giovedì 21 agosto 2014

Quelli che fingono di credere


Non vorrei dire cose inutili sull'assassinio di James Foley. Barbaro. Disgustoso. Difficilmente comparabile per efferatezza con ogni altro assassinio. Esprimo solo il mio abbraccio ideale agli splendidi genitori di James. Basta. Aggiungo solo quello che è stato poco detto sull'identità degli assassini. Dicono che circa cinquemila sarebbero occidentali, compreso l'assassino di James, col suo splendido accento londinese. Giovani convertiti all'Islam e alla “fede” in un Dio sanguinario. Convertiti? Credenti? Io non penso che credano davvero. Come non penso che credessero davvero i “nostri” terroristi (Brigate rosse e nere) né alla rivoluzione proletaria né alla rivoluzione nazionale. Non penso credessero né a quegli obiettivi né alla utilità di quelle modalità per perseguirli. Fingevano di crederci come fingono questi nuovi sciagurati. Mi consento un accostamento audace ma per me evidente: come fingono di credere gli ultras che invocano il Vesuvio per seppellire i napoletani o cose simili. Penso a un vuoto terrificante. Il non sapere per cosa si è al mondo. E la fatica insostenibile di progettare percorsi di senso. Quindi credo a due terapie complementari contro il nichilismo nella sua versione fanatica, nella sottospecie incolta degli ultras e in quella “colta” dei terroristi vecchi e nuovi. Una è la difficile repressione e lo sradicamento di questi hic et nunc con ogni mezzo. L'altra è la non meno difficile rivoluzione delle anime e del senso comune occidentale. Occorrono “semplicemente” progetti nazionali, europei e mondiali capaci di proporre orizzonti di senso della vita. Chi può formularli? I “laici” sono troppo pragmatici. Si occupano di cose che si toccano, cioè di banalità: spread, Bce, ottanta euro in più a questi e ottanta euro in meno a chi ha già meno. Forse papa Francesco (non avrei mai pensato di dirlo) può fare di più. Se sceglie, come ha iniziato a fare, i suoi partner in una alleanza delle religioni “umane” e implicitamente laiche. Poi i laici, forse, impareranno a camminare sulle loro gambe. Contro le fedi nazionali, tribali e delle religioni che credono in un Dio folle.

mercoledì 20 agosto 2014

Obiettività, par condicio e varie confusioni


Ho assistito a un incontro con Attilio Bolzoni, giornalista di Repubblica esperto di mafia nel contesto di una struttura balneare espropriata alla criminalità ostiense. Ho assistito passivamente all'iniziativa promossa da Libera. Altro caso, ennesimo, di difficoltà a dissentire. Non ho avuto voglia o coraggio di dissentire fra un pubblico allineato alle tesi dell'oratore. Non rinuncio però a fare ora il punto sul mio dissenso che va oltre l'occasione. Riguardo gli argomenti del relatore consento solo su questo. La denuncia di una stampa per troppo tempo reticente e pavida. Come la magistratura, come gran parte della politica. Nient'altro. “Non sono comunista quindi posso elogiare un comunista” dice praticamente Bolzoni. Il conferenziere, elogia caldamente Pio La Torre, cofirmatario della “Rognoni La Torre” che istituiva il reato di “associazione mafiosa”, segretario regionale del PCI, assassinato nell'82 dalla mafia. “Aveva visto più lontano di tutti”. Probabilissimo. Prima di pronunciare l'elogio, Bolzoni sente però il bisogno di chiarire: “Io non sono mai stato mai comunista. Mai.” Scandisce forte. E' questo che mi irrita profondamente. Se il giornalista avesse militato, brevemente o a lungo, nel PCI, l'elogio del comunista La Torre apparirebbe sospetto? Bolzoni non sarebbe credibile? Così la pensa Mentana che si vanta di non votare. E infatti nel suo Tg è sempre preoccupato di accompagnare un'antitesi a una tesi. Ovviamente e inevitabilmente, una più debole e di mera forma. “Par condicio” chiama tale ipocrisia. Io penso invece che un giornalista o un magistrato di sinistra debba e possa denunciare o condannare qualcosa che sta a sinistra senza problema alcuno. Quasi a corollario per Bolzoni giornalisti e magistrati non dovrebbero entrare in politica. L'oratore ha facile consenso. Cita Ingroia e Grasso, apprezzati nel loro lavoro e assai meno in politica. Soprattutto il primo. Credo però che così vinca l'ideologia della terzietà a sproposito. Se si possiede un'idea politica non si potrebbe essere neutrali o non si può apparire tali. E anche a posteriori la militanza lascerebbe un'ombra pesante di dubbio sull'obiettività esercitata nella professione. Se invece non si milita e si tengono riservate le proprie opinioni è diverso? Ma questa mafia cos'è mai? Non è quella con la coppola. Non è Riina per Bolzoni. E' Cuffaro. E' il ministro dell'Interno. E' l'economia criminale. A questo punto la mafia occupa tutta la scena: criminalità tout court, affarismo e mafia diventano sinonimi mentre Riina è robetta da niente, utilizzato dalla mafia “vera”. E il vertice della mafia? Naturalmente coincide col vertice dello Stato. Fa segno “su, su” Bolzoni, mentre elogia Di Matteo e contesta i suoi nemici. Ma i nemici sono i mafiosi o chi avrebbe trattato con loro o chi oggi coprirebbe quella trattativa? Se tutto è mafia, la mafia trattava con se stessa e oggi copre se stessa? Ma è chiaro cosa significhi l'alludere, senza dire e senza definire. Definire un fenomeno non è un esercizio di scuola. Definisce chi vuole discutere nella chiarezza. Non definire è comodo. Tutto si confonde. Si diffondono veleni mentre nella vaghezza si sfugge a responsabilità e contestazioni.

