domenica 17 aprile 2016

Fotografarsi davanti alla sezione elettorale

Davanti alla mia sezione elettorale stamattina mi sono fatto fotografare da mia moglie prima del voto. Sono stato rassicurato che la foto non è elemento di propaganda che sarebbe vietata nella giornata del voto. Però nella strana Costituzione materiale della Seconda Repubblica è praticamente un'autodenuncia. Il governo ( e il 30% dei miei concittadini che lo sostiene) non approverebbe, se mai mi vedesse lì. Non sarei un cittadino che assolve al suo dovere civico, ma di fatto un sovversivo. Che, andando al voto, comunque voti, mette a rischio la stabilità di governo e 11.000 posti di lavoro. Meritevole di schedatura. Comunque non sono un eroe, anche perché non sono più in età lavorativa tale da temere rappresaglie.

Vabbè, racconto anche questo. Entrando all'interno dall'atrio dove mia moglie mi ha scattato la foto, una poliziotta chiede a mia moglie: "Scusi ma che cosa ha fotografato"? Mia moglie mi passa la parola perché non sa spiegare bene le mie ragioni. E io spiego. All'uscita dalla cabina, mia moglie mi fa notare che un manifesto affisso ricorda che è vietato portare macchine fotografiche o simili in cabina. Lei è molto "legalitaria". La poliziotta ci ferma di nuovo, ma solo perché ha voglia di parlare. Mia moglie le dice che, con la macchina fotografica in cabina, abbiamo violato la legge. La cosa carina (e preoccupante) è questa: che la poliziotta ci rassicuri dicendo: "Io non ho visto nessuna macchina fotografica". Insomma, l'italico costume adora l'omertà e far favori, anche non richiesti e in piccolissime cose.

P.S. Vilmente, a protezione dei miei cari, dichiaro che nella mia famiglia vige il massimo pluralismo.

venerdì 15 aprile 2016

La riforma dell'articolo 41: il manifesto dei barbari

Posto un vecchio articolo tornato attuale.


Articolo 41
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi incontrasto con l’utilità sociale o in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Il “progetto” di riforma costituzionale dell’art.41 della Costituzione è chiaramente un manifesto ideologico: una battaglia che si sa perduta in partenza ma che serve a vincere la guerra della conquista dei cuori,insomma del consenso e della costruzione di un nuovo senso comune. La destra berlusconiana, non si è mai riconosciuta nella nostra Costituzione, sofferta come una bardatura in conflitto con l’investitura popolare del capo.  E’ la destra di quel tale che qualche anno fa all’esterrefatto Fausto Bertinotti che aveva parlato dell’assassinio dei fratelli Cervi diceva con grande apertura: “Voglio proprio incontrare il papà di quei poveri ragazzi” mentre l’esterrefatto leader della sinistra gli suggeriva sommessamente: “Ma è morto trent’anni fa”. E’ una destra estranea alla Costituzione e alla Resistenza che ne è la radice. Già lo scorso anno esponenti del Pdl, Brunetta in particolare, avevano lanciato messaggi “rivoluzionari” denunciando l’enfasi retorica ed arcaica della Carta costituzionale, financo nel suo art.1. Avevo preso sul serio quei messaggi, discutendone due volte sul mio blog, a gennaio e giugno dello scorso anno.
L’Istituto di ricerca Demopolis (l’abbiamo sentito lo scorso martedì 8 a Ballarò) segnala che solo il 5% degli italiani sa qualcosa dell’art. 41. Brutto dato che mi conforta in quanto mi capita spesso  di affermare: la priorità da assegnare in una riforma del sistema di istruzione alla conoscenza (vera, non quale sterile filastrocca) della nostra Costituzione.  Peraltro un episodio di mercoledì 9 a Otto e mezzo conferma che anche fra i più prestigiosi parlamentari la Carta non è proprio familiare. Cicchitto parla dei tre commi dell’art. 41. La "nostra" Finocchiaro lo corregge severa: “sono due i commi”. Cicchitto prova ad insistere, ma non è molto convinto e alla fine desiste. (Bel paradosso: proprio la volta in cui “the others” hanno ragione battono in ritirata).
Nella dichiarazione/interrogazione presentata per il PD da Ceccanti ed altri (Ichino fra gli altri) si segnala nitidamente la strumentalità dell’operazione governativa. Provi a dire il governo in quali casi le liberalizzazioni che  dice di voler realizzare sarebbero state inibite dall’art. 41. E il PD incalza con 41proposte 
di liberalizzazioni. Io  magari, impegnando solo me stesso, annoterei con rammarico la – ahimè - insufficiente incidenza dell’articolo in questione nel prevenire danni “alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” o nell’indirizzare “a fini sociali” l’attività economica.  Come ricorda la dichiarazione/interrogazione del Pd, nell’art. 41 – e in tutta la Carta - si confrontarono e trovarono sintesi  le due grandi correnti della Costituzione, quella cattolica liberale e quella socialista  (il  Dc Taviani e il socialdemocratico Ruini, nella circostanza). E, mi pare voglia sottolineare il documento Pd, di fatto la prima corrente ha prevalso nelle interpretazioni . Sull’opportunità della semplificazione e sull’inopportunità di una riforma costituzionale argomenti sono nel pezzo di Nicola Rossi su Italia Futura.  Di segno diverso è il pezzo su L’Occidentale che propongo come esempio di un diverso sentire.
Si dice di voler spostare i controlli a posteriori (dopo che i buoi sono scappati?),consentendo l’avvio di impresa con procedure di autocertificazione. Ovvio  che lacci inutili inibiscano l’attività imprenditoriale. Va sottolineato però “inutili”. Il controllo preventivo su sicurezza e ambiente mi pare che poco abbia a che fare con le duplicazioni di funzioni, i troppi sportelli, le costose vischiosità notarili.
Su quale senso comune fa leva il governo? A quale bloccosociale strizza l’occhio? Il ritorno del discorso sul piano casa è un chiaro esempio. In un paese che già possiede una metratura media per abitante sproporzionata si ripropone cemento aggiuntivo. Si fanno così felici o si rassicurano gli imprenditori dell’edilizia e dell’abusivismo e i disperati delle periferie degradate e illegali. E’ l’ideologia velenosa del “lavoro comunque” che la crisi fa penetrare anche a sinistra. Se prevalesse bruceremo  foreste per fare uova al  tegamino, come nuovi barbari faremo del Colosseo una cava per  edificare discoteche e  sale di gioco. Ci troveremo impoveriti, immemori di essere stati abitanti del  paese  della bellezza e dei viaggiatori. Non con più occupazione ma con un’occupazione fondata più sulla manovalanza clandestina  e sempre meno sul lavoro qualificato.

