcuna si guasta. Muoiono migliaia di uomini e forse un giorno moriranno tutti. Ma loro dicono che questo è il prezzo da pagare per la civiltà. Qualcuno dice anche che questi disastri – guerre, terremoti, fusioni del nucleo nelle centrali nucleari - fanno crescere il PIL perché stimolano la produzione. Per la verità, dopo un terremoto in una città dell’Italia, so che alcuni che pensavano di poter ricostruire le case abbattute ridevano contenti. Gli umani si sono indignati. Non capisco perché. E’ normale che qualcuno rida in un sistema in cui la fortuna degli uni dipende dalle disgrazie degli altri. Anche quelli che seppelliscono i morti sono contenti quando c’è una catastrofe. Eppure nel tempo alcuni uomini saggi avevano capito qualcosa. Duemilacinquecento anni fa in un posto che si chiamava Atene avevano capito la democrazia e avevano inventato l’ostracismo affinché nessun uomo fosse troppo importante e i capi fossero provvisori come da noi. Ora invece in tutta la terra i capi possono essere capi per sempre o per venti , trenta, quarant’anni e quando si cerca di sostituirli resistono fino a provocare stragi. Gli umani avevano inventato un’organizzazione sociale razionale che somiglia molto alla nostra. La chiamavano socialismo. Ma hanno guastato anche quella. Ora l’hanno buttata via e non se ne può neanche parlare. Perché gli uomini spesso buttano via il bambino con l’acqua sporca.
Capo Provvisorio, per me sono semplicemente pazzi, tutti pazzi. Tu fra poco lascerai la tua carica. Sono contento per te. Chiederò al tuo successore che non mi faccia tornare laggiù.

sabato 5 marzo 2011

La violenza come incompetenza

La violenza disgustosa esercitata in una caserma romana verso una donna lì custodita da tre carabinieri e un vigile urbano è stata ampiamente commentata dai media. Io aggiungo un punto di vista da diversa angolatura. Sorvolo sul fatto che i bellimbusti siano ancora in servizio, seppur trasferiti: nell’Italia che un giorno dovremo pur cambiare il posto di lavoro, soprattutto per quelli che lo hanno pubblico, è sacro.
Rifletto invece sulle giustificazioni degli appartenenti alle “forze dell’ordine”: “era consenziente”, “era una cosa amichevole”, “volevamo passare una seratina”, “avevamo bevuto”. Nessuno – che io sappia – ha preso sul serio queste “giustificazioni” che non giustificano niente. Io però sono esterrefatto che quei “professionisti” abbiano potuto pronunciare quelle parole, credendo di giovarsene. Che la divisa procuri in tanti una vertigine di potere e di impunità è un fatto. E’ un fatto che abbiamo toccato con mano nella storia recente, da Genova della Diaz a Stefano Cucchi. E’ un fatto anche che i democratici siano spesso timidi nel denunciare tali soprusi, preoccupati di non perdere simpatie fra le forze dell’ordine. E’ un fatto poi che sempre, e ancor più nell’Italia della precarietà e del mercato del lavoro duale, la famiglia e le risorse amicali si mobilitino nel progetto di assicurare un posto di lavoro stabile e rispettato, al giovane in cerca di “sistemazione”. Nell’anarchia del sistema familistico vincente, dalla Sicilia cuffarizzata, alla Roma di parentopoli e Alemanno, alla Milano di Moratti, le persone assumono ruoli fuori da ogni logica di competenza o incompetenza. Tutte vittime alla fine della propria furbizia o, meglio, di un sistema che induce a coltivarla. Giacché se è “razionale” la mobilitazione della famiglia per ogni suo membro, non è razionale la disattenzione verso i costi che il sistema ci fa inevitabilmente pagare: quando in ospedale siamo operati dal chirurgo raccomandato o quando, in prigione, siamo custoditi dal carabiniere senza vocazione. Chissà, l’operatore ecologico che deve oggi ringraziare Alemanno sarebbe stato un ottimo carabiniere e il carabiniere imbecille sarebbe stato un ottimo operatore ecologico, non dovendo essere chiamato a capire che una persona in cella non è libera e non può essere consenziente, concetto non facilissimo per persona dalle competenze cognitive modeste.
Riassumendo, dal punto di vista delle competenze, gli uomini dell’ordine (per così dire), come persone, hanno dimostrato di non essere capaci di sentire l’altro e i suoi sentimenti; di non essere capaci di chiedere né sesso né, con ogni probabilità, amore.
E, nell’occasione, come professionisti:
1. Credevano che una persona “custodita” potesse esprimere consenso verso le proposte del “custode”
2. Credevano che una ragazza madre, peraltro colta a rubare, fosse di per sé una ragazza disponibile
3. Credevano di violare un imperativo categorico maschile, rinunciando all’opportunità di sesso facile e gratuito
4. Credevano che la solidarietà maschile avrebbe fatto muro contro una improbabile pretesa di diritto.
Insomma, se la competenza è l’insieme delle caratteristiche personali, dei saperi e dei saper fare relativi ad una posizione lavorativa, quei tutori dell’ordine erano assolutamente incompetenti.
Erano incompetenti i loro selezionatori.
Erano incompetenti i loro formatori che avranno preparato splendidi lucidi e powerpoint con le cose inutili che si propongono nei programmi formativi.
Infine siamo cittadini incompetenti noi che scegliamo di occuparci di tutt’altro.