lunedì 18 agosto 2014

Di Battista: capire o giustificare


Di Battista: capire o giustificare Premetto che credo di essere una persona “normale”. Anche in politica. Mai votato per le estreme estreme. Mai pensato di votare per M5S. Mai simpatizzato per la violenza e tanto meno per il terrorismo. Punto. Dopo le ultime dichiarazioni di Alessandro Di Battista, brillante esponente di M5S, ho deciso di contare fino a 10 prima di commentare. Perché il mio commento non sarebbe stato per nulla in armonia col coro unanime che si leva nel Paese. Tutti, dalla destra alla sinistra, sulla stampa e sul web contro il “povero” Battista. A che servirebbe – mi dicevo – esprimere un diverso parere? E se poi io fossi vittima di un colpo di sole o di un segno precoce di invecchiamento? Beh, ho contato ancora. Fino a 100 e fino a 1000. E commento. Gli amici mi facciano sapere se ho perso la testa. Di Battista ha detto qualcosa di ovvio e qualcosina di ingenuo. “Se un drone mi bombarda ed io non ho mezzi adeguati per replicare – si chiede Di Battista – io cosa faccio? Mi carico di tritolo e mi faccio esplodere in un autobus”. Ha detto cioè che il terrorismo e il suicidio-omicidio dei kamikaze è l'arma di chi non ha armi. Di chi non ha sofisticati strumenti di puntamento né atomiche. Condivido fin qui. Purché non si esaltino le ragioni dell'Isis, del Califfato, degli stupratori, dei massacratori, degli infibulatori, io condivido. Giacché- se proprio si deve scegliere con quale assassino stare – governo o banda che sia – io scelgo Israele. Scelgo Israele perché uccide nei modi che la cultura occidentale di cui sono imbevuto considera più civili. E perché bombarda scuole e ospedali per colpire un “terrorista”, ma lo fa per proteggere valori che sono i miei (eguaglianza dei generi, libertà sessuale, etc.), non la subalternità femminile, l'infibulazione o simili porcherie. Ma Di Battista ha esaltato le modalità assassine dei fondamentalisti? Ha esaltato il loro progetto di società? Leggo e rileggo e non trovo nulla di simile. Ha detto semplicemente di “capire” le ragioni del terrorismo. Non di giustificarle. Povertà, oppressione coloniale, etc. lo hanno prodotto. Non è vero? Per essere fermi contro il terrorismo dobbiamo dire che non lo comprendiamo? Pare di sì. Dobbiamo dire che siamo stupidi e non comprendiamo. Di Battista ha anche aggiunto peraltro che sarebbe preferibile una lotta non violenta. Anzi – ho controllato – il 10 agosto , anticipando il tema, aveva postato l'immagine di Gandhi, in un post intitolato “Solo la nonviolenza ci salverà”. Infine la cosa più ingenua. Trattare coi terroristi. Per la verità continuiamo a discutere di trattativa Stato Br o Stato mafia. Non sarebbe troppo diversa una trattativa con l'Isis o Califfato che sia. Solo che loro non credo siano disponibili a trattativa alcuna. Penso vogliano la resa totale. Ha ragione Di Battista. Noi buoni (traduzione mia) siamo colpevoli. Noi buoni (senza ironia) abbiamo prodotto il male (Bin Laden, Califfato, etc.). Non rimediamo arrendendoci. La frittata è fatta. Il mostro è vivo e vegeto. Dobbiamo estirparlo. Distruggerlo. Quando avremo sparso nuovo sangue come drammaticamente necessario, però rispondiamo seriamente alla domanda sul perché siamo giunti a questo.