Le altrui ragioni dell'astensione

A cosa si riferisse, il Presidente della Corte Costituzionale ricordando il dovere civico del voto è chiaro. Vedi  secondo comma dell'art.48 della Costituzione della Repubblica Italiana. Mi è chiaro anche perché il Presidente del Consiglio inviti a non votare. La mancanza del quorum è l'unico strumento possibile per battere il movimento contro le trivelle giacché la prevalenza dei Sì è scontata. Mi è chiaro anche, per lo stesso motivo, che l'intenzione espressa da Bersani votando No è contro Renzi e non a favore. In tal senso apprezzo molto il super-renziano Giachetti che si dimostra autonomo andando a votare. Appaiono invece contraddire la Costituzione quelli che invitano a non votare. Che lo faccia una Istituzione chiamata Presidenza del Consiglio mi dà qualche brivido. Per un privato cittadino è un po' diverso. Mi sto chiedendo infatti se non votando al possibile ballottaggio romano fra Giachetti e Raggi non osserverei il mio dovere. Forse me la cavo votando scheda bianca? Ho dubbi. Ed attendo pareri. Certamente più di Renzi mi sorprende e mi delude Napolitano. Renzi ha motivazioni e interesse a propagandare l'astensione, come attore in campo. Come chi escogiti metodi elusivi per non pagare legalmente le tasse. Ma Napolitano? Lui, fuori dalla mischia, lui che è stato il sommo custode della legalità repubblicana, lui che è troppo anziano per attendersi premi, perché diavolo lo fa? Davvero paventa che un disastro si accompagni alla vittoria dei Sì? Le cose più terrificanti che ho letto, terrificanti e ridicole, riguardano la perdita di posti di lavoro. Su questo denuncio una debolezza culturale di chi usa l'argomento nella circostanza, ma anche di chi lo usa ad altro proposito, sinistra e sindacati compresi. L'Italia ha subito scempi enormi con pratiche distruttive sostenuti dall'argomento occupazione. Come se non si capisse che ci sono lavori che distruggono altri lavori, attuali o potenziali (agricoltura, pesca, cultura, turismo, etc.). Insomma, in caso di una improbabile pace universale o almeno di una riduzione dei conflitti, Renzi, Napolitano e seguito imprecherebbero contro la maledetta pace che produce disoccupazione fra gli impiegati nelle fabbriche di armi? In conclusione, capisco - ahimè! - Renzi, ma confesso una estrema difficoltà ad entrare in empatia con l'ex Presidente.

