martedì 29 dicembre 2015

Felice 2016 (per quanto possibile)


Auguro ad ogni amica/o il meglio possibile. Per l'Italia il meglio possibile non è molto. Cosa posso augurare di possibile? 1. Che ci si guardi in faccia e si smetta di primeggiare nel peggiore stile facebook. Ovvero che si abbia maggiore voglia di studiare e confrontarsi per rimettere in piedi il Paese 2. Che ci sbarazzi un po' delle verità preconfenzionate di cui siamo nutriti. 3. Che si riconosca un po' la verità per cui gli uomini nascono eguali da capo Passero alle Alpi, dall'Amazzonia all'Antartide e che la diseguaglianza ammessa è quella minima per premiare l'impegno, finché servirà, non la nascita o la rendita; e che se non è vero questo è vero il terrificante opposto per cui gli uomini sono in guerra l'uno contro l'altro e tutto è permesso. Ogni presunta via di mezzo è una parete scivolosa da cui si cade giù. 4. Infine che ci si mobiliti al momento del referendum per bocciare la pessima riforma costituzionale che, insieme all'Italicum, può consegnare il Paese ad una minoranza o ad un uomo solo. Tra i miei moderati auspici questo peraltro è il più a portata di mano e foriero di cambiamenti veri.

mercoledì 23 dicembre 2015

Auguri agli ultimi


Gli ultimi sono ultime, mi sembra. Se debbo scegliere qualcuno che ha più bisogno di auguri, intesi come condivisione di speranze, scelgo le giovani rom che quotidianamente ad Ostia si affaccendano fra i cassonetti delle immondizie per recuperare qualcosa che abbiamo ritenuto inutile. Le conosco tutte quelle che lavorano nella mia zona del centro. Perché le scruto sempre con curiosità. Essenzialmente cerco di indovinare i loro pensieri. Se hanno paura di qualcosa o di qualcuno. Forse sì: del padre o del compagno che magari beve le sue birre da qualche parte. Se hanno speranze. Temo di no. Se hanno gioie. Penso di sì. Le vedo sorridere ogni tanto, se trovano nel bidone qualcosa di prezioso. Qualche volta le vedo in gruppo ai tavoli di una pasticceria. Ed oggi ho visto un gruppetto con sacchetti di regali, immagino per padri e compagni. Allora decido di associarmi al clima festoso ed augurale, augurando loro non un buon Natale o un anno felice, ma una vita nuova. Penso sia giusto scegliere loro perché, se il mio augurio si realizzasse, non solo le giovani rom sarebbero liberate da un lavoro sgradevole e dalla "tutela" nefasta dei loro uomini, tutti invece saremmo liberati: dall'ossessione dei consumi i cui avanzi riempiono i bidoni, dalle teorie spericolate dell'anti-austerità, dal pensiero che solo i consumi dei ricchi mettono in moto la famosa "economia", dalla rassegnazione alla diseguaglianza.

La battaglia che è mi è più facile condividere


I radicali non cambieranno il mondo. Non mi pare abbiano idee chiare e comuni sul mercato, su Renzi o su tutte quelle cose di cui più spesso sono pieni giornali e il web. Però le loro circoscritte battaglie sono per me sempre condivisibili. Divorzio, aborto, carcerati, tutto quello che riguarda le minoranze che per definizione hanno torto e quello che non sappiamo se mai ci riguarderà. Fra queste il diritto di morire se si ritiene la vita invivibile. Non dico altro. Non so se abbia senso salutare ora Dominique Velati che ha deciso di di andarsene in prossimità del Natale. E non so davvero quale battaglia possa essere fatta perché scompaiano dal mondo i dolori della malattia e quelli della perdita di senso della vita. Sospetto soltanto che la politica non possa cambiare tutto questo che non era - mi pare - nell'agenda di Marx. http://www.gadlerner.it/…/il-commovente-saluto-di-emma-boni…? utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+gadlerner%2Ffeed+%28Gad+Lerner+Blog%29

sabato 19 dicembre 2015

Buon Natale con perplessità


Gironzolare per il centro di Ostia, ovviamente ricco di luci e di persone affaccendate e festose. Con inevitabile malinconia. Forse invidia per chi sente la festa e per la forza della Chiesa che ci detta e mi detta l'agenda. Con l'inutile, perdente pensiero di sostituire il Natale o aggiungere una festa laica. Ci sono già le feste laiche. Ma sono poco sentite. Ogni tanto soppresse quando si decide che per l'economia dobbiamo lavorare di più. Poi magari si decide che per l'economia dobbiamo lavorare di meno: andare prima in pensione per far posto ai giovani o lavorare meno per lavorare tutti e altre futili invenzioni. Come si fa per il risparmio -no?- che prima dà luogo alla giornata del risparmio, poi è deprecato perché deprime i consumi, poi è taglieggiato o derubato dalle banche e cose così...Ma se inventassimo la festa della Ragione? E se inventassimo la festa dell'Eguaglianza? E se inventassimo la festa dell'Accoglienza? Divagazioni. Si può rispondere facilmente che la Ragione non è per un giorno. Che non lo è l'Eguaglianza e l'Accoglienza. Il popolo immenso di chi ha idee chiarissime, assolutamente maggioritario su fb, mi rimbrotterà. Come mi rimbrottano certe femministe quando mi unisco a festeggiare l'8 marzo. Forse inventerò una festa per me solo dedicata a chi dubita, fortissimamente dubita. Buon Natale.

venerdì 18 dicembre 2015

L'uomo irrazionale e le ragioni dell'assassino


Avviso agli amici: non nascondo il finale. Nell'ultimo film di Woody Allen l'uomo irrazionale, Abe, (Joaquine Phoenix) è un professore di filosofia che ha smesso di credere alla filosofia. La insegna brillantemente ed è molto amato da studenti e ancor più da studentesse. Perché gli uomini brillanti e tenebrosi – si sa – sono affascinati. Anche se sono stropicciati e con vistoso pancino. Abe non crede più nelle sue passioni giovanili – la politica, il volontariato, il terzo mondo – e non crede più nella filosofia e nel suo lavoro perché nessuna attività e nessuna filosofia gli appare produttiva di cambiamento né riesce a suggerirgli uno senso nella vita che egli infatti trascorre da tempo senza gioia ed emozioni, col solo conforto dell'alcol ; neanche il sesso gli è ormai d'aiuto. Indifferente ai tentativi seduttivi della collega, Rita (Parker Posey), come della giovane allieva (Emma Stone), è ormai, come si dice, “impotente”, inabile a quella pratica che dicono essere essenziale nel sesso. Succede però qualcosa per una conversazione casualmente ascoltata. La storia di una normale ingiustizia con un giudice che, per motivazioni che nulla hanno a che vedere con la giustizia, sottrae i figli alla madre per affidarli ad un padre incapace e anaffettivo. Non c'è rimedio legale all'ingiustizia quando peraltro ogni ricorso è impedito da costi insopportabili. Così Abe ha l'idea che rimette in moto la sua anima stanca. Solo la morte del giudice può restituire giustizia e felicità a quella madre. L'assassinio del giudice, a differenza di ogni brillante, inutile conferenza su Kant o l'esistenzialismo , cambierebbe qualcosa nel mondo, facendo per una volta giustizia. Il pensiero diventa progetto e il progetto restituisce senso e vitalità all'esistenza del professore. Che infatti recupera anche la capacità di far sesso e di amare. Da questo punto il film echeggia molto Match Point, uno dei capolavori di Allen. Infatti, nuovamente Allen ci induce (o almeno mi induce) a parteggiare per l'assassino. In Match Point l'empatia verso il protagonista catturato dalla forza irresistibile di Eros (Scarlet Johanson), col giovane impegnato nella scalata sociale che non può compromettere la sicurezza rappresentata dalla moglie e dalla sua ricca famiglia, a costo di uccidere. Qui, in Irrational man, l'empatia è per le ragioni dapprima altruistiche dell'assassino. Che scoperto, dall'allieva innamorata, non può che progettare un secondo assassinio per non pagare con l'ergastolo la sua azione morale. Giacché l'allieva si rivela seguace della filosofia del diritto e di un'etica tradizionale. Poi, come in Match Point, il Caso onnipotente ha la meglio. Lì quell'anello che oscilla sulla ringhiera e che se cadrà nel fiume condannerà il protagonista e invece, cadendo al di qua, lo salva. Qui la lampada regalata dal protagonista alla giovane amante che produce una dinamica fatale. Allen continua a dirci che la razionalità non ci governa. Ci governa il capriccio del caso e ci governa, insieme alla paura della morte, l'angoscia per il non senso della vita. Non vedo nulla di più attuale in quest'epoca dalle pulsioni assassine.