venerdì 15 agosto 2014

Fra i rifiuti di ferragosto


Parlo di quelli umani. Sconsigliato a chi non vuole guastarsi il ferragosto. Naturalmente non saprò mai se si tratti di caso oppure di una mia modalità di selezione di ciò che ho attorno. Sospetto si tratti della seconda. Intraprendo con mia moglie la passeggiata di ferragosto. Dopo la raviola di ricotta divisa a metà e il caffè,si decide di andare sul lungomare di ponente della nostra Ostia. Quello che più spesso trascuriamo o saltiamo prendendo l'auto per raggiungere il porto, lì a pochi metri dalla zona di degrado in cui si consumò l'assassinio di Pasolini. Ora la zona antistante il mare è relativamente risanata. Esteticamente. Alle spalle pulsa però la piccola e la grande mala in gran parte -dicono - proprietaria del “risanato” litorale e delle attività commerciali. Dicevo che propendo per l'ipotesi di un mio sguardo selettivo. Infatti mia moglie, passeggiando e scrutando, esercita una diversa selezione, riservando commenti pietosi per gli esercizi deserti di pubblico, che siano boutique, bar o stabilimenti balneari. “Come faranno?Come vivranno?” Etc. Io un po' meno. E la rassicuro come posso: “Forse sono attività fasulle di mero riciclaggio” oppure: “Non saranno né i primi né gli ultimi a fallire”. E così via. Invece guardo con attenzione, anche oggi, quelli che, numerosissimi, frugano fra i rifiuti. Quello che vedo oggi mi sembra molto professionale. Ha trovato una busta piena di indumenti per bambini e seleziona compiaciuto di se stesso quello da prendere e quello da ributtare nel secchio dell'indifferenziata. Più avanti, davanti alla mensa della Caritas, al confine fra centro e inizio del famigerato ponente, un gruppo di immigrati usa l'italiano come lingua veicolare, con l'esperto che spiega agli altri non so quali strategie di fruizione. Pochissimi bagnanti nei lidi privati. Molti nelle spiagge libere. Da una di queste una ragazza fugge via piangendo disperata. Ci fermiamo. Pare abbia perso il suo cane. Mi preparo mentalmente un commento sulla nuova umanità che darebbe la vita per un animale mentre tranquillamente darebbe (e dà) la morte agli uomini. Le trovano il cane. Lei torna indietro e comincia a picchiare un ragazzo, forse il suo ragazzo, che stava davanti a una tenda sulla spiaggia. Sembra invasata. Uno dell'altra epoca (un mio coetaneo) commenta: “E' l'effetto di una notte di alcol”. Intanto lei sradica la tenda e la usa come arma contro il compagno. Penso a qualcosa di più pesante di una sbronza. Ci sono altri ragazzi a contenerla ora. Andiamo avanti. Anzi indietro, tornando verso il centro. Davanti a uno degli stabilimenti balneari più rinomati, c'è una donna anziana con un pacchetto di non so cosa. Vedo bottiglie vuote e scatole vuote. Però vedo che ha il viso imbrattato di... Sembra... Faccio fatica a crederci ma dalla bocca agli occhi la donna si sparge qualcosa che sembra...Davanti allo stabilimento in cui stanno quelli che possono spendere 50 o 100 euro a ferragosto. Poi alza la gonna. E succede quello che mi aspetto. Orina in piedi. Accorrono inservienti del lido. Sul viso c'era evidentemente quello che pensavo. Torniamo a casa. Pasta con gamberi e zucchine e calamari al forno. Andiamo avanti. Ci furono epoche in cui gli scarti umani si chiudevano in lager chiamati manicomi. Ci furono epoche in cui gli scarti erano soppressi. Oggi sono in mezzo a noi. “Liberi” perché la nostra è l'epoca della libertà. Di cementificare ed inquinare perché altro modo non c'è di dare occupazione. Di licenziare perché questa attività è mia e tu mi devi essere grato finché ti pago. Di drogarsi, con qualche sanzione e qualche inutile predicozzo. Di aprire sale scommesse, finanziare politici compiacenti o farsi spennare alla slot machine. Ci sarà una volta un'epoca in cui ci prenderemo cura l'uno dell'altro? Non episodicamente. Non se si trovano generosi volontari. Ci sarà un'epoca in cui sia chiamato “sviluppo” prendersi cura l'uno dell'altro, nessuno escluso? Temo di no. La battaglia è perduta. Anche per l'imperizia, la fretta o il tradimento di alcuni che militavano nelle bandiere della speranza. Si dirà sempre che non si può perché limiteremmo la libertà umana. Gli agenti del mondo esistente ci spiegano continuamente, ora pazientemente, ora nervosamente, su facebook, che sarebbe “totalitaria” una società “piatta” in cui a nessuno venga in mente di ignorare il calcolo delle probabilità giocandosi nelle slot machine salario, paghetta di genitori e nonni o proventi da rapina; in cui a nessuno venga in mente di imbrattarsi il viso con le proprie feci. La battaglia è perduta. Buon ferragosto.

giovedì 14 agosto 2014

Lo sguardo paterno


Tra le diverse occasioni di animazione ad Ostia l'altra sera ho scelto la rassegna filmica “L'etica libera la bellezza” . Si propone Biutiful cauntri , sul disastro colpevole nella terra dei fuochi. Ne avevo visto solo una parte a suo tempo e non mi va bene neanche stavolta. Riesco a vedere l'incredibile visita di Bertolaso nella terra dei veleni, con la gente che gli chiede conto. Lui che usa un volgare diversivo protestando perché lo chiamano “onorevole”. Come – ricordate? – quel prefetto che fa la scenata tempo fa al prete anticamorra perché ha chiamato “signora” invece che “eccellenza” un prefetto donna. Esempi da manuale di una classe dirigente irresponsabile. Ma – dicevo – vedo poc'altro e sono costretto a fuggire dopo una mezz'ora per aggressione da zanzare. Nessuno normalmente ti chiede nulla se lasci un cinema o un locale. Tanto hai pagato il biglietto. Stavolta è diverso. Gli spettatori non sono tantissimi. Cabaret e canzonette sul lungomare prevalgono. Mi si avvicinano una ragazza e un ragazzo poco più che ventenni. Tentano di capire. “Poi c'è un altro film” mi dicono. Spiego il problema zanzare. “Domani metteremo la citronella” mi rassicurano. Anch'io rassicuro loro: “Tornerò”. Sono dispiaciuto più di loro. Per averli delusi, più che per il film perduto. Loro sono parte di Cinemovel Foundation, convenzionata col Comune per l'estate romana e aderente a Libera. Che io vada o resti non è indifferente per loro, per la loro passione di cinefili e per il loro impegno di militanti, ai nostri giorni frequentemente deriso. Adesso mi è chiaro che sto esercitando il mio sguardo paterno. Quel mix di sentimento di apprensione e di “tifo” con cui talvolta guardiamo al faticoso farsi largo dei giovani oggi. A volte è come se volessimo soffiare su vele incerte che non prendono il largo. E mi sembra proprio uno sguardo paterno questo, non solo genitoriale. Madri e sorelle custodiscono e proteggono corpi vivi o morti e memoria, fin da Antigone. Come la sorella di Cucchi, la madre di Aldrovandi, etc. Noi padri – quando (più spesso) non siamo assenti – proviamo a soffiare su quelle deboli vele. Pur temendo il naufragio. Mi viene in mente il confronto fra le mie emozioni e quelle di mia moglie quando mia figlia lavorava alla sua tesi. Riguardava i writer (graffitari). Lei girava a tarda sera cercando il contatto con gli anonimi “artisti” di strada. Pur condividendo sentimenti, in mia moglie prevaleva l'apprensione; in me quel soffiare sulle vele. Con la difficile ricerca di sintesi: “Fallo, se serve, ma stai attenta e fatti accompagnare, magari a distanza”. Ci sto pensando ascoltando l'intervista al padre di Simone Camilli, ucciso a Gaza. Un padre fiero e senza lacrime. Ci penso leggendo l'intervista al padre di Vanessa Marzullo, una delle due volontarie rapite in Siria. Contro il cinismo volgare di chi fa calcoli su quanto costerà il riscatto eventuale per le rapite. Insomma, stasera forse mi armerò contro le zanzare e vedrò Generale su Alberto Dalla Chiesa o riproverò con Fortapàsc a ferragosto. Apritevi, vele.