giovedì 14 aprile 2016

Onestà, onestà

Ho detto la mia sugli insulti alla delegazione del PD ai funerali di Casaleggio. Nella comoda posizione di un senza partito al momento. Lontano dal PD e lontano da M5S. Vorrei dire qualcosa sulla parte meno criticabile del funerale. Quel grido "Onestà, Onestà' " dei leader (se si può dire...) M5S e rilanciati dalla folla. Un messaggio intenso e ingenuo, stupidamente sciupato da alcuni con gli insulti agli "ospiti". Ingenuo perché pare come chiedere bellezza o forza o gentilezza in un mondo irrimediabilmente imbruttito, infiacchito, inacidito. Prendo sul serio quel grido forse equivalente alla "questione morale" sollevata da Berlinguer, in forma più dotta e argomentata. Lo prendo sul serio perché sono convinto che la questione morale (ovvero la corruzione, il familismo, lo scambio di favori, etc.) sia all'origine dello stallo del Paese. Malgrado il cieco movimentismo attuale. Stallo economico, povertà diffusa cui si risponde con pannicelli caldi, declino culturale fin negli indici di analfabetismo funzionale, fuga dall'Italia e, in definitiva - ciò che più conta - infelicità diffusa. Impossibile un Risorgimento se non si vince la battaglia culturale e politica per una nuova etica condivisa. Quella, ad esempio, che ridarebbe motivazione allo studio, oggi impedita dalla certezza che non sarà premiato il migliore ma gli amici ignoranti dei circoli magici, delle migliaia di circoli amicali che infestano e azzoppano il Paese, dagli appalti, alle Università, alla conquista di una visita specialistica, ad un loculo cimiteriale. D'accordo quindi su quel grido. Che dovrebbe chiedere una lunga fase giacobina con tolleranza verso l'illecito. Come il No ad ogni sorso di alcol nella terapia anti-alcolista. D'accordo su quel grido. Un po' meno e molto meno sul resto. La democrazia sequestrata nelle chiavi del blog, i votati da quattro gatti e i leader non votati da nessuno. E poi le strane alleanze con la xenofobia, una eurofobia e fantasie stregonesche in stile Scientology.

Fischiare gli ospiti

Pessima cosa i fischi e gli insulti ai rappresentanti PD venuti a porgere le condoglianze del loro partito ai funerali di Casaleggio. Non è un fatto di galateo, se per "galateo" si intende una pratica ipocrita. E' un fatto di civiltà ovvero di umanità. La consapevolezza che presunti buoni e presunti cattivi appartengono allo stesso destino che ci vedrà tutti finire. E' la pietà laica o religiosa che ci fa umani. E' la misericordia di Francesco, credo, io ateo. In questo spirito avevo manifestato e manifesto ancora il mio cordoglio per la morte di Casaleggio. In questo spirito ri-posto lo sguardo lungo della poesia con i versi di Foscolo. "Dal dí che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose di se stesse e d’ altrui..." (I Sepolcri).

martedì 12 aprile 2016

In morte di Roberto Casaleggio

Sono convinto, oggi più che mai, che un singolo uomo e il caso, facciano la Storia. Rompano onde lunghe ed equilibri. Non sarà molto marxiano, ma la penso così. Mi piacerebbe che nessun uomo avesse tale forza. Mi piacerebbe un mondo senza leader e in cui i leader siano sostituiti dalla consapevolezza di massa. Ma non c'è questo mondo. Bisogna costruirlo, andare in tale direzione. E intanto siamo costretti, e mi sento costretto, a cercare leader da opporre ad altri leader. Io cercavo e cerco leader funzionali alla fine dei leader, da contrapporre a Renzi, a Salvini,a Casaleggio. Soprattutto a Casaleggio. Perché mi faceva paura quello che lui aveva inventato: la democrazia fasulla in rete della quale lui aveva le chiavi. In questa fase di sbandamento collettivo e di mio profondo disorientamento, Casaleggio era fra le prime ragioni che mi impedivano di avvicinarmi a M5S. Perciò oggi il mio pendolo oscilla un po' di più verso il voto a Raggi nel ballottaggio romano. In attesa che le ragioni di un nuovo socialismo (senza giri di parole) si affermino. Mi piacerebbe pensare, per dare senso alla vita di Roberto Casaleggio e alla sua morte, che egli sia morto in tempo per far sì che resti il meglio dell'esperienza M5S e sua e venga meno il peggio. Il peggio è (era?) il possesso esclusivo di un blog, della chiave che apre e chiude discrezionalmente il flusso delle opinioni e della democrazia. Credo che Platone - non ricordo e non cerco dove - immaginasse il demiurgo che dà via al mondo, il mondo che poi cammina da sé. Tranne che il demiurgo vigilia. E interviene a correggerne il moto, alla bisogna. E nessuno sa mai se ci ci muove in autonomia o come effetto della spinta correttiva del demiurgo. Ecco, immagino così il rapporto di Casaleggio con M5S e con quello che oggi viviamo. Forse non un leader se del "leader" è prerogativa decidere visibilmente, come Berlusconi a suo tempo, ieri Grillo e oggi Salvini e Renzi, quest'ultimo compiaciuto come l'ex cavaliere di avere l'ultima parola. Piuttosto un demiurgo, qualcosa più di un leader. Che apre e chiude la valvola invisibilmente, nominando leader e rinunciando alla fama in nome di altro: la causa o l'ebbrezza solitaria di essere il demiurgo. Non è una forzatura leggere le mie parole come condoglianze.