mercoledì 16 dicembre 2015

Esultare per una morte?


Leggo sulle pagine di amici democratici e di sinistra commenti variamente esultanti alla notizia della morte di Gelli. Non posso proprio condividere quei toni. Probabilmente Gelli ha rappresentato una minaccia fra le più gravi alla nostra incerta democrazia. Alcuni lo hanno combattuto. Alcuni no. Forse i suoi eredi sono presenti fra le istituzioni o nelle loro prossimità. Forse. Occupiamoci allora degli eredi. Sui morti e sulle vite sbagliate è inutile e di cattivo gusto infierire. Mi dissocio come mi dissocio, quando posso, dallo scempio di piazza Loreto. Resto emotivamente foscoliano: "dal dì che nozze, tribunali ed are dier alle umane belve esser pietose di se stesse ed altrui...(I sepolcri). Mi dissocio non solo per un istinto etico-estetico. Mi dissocio anche per una convinzione della mia ragione. La violenza - verbale e reale - non giova. Anzi funge da sfogataio distraente rispetto all'agire. Mi associerò alla violenza utile quando sarà il caso, in nome della giustizia e per liberare gli ultimi. Credo però che basterà un pacifico sit in o al più uno sciopero della fame purché coinvolgente milioni di consapevoli. Adesso sento invece di rivolgere un saluto riconoscente a Tina Anselmi, Presidente della commissione parlamentare sulla P2.

Meglio lo ieri recente


Sentito ieri alla 7 prima l'odiato Monti poi il perdente Letta. Ho provato quasi nostalgia pensando al presente. Moderatissimi entrambi nei toni. Il primo critica l'abolizione della tassa sulla casa in nome di una doverosa progressività delle imposte. Anzi, a domanda specifica di Gruber, ammette di sentirsi più a sinistra di Renzi. Guardando al meno peggio in attesa del lontano ottimo, confermo, malgrado ingiustizie ed errori clamorosi come quello sugli esodati. Il secondo dice con convinzione una cosa sacrosanta. Che è bene che nessuno scelga la politica come mestiere. E' bene avere un lavoro che consenta di non vendersi l'anima per sopravvivere nella politica. Ben detto. Non risponde alla domanda di Floris se stia pensando per contrasto a Renzi. Dice soltanto che condivide il motto evangelico "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te". Saranno differenze antropologiche (e non sono solo antropologiche), ma auspicherei che la sinistra socialista radicale e compatibile che non vedo all'orizzonte si confronti in futuro con una destra (o centro) seria, come quella che Monti e Letta (e fuori d'Italia, Merkel) rappresentano.

martedì 15 dicembre 2015

Il dio ridicolo


L'opera di Jaco Van Dormael, autore di “Dio esiste e vive a Bruxelles” (Le Tout Nouveau Testament) è preziosa e militante. Contro l'Isis e tutte le superstizioni ovvero tutte le invenzioni religiose. Il suo dio vive a Bruxelles in un locale claustrofobico e governa il mondo con un personal computer, seguendo il filo del suo capriccio. Se ne sta in ciabatte e fuma e beve ininterrottamente. Ha una moglie sognatrice e succube come molte mogli. Ha un figlio - Gesù - avventuroso e masochisticamente generoso. Ha anche una figlia, Ea, la ragazzina che si svela ribelle. Ea manomette la protesi informatica del dio ridicolo e svela ad ogni uomo per sms la data della sua morte. Un'operazione per restituire la libertà, rimuovendo il mistero della morte che rende gli uomini ricattabili dai precetti di dio. Così Ea può reclutare per un Nuovo “Nuovo Testamento” sei nuovi apostoli fra cui un assassino ed un erotomane: insomma proporre una nuova etica della libertà. Ad una possibile lettura il film di Van Dormael suggerisce il bisogno di riscoprire un dio possibile liberato dall'antropomorfismo con cui gli uomini si sono sbizzarriti a ridicolizzarlo in diverse modalità nel tempo e nello spazio. In controluce la divinità non contraddittoria a me pare quella epicurea, quella del dio ininfluente. Gli dei non possono ragionevolmente occuparsi degli uomini. Se lo facessero si dimostrerebbero incompiuti. Se ne stanno felici nel mondo iperuranio senza perdere tempo a darci precetti. Il nostro rapporto con loro può essere solo in una direzione, quella che ci può indurre ad imitarne la felicità. Le preoccupazioni epicuree per non rompere formalmente con la religione del suo tempo, celavano appena il sostanziale ateismo, oggi la critica atea del film di Van Dormael umanizzando grottescamente dio propone di fatto la liberazione da qualunque dio inevitabilmente capriccioso che ora ti chiede castità, poi di uccidere, poi di farsi esplodere, via via inventando strampalati dettami. Ottimo manifesto il film del regista belga per la prevenzione dell'idiozia terroristica. Anche di questa.

lunedì 14 dicembre 2015

Non l'opposto di Renzi, ma un'altra direzione


Ho votato i referendum proposti da Civati non condividendoli. O meglio, condividevo molto quello contro l'Italicum. Poco o nulla gli altri. Li ho votati per incoraggiare Civati. Pentendomi subito dopo. Li ho votati contro Renzi che considero una peste per il mio Paese. Che il renzismo sia una peste non significa che ogni proposizione di Renzi sia sbagliata. Significa invece che il suo “insieme”, la sua politica e la sua “narrazione” sono pestiferi. Neanche le singole proposizioni di Salvini o Le Pen sono tutte sbagliate. E' il discorso nella sua interezza a non essere condivisibile. Esempi. Il Jobs act con la monetarizzazione del licenziamento che esclude il re-ingresso del lavoratore “ingiustamente” licenziato non mi appare sbagliato. Purché accompagnato da qualcosa che invece non c'è. Se accettiamo (o subiamo) la proprietà privata degli strumenti di produzione, proteggere il lavoratore dal licenziamento ingiusto mi appare simile al voler imporre al marito padrone di tenersi una moglie sgradita, che è violenza al marito e alla moglie. La moglie deve poter avere un altro marito invece. E il lavoratore avere un altro lavoro (o posto). Tre le condizioni perché il lavoratore licenziato non debba soffrire del licenziamento. La prima è che le sue competenze siano visibili nel mercato. La seconda è che il mercato (altre aziende) cerchi competenze e non altro (scambi, favori incrociati). La terza, infine, è che lo stato di disoccupazione provvisorio sia accompagnato da adeguato salario (di cittadinanza, di dignità, etc.), nonché da misure di sostegno formativo ed orientativo e anche da lavoro socialmente utile. Se queste misure si verificassero avremmo la flexsecurity di stampo scandinavo. Non verificandosi, abbiamo il Jobs act. Cioè nulla. Continua a mancare in Italia una efficace e credibile valutazione delle competenze, presente in molti Paesi europei: con certificazione periodica che apprezzi le competenze comunque formate (nel sistema formativo, nel lavoro, nell'autoformazione, con certificazioni e trasferimento di crediti). Continua ad essere vincente invece lo scambio fra azienda e contesto soprattutto politico (paramafioso), il cui abbattimento sarebbe fra le prime vere riforme di medio periodo e poco adatte al tweet e alla slide. Continua a mancare il salario di cittadinanza e le misure integrate che diano senso al periodo di assenza dal mercato. Magari con opzioni diverse e negoziate: se e quanta formazione, se lavoro socialmente utile o semplicemente assunzione da parte dello Stato come datore di lavoro di ultima istanza. Se tutto questo ci fosse, ci divideremmo fra liberali (o liberisti) e socialisti (o collettivisti), ma entro la cornice costituzionale della effettività del diritto al lavoro (secondo comma art.3 Costituzione), effettività assolutamente tradita. Parole inutili le mie. Non accoglibili né dal partito della nazione, né dai suoi oppositori, tutti ossequienti al senso comune che dice cose strane o paradossali: che il lavoro è determinato e solo da dividere, che l'anziano che potrebbe essere pensionato o l'immigrato toglie lavoro al giovane o all'italiano, che non c'è lavoro e posto per tutti, che il lavoro è forse diritto ma non anche risorsa, che a chi lavora pesa il lavoro altrui, non l'inattività altrui. Un mondo ribaltato da rimettere in piedi. Con nuove libertà e nuovi vincoli.

giovedì 10 dicembre 2015

Senza infingimenti contro il senso comune


Lo dico senza infingimenti. Landini mi è simpatico. Per la sua passione.Per la sua chiarezza. Perché mi sembra sincero e non opportunista. Ma...ma, accipicchia, lo ascolto a Piazza Pulita e sento le solite ricette. Ricette, linguaggio, pensieri che appartengono ad un senso comune dominante senza capo e senza coda. Dopo la pseudo-evidenza che è di Landini e un po' di tutti per cui allungando la permanenza al lavoro degli anziani si sottraggono opportunità ai giovani, oggi risento questa. Poiché bisogna incrementare i consumi per stimolare produzione e quindi occupazione, detassiamo gli incrementi salariali. Come è evidente! Come non averci pensato! E perché non stampare qualche miliardino di euro e lanciarlo in carta o moneta sulle città? Lo avevo già proposto a Renzi quando finse di aver deciso il bonus ai penultimi per stimolare i consumi. Io che sono all'antica credo ancora che il denaro si guadagna perché si hanno le competenze per guadagnarlo, perché si ha bisogno e perché si ha forza. E infine per il piacere di spenderlo per quel che ci piace. Non per stimolare i consumi, l'economia e l'occupazione. Per l'economia serve invece semplicemente mettere tutti al lavoro. E la disoccupazione è invece l'invenzione di una società malata. Queste le mie semplicissime convinzioni. Appunto. Invece Landini e Renzi si credono avversari ma sono protagonisti e vittime dello stesso senso comune ,

Forma, sostanza e spreco


Avrebbero dovuto leggere i numerosi codicilli del contratto con cui acquistavano obbligazioni "subordinate" (cioè con rischio di perdere tutto). Avrebbero dovuto sapere cosa significa "subordinate". Avrebbero dovuto sapere che gli organi di controllo (Consob, Banca d'Italia) non possono controllare o non sanno controllare o non possono intervenire. La pensionata ottantenne che non capisce il bugiardino dei suoi farmaci e dice "la medicina rossa alle 8.00, la medicina nera alle 12.00" avrebbe dovuto essere un'esperta. Altrimenti peggio per lei. In un Paese dove il formalismo è al servizio dei soliti noti i dotti non capiscono invece il senso dell'appello all'effettività contenuto nel secondo comma dell'art. 3: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’or­ganizzazione politica, economica e sociale del Paese". Non capiscono il senso della libertà e dell'eguaglianza sostanziale. Mi taccio quindi sul triste "intervento umanitario" promesso da Padoan. Sinistramente simile alla ridicola quota restituita ai pensionati dopo la pronunciata incostituzionalità della deindicizzazione delle pensioni. Qualcosa faremo. Un pensierino. Un regalino. Boh. Altra considerazione in cui mi troverò solo. Quanto costano i controlli? Quanto denaro, tempo e intelligenza è speso per controllare ciò che è difficilmente controllabile? E quanto di carta stampata e di spazio televisivo per trovare rispostine a ciò che non ha risposta? La mia risposta è invece semplice e radicale: Nazionalizzare le banche.