domenica 10 agosto 2014

Distinguere: per la giustizia e contro il razzismo


Nella capitale d'Italia dove il mostriciattolo - il razzismo e la sua variante antisemita - è vivo e vegeto, pur con brevi periodi di astinenza, dopo le scritta idiote ora i muri ospitano deliranti liste di proscrizione. Commercianti e operatori economici che si consiglia di non frequentare perché - udite, udite! - essi si tasserebbero per sostenere Israele e, implicitamente, la sua politica aggressiva verso la gente di Gaza. Bisogna dirlo chiaro: le scritta sono opera di sciagurati, fascisti, ignoranti (sinonimi). Con altrettanta nettezza si deve invitare la sinistra democratica a chiarire agli incolti in buona fede che una cosa è Israele, altra cosa è il popolo ebraico. Chiarire che gli ebrei esposti (nell'intenzione degli imbecilli) alla gogna e alla proscrizione sono cittadini italiani, non di Israele. Chiarire ancora che i cittadini ebrei di Israele, come quelli italiani, hanno il diritto di vivere in pace. Come l'oppressa e tormentata popolazione di Gaza. Ma nelle scuole d'Italia si è promossi, pur facendo confusione fra governo e popolo, etnia, religione, cittadinanza? Temo di sì. Non va bene. P.S. Attribuisco ai governi israeliani e ai loro amici, protettori a sproposito, le massime responsabilità della crisi. Nondimeno, l'ospedale che frequento di più è quello israelitico (vi farò anche il prossimo intervento di ernia). E, per essere chiari fino in fondo, se fossi costretto a scegliere, sceglierei di vivere in Israele piuttosto che in qualsiasi altro Paese del medio oriente. Vivrei in Israele e protesterei a fianco dei suoi pacifisti contro il massacro di civili e contro una politica senza sbocchi.

venerdì 8 agosto 2014

Due che non hanno vacanza


Della mia vacanza leccese ricordo due persone senza vacanze. La prima che riesce a paralizzare il traffico pedonale nel centro del centro, in piazza S. Oronzo. Vedo cordoni che chiudono l'accesso al tratto che conduce alla sede della Banca d'Italia e carabinieri, tanti carabinieri. Vado a consumare il rituale gelato e scorgo un furgone nero che arriva. E' un carro funebre che si ferma davanti alla Banca d'Italia. L'indomani saprò. Una inserviente quarantenne si è lanciata dalla tromba delle scale. E' finita. Adesso non sa più nulla di riforma del Senato o di Jobs Act e neanche delle ragioni di Israele e dei palestinesi. Si è disimpegnata per sempre dai nostri appassionanti confronti. Episodio due. L'indomani, nel parco giochi poco distante, con le nipotine, mia moglie ed io su una panca. Si avvicina una donna. Sobria, pulita, con un pacchetto in mano. La solita mendicità occulta, si capisce. Di chi vuole fingere di dare qualcosa in cambio. Mollette vagamente decorate. Ma la cosa che mi fa star male, mentre mia moglie estrae il borsellino, è quella terribile rassicurazione: "Non mi avvicino". Infatti si tiene a distanza. Con le mani aperte protese in avanti. Come se potesse contaminarci. Avrà imparato anche questo. Che chi fa l'elemosina preferisce farla a distanza. Come faceva il mahatma (grande anima) Gandhi, il liberatore dell'India - ho appreso - rifiutando anche le noci offerte dagli intoccabili. "Le darò alle mie capre - si giustificava- e bevendo il latte avrò consumato le vostre noci". Gandhi, Israele, la Palestina, la riforma del Senato, il Jobs Act, i faziosi e i semplificatori. Il mondo è troppo complesso. Qualche volta vorrei scendere o almeno smettere di pensare inutili pensieri.