lunedì 30 luglio 2018

La parola al marziano


Ho chiesto al mio amico marziano cosa distingue soprattutto gli umani dai marziani. La sua risposata è stata questa:
“Voi umani avete idee diverse su ogni cosa, come è normale. Non ci sono due uomini che pensino la stessa cosa. Non sulla giustizia, non sull'economia. Neanche sui vaccini. Anche noi marziani per la verità siamo così. La differenza fra noi e voi arriva dopo. La differenza è che ogni marziano sa di vedere un pezzo della realtà. Io non posso vedere quello che il mio compagno vede. E viceversa. Perché io ho il sole davanti e il mio compagno alle spalle. Io sono legato in modo da guardare solo a sinistra e il mio compagno è legato per guardare solo a destra. Lo sappiamo. Quindi a nessuno di noi viene in mente di mandare al diavolo il compagno che vede cose diverse; lo ringraziamo invece; ci ringraziamo vicendevolmente. Ogni umano è invece convinto di vedere il mondo com'è. Lui solo. Se qualcuno lo contraddice è ingiuriato, a volte assalito in rete, a volte picchiato. E' un punto d'onore fra gli umani contraddire e mandare al diavolo qualunque autorità. Infatti chi manda al diavolo la massima autorità, il Presidente della Repubblica, diventa per acclamazione – se ho capito bene – Grande Capo dell'Informazione. Questa cosa ci ha molto divertito ultimamente.
Da noi, su Marte, “democrazia” è il processo che armonizza le parziali visioni del mondo e crea una sintesi che non è un punto di mezzo, ma una cosa diversa in cui tutti ci riconosciamo. Per voi invece “democrazia” è il potere dei più di infischiarsene dei meno. E gli umani, divisi su tutto e apparentemente indisponibili a venire a patti, miracolosamente inventano maggioranze tenute insieme dall'odio per qualcuno. Così nel passato per l'Italia ho notato che il grande collante era la nemica Merkel. Poi era un tale Renzi. Ora il grande collante è il nero. Questo pare il migliore collante di sempre. Infatti avete un governo che non risolve alcun problema, ma è adorato dal 60% degli italiani, anche e soprattutto da chi sa di restare senza casa e lavoro. Poter odiare a sazietà evidentemente riempie la vita degli umani più di ogni lavoro”.

domenica 29 luglio 2018

Pesare le parole


Pesarle per perdere. Ma a che diavolo serve vincere diventando eguali all'avversario? Pesare le parole per lasciare almeno ai nipoti un vocabolario decente se e quando si tornerà a confrontarsi su cose serie - i bisogni degli uomini, oltre i diritti dei pochi. Quindi, pesando le parole, non oppongo "disgusto" a "disgusto". Dico solo "noia". Riservo il disgusto alla straordinaria capacità umana di auto-ingannarsi. Al credersi buoni - con rosario e crocifisso- mentre il prossimo è lasciato morire. Buona domenica.

giovedì 26 luglio 2018

Marchionne e 'A livella


Premetto che sono fra i molti italiani ammirati per il talento di Totò. Come attore e anche come autore di Malafemmina (per la melodia, non per il testo). Però oggi penso a lui come autore di una poesia che mi ha sempre “disturbato”. Come autore di 'A livella. Ci penso per certi umori acidi che navigano nel web e nella società per la scomparsa di un grande manager. Penso che 'A livella rappresenti bene il populismo acido e impotente che ci penetra nell'anima. Sapete la storia. Un tale assiste al cimitero ad un contenzioso fra un defunto nobile e un defunto plebeo. L'epilogo ricorda al privilegiato che la morte ci fa eguali. E' un epilogo stizzito e consolatorio. Non fa i conti con l'ingiustizia sociale. La registra e la usa per una rivincita egualitaria nel segno della morte che tutto livella. Ecco, credo che quello sfogo stizzito e consolatorio rappresenti bene oggi l'impotenza plebea che ha sostituito i progetti di eguaglianza qui ed ora, su questa Terra, non sottoterra. In un Paese e in un mondo rassegnati a risarcirsi solo con l'odio. Guardo in altra direzione.