domenica 6 dicembre 2015

Cosa fare per i poveri bulli


Lo posto seguendo il filo dei miei ragionamenti sul Grande Vuoto (o Grande Rincoglionimento) di quest'epoca grigia, triste e tragica. Suggerisco agli amici di evitare parole inutili e inflazionate sul web, quali: stronzi, merda, impiccateli, etc. Lo suggerisco perché lo sfogo non è solo inutile. E' anche dannoso. Perché ci consola facendoci pensare di aver fatto la nostra parte. Invece non dovremmo cercare sfogo o consolazione, ma solo impegno, minimo. quotidiano e coerente. Allora facciamo in modo che arrivi un messaggio-consiglio chiaro ai genitori dei bulli che incatenano il disabile e gli orinano addosso. Pensateci dieci, cento, mille volte prima di dire: "E' stata una ragazzata", "Mio figlio si è lasciato coinvolgere" e balle simili. Se direte parole così non sarà perché amate i vostri figli, ma perché vi sentite colpevoli. E pensate di minimizzare le vostre responsabilità minimizzando le loro. Questo vale per quei genitori e per tutti i genitori. Poi cominciamo a proporre altre cose. Una "buona scuola" che sia buona davvero. E presidi psico-pedagogici a scuola e nel territorio, con operatori veri che sappiano parlare ad adolescenti e genitori. E soprattutto l'impegno quotidiano con una cultura capace di ridicolizzare il piacere malato della prevaricazione e rispondere con progetti di vere avventure al Grande Vuoto che oggi ti fa schernire il disabile, domani lanciare sassi dal cavalcavia e infine convertirsi alle castronerie assassine del Califfato. P.S. Il carcere probabilmente è inutile. Anni di lavoro socialmente utile e risarcitorio, insieme ad un prelievo a vita sui futuri emolumenti sarebbero meglio. Pensiamoci. http://www.leccenews24.it/…/bullismo-accanito-contro-un-min…

Maurizio


Ti dico quello che non sono riuscito a dirti prima. So che mi amavi. So che mi stimavi. Pensavi che io fossi il fratello intelligente. Ho il dubbio che tu pensassi che io non ti ricambiassi. E' tardi per dirtelo. Ma i tuoi sentimenti erano corrisposti. Ho smesso di giocare a poker tanti anni fa perché ero abituato a vincere, ma poi tu, fratello più giovane, avevi cominciato a battermi. Mi battevi sempre. Con la morte di nostro padre la famiglia è stata investita da un disastro. Io mi sono salvato in tempo. Tu eri poco più che un bambino. Avrei dovuto farti da padre. Non ne sono stato capace. Quando tutto è precipitato. Ti sei sentito abbandonato. Da amici e fratello. Eri molto orgoglioso. Ho cercato di aiutarti come potevo e forse non lo hai mai saputo. Non mi hai mai detto nulla. Non ci siamo scambiato parola per anni. Fino all'ultimo giorno. Quando mi hai preso per mano e siamo rimasti così. Mano nella mano. La tua compagna mi ha chiesto: “Sai a chi somiglia Giulia secondo Maurizio”? Conoscevo la tua bimba di due anni solo in foto. In foto con te che apparivi incredibilmente felice. “A chi – ho chiesto – a lui”? Mancavano poche ore a che tu perdessi coscienza ed eri distrutto dal male e dai farmaci. Non riuscivi più a parlare. Hai poggiato il tuo dito sulla mia pancia. Volevi dirmi che Giulia assomiglia a me. Volevi dire che eri contento che mi somigliasse. Volevi dirmi: “Occupati di lei”. Cercherò di farlo. Insieme a sua madre di cui so poco e insieme alle sue sorelle, le tue figlie di cui potevi essere orgoglioso. La tua vita sbagliata è ispirazione fondamentale delle mie convinzioni sul mondo. Un mondo che detesto perché spreca le sue migliori intelligenze. Le intelligenze come la tua, fratello. Che a cinquanta anni hai vinto con le tue sole forze un concorso impossibile. Un po' perché dovevi; soprattutto per dimostrare che valevi. Poi hai ritrovato l'amore e la felicità di una nuova figlia. Quando sembrava che la vita ti restituisse parte di quello che ti aveva strappato, l'ingiusta roulette ha puntato il suo dito su di te. Non credo che tu mi senta adesso. Non so perché e per chi scrivo. Addio.