In morte di Sergio Marchionne


I cattivisti e i benaltristi si diano pace. Gli umani “normali” onorano il talento di un uomo per onorare il talento che l'umanità produce e che degli invisibili è frutto. Frutto di chi coltivò gli alimenti di cui Marchionne si nutrì, frutto di chi gli insegnò lingue, filosofia e management. Io saluto quel talento, non condividendo nulla del senso di ciò che fece; ma non condividendo nulla neanche di chi nel ruolo lo precedette e di chi lo seguirà e non condividendo nulla neanche dei suoi avversari. Aspetto che insieme indirizziamo il talento verso la prosperità vera e la giustizia.
P.S. Mi associo al dolore di chi lo amò.

domenica 22 luglio 2018

Oppure l'Italia: quella opportunista e quella che si prende cura


Ieri breve gita di un giorno. Per visitare Porto Santo Stefano, Giannutri e Giglio la sveglia è alle 3 e 30. Necessario per attraversare Roma ed essere al punto di raccolta alle 6. La gita si dimostra più faticosa e impegnativa del previsto. La prima tappa a mare è da Porto Santo Stefano a Giannutri. Succede che, al di là di ogni previsione, il mare è agitato. La motonave va contro vento e balla. La traversata di meno di un'ora diventa una pena. Molti col mal di mare, a partire dalla persona a me più vicina, che pur si era fornita di travelgum. Sta malissimo. Al mal di mare (che mi risparmia) si aggiunge l'ansia (che non mi risparmia affatto). La prua è sollevata dalle onde che poi la restituiscono al mare con fragorosi crac, cioè fragori come di schianto. Immagino che tutti pensiamo alla stessa cosa. Pensiamo al disastro di anni fa, procurato lì presso, al Giglio, da un capitano inetto che offrì alla propria futile vanità il sacrificio della vita di passeggeri fiduciosi. Come non pensarci? L'equipaggio per fortuna è ammirevole. Lo è Simona, la hostess che si fa badante della persona a me più vicina. La assiste in ogni modo, con azioni e parole, durante tutte le tappe del viaggio. E ci tranquillizza spiegandoci che quei crac che spaventano sono un indice della sicurezza della motonave che è in legno sì da essere elastica e più sicura. Io mi tranquillizzo abbastanza. Ma non smetto di pensare che gli organizzatori o il comandante non avrebbero dovuto dar via a quella traversata. Non smetto di pensare di essere di fronte al ricorrente paradigma che vede il business di alcuni opposto alla sicurezza di altri, lavoratori, utenti o passeggeri che siano. A parte ciò, tutto il resto va bene. Con il vento a poppa la traversata successiva verso il Giglio e quella del ritorno finale è sopportabile. Il pranzo, a bordo della motonave ancorata al Giglio, è ottimo. La cantante animatrice è brava, ha un bel repertorio e coinvolge in un karaoke distraente. Però della gita ricorderò poco delle bellezze naturalistiche di Giannutri e del Giglio. Ricorderò Simona, esempio dell'Italia che amo. Io, al solito più curioso delle persone che di ambiente e monumenti, ricorderò un bambino-ragazzo, di 12 anni direi, un adolescente curato, pulitino e compito che immagino bravo figliolo e bravo studente. D'improvviso durante la traversata verso Giannutri scoppia in un pianto irrefrenabile. Penso che alla paura si aggiunga la vergogna per il pianto, per la propria debolezza. Un adolescente che si apprestava a superare la soglia che divide i bambini dagli uomini e che scopre con vergogna di essere ancora bambino. Ricorderò il suo pianto e ricorderò il pianto silenzioso della madre che gli è acconto impotente e che gli stringe la mano. P.S. La persona a me più vicina invece, quando ristabilita, mi confessa che il malore insopportabile le ha fatto detestare più di prima quel tale che definisce "crociera" il viaggio dei migranti su bagnarole nel capriccioso Mediterraneo.

giovedì 19 luglio 2018

Ritorno a casa

Rieccomi a casa.Leggo dopo una settimana di astinenza un giornale italiano, introvabile a Vienna e a Budapest. . Leggo qualcosa che non fa onore al mio Paese e che più o meno suona così: "Per evitare i morti ci devono essere morti (anche donne e bambini)". Ma ho bisogno di consolazione. Trovo consolazione nella ferma presa di distanza dell'architetto Bergonzoni dalla figlia, Lucia, sottosegretaria leghista alla cultura. L'architetto si associa alla petizione promossa da Repubblica affinché la leghista chieda scusa per avere lasciato in asso l'arcivescovo Zoppi in occasione di un incontro sul tema "migranti" e per le invettive dei fan lasciate sul proprio profilo dalla Bergonzoni. E' una piccola cosa? Non è una piccola cosa che nell'Italia familista nella quale i padri picchiano gli insegnanti dei figli un genitore si "emancipi dalla prole". Del resto non trovo altro per consolarmi al momento.

Vacanza nell'Europa grigio-nera, austera e musona


Breve vacanza nelle antiche capitali austroungariche. Vienna dai bei palazzi imperiali, Budapest disegnata e illuminata da un grande scenografo. Vienna ordinata e pulita. Budapest quasi. Per chi vive a Roma ogni capitale appare ordinata, pulita e sicura. Se però si è reduce da un viaggio a Cuba sia Vienna che Budapest appaiono fredde e musone. Anzi Budapest appare spesso addirittura scostante. Come se i turisti infastidissero. E' capitato più volte che chiedendo qualcosa (in inglese) la risposta fosse “I don't know”. Anche quando l'interrogato aveva la risposta vicinissima a lui (un ponte, un bar, etc.). Non subisco uno stereotipo annotando che solo un parlante neolatino, un cameriere argentino, ha messo a proprio agio me e chi era con me, con disponibilità vera nell'informare su cibi e su altro. Accettabili i prezzi. Un po' più alti che a Roma a Vienna, un po' più bassi a Budapest. Discreto il cibo, con una punta di eccellenza per il gulash gustato in una normale trattoria viennese. Non memorabile invece la torta Sacher assaporata nel caffè omonimo: un prezzo pagato al marketing del turismo. Vienna più ricca e più sobria. Con una guardia minima all'ingresso della sede del governo e a quella della Presidenza della Repubblica. Dicono che nella capitale austriaca ci siano solo 2 (due) auto blu. Cosa che produrrebbe una mistica ebbrezza ad un grillino. Nella residenza imperiale a Vienna la principessa Sissi la fa da padrona. Un mito equivalente a quello del Che a Cuba: mutatis mutandis e chiedendo scusa al Che.
Vienna si apprezza nei particolari. Budapest nell'insieme scenograficamente impareggiabile. Vienna arricchita dal drenaggio imperiale. Budapest – mi sembra – soprattutto da quel Danubio, dritto dritto, che divide Buda, con la collina e il castello, da Pest. Con l'interminabile viale che costeggia il fiume e che è un paradiso dei ciclisti. A Vienna ho visitato soprattutto i palazzi dell'antico potere: la reggia, la residenza estiva, il Belvedere che fu la residenza del privato più ricco dell'impero, Eugenio di Savoia, eroe della guerra contro gli ottomani. A Budapest sono ricche ed eleganti le terme (con barocco e liberty), mentre il palazzo del Parlamento è sfarzoso eppure collocato in un ampio spazio “democratico” in cui cittadini e turisti sostano. Lì, vicino all'ingresso, c'è il memoriale della rivolta del 56 e lì presso, sul Danubio, c'è lo sconvolgente memoriale dell'eccidio compiuto nel 45 dai volenterosi collaboratori magiari dei nazisti: scarpe scolpite di ebrei, uomini, donne e bambini che furono buttati lì nel fiume. Suggestiva a Budapest la Sinagoga più grande d'Europa, con annesso cimitero e albero della vita dedicato alle vittime dell'olocausto.
A Vienna ho visitato la straordinaria realizzazione dell'83 di case popolari che sono diventare punto di riferimento della città innovativa. Condomini con appartamenti minuti e personalizzati nei colori sgargianti e nei particolari. E con ampi spazi comuni. A Budapest, pur efficiente nei trasporti e pulita, l'impatto è stato da incubo. Arrivando in treno da Vienna si è accolti da una stazione in cui si intravvedono i segni dell'antico splendore imperiale, ma che oggi appare fatiscente, sporca e abbandonata al degrado. Per inciso, con le toilette impraticabili gestite da una signora che incassava il prezzo del servizio in una piega della benda che le fasciava il braccio ferito. Così è. Di un viaggio si ricorda l'eccezionale, il bello e il brutto eccezionale.




lunedì 9 luglio 2018

Sub, Thailandia

Provo un mix di stupore, ammirazione e invidia verso i sub soccorritori dei ragazzi thailandesi. Stupore per la scelta di rischiare la vita per gli altri in un mondo in cui più spesso si mette a rischio la vita altrui per migliorare la propria vita anche solo di un tantino. Provo anche rabbia verso coloro che in altri noti contesti si rifiutano di credere alla generosità e cianciano di business al solo scopo di occultare la loro miseria.

sabato 7 luglio 2018

Cosa cambia invecchiando oggi


Capita qualcosa che prima non succedeva. Prima succedeva che, invecchiando il corpo, si avesse bisogno di figli o badanti per sorreggerti. Oggi il corpo invecchia dopo, ma la mente prima. Non nel senso che si diventa stupidi, ma precocemente ignoranti sì. Ignoranti dei saperi che regolano il mondo e delle nozioni per accedervi. Il lessico inglese minimo per viaggiare, la destrezza nel navigare per cogliere le occasioni migliori, fotografare e trasmettere foto in tempo reale, linkare, etc. Capita anche, ma forse è un altro discorso e magari capita solo a me, che si diventi indifferente ai dettagli. Indifferente all'ultima cattiveria di Salvini o di Renzi, indifferente all'ultima sciocchezza di Di Maio. Non ci importa (o non mi importa) che il "decreto dignità" preveda due o tre o quattro repliche di un contratto a tempo determinato. Si è troppo concentrati sul'esigenza di capire il senso della vita che viviamo e abbiamo vissuto, per perdersi nei dettagli. Si cerca una conclusione, una sintesi. Io ne ho trovato un paio. La prima è che internet, quella dei monopolisti della rete, di chi decide cosa dobbiamo sapere e chi deve sapere cosa è una catastrofe umana senza paragoni. Catastrofe con tante cose buone, ma con un nocciolo micidiale autoritario e alienante. La seconda è che l'istruzione lungo tutto l'arco della vita, avrebbe dovuto essere il modello educativo da sempre, ma che oggi è ineludibile. Anche per non dover contare troppo sui figli - talvolta lontani - per prenotare un volo low cost o leggere la propria pensione nel sito Inps che ogni volta ti cambia qualcosa. Invece perdiamo tempo in conflitti sulla buona scuola o la scuola di prima che a me paiono accomunate dalla inconsapevolezza dei bisogni veri.
P.S. Debbo lo stimolo a questo post alla lettura dell'articolo di Andrea Marcolongo, autrice di "La lingua geniale" letto oggi su "Donna", inserto di "Repubblica". Il titolo dice molto: "Quando è il figlio a tenere per mano papà".

mercoledì 4 luglio 2018

La sinistra disarmata


Ribadisco che siamo in trappola, siamo muti, perché disarmati. Invischiati nel senso comune malato che non sapemmo contrastare. Oggi lo leggo in quel qualcosa che somiglia al nulla chiamato "decreto dignità" e nel dibattito che vi sta attorno. "Compagni" che ritengono che qualunque vincolo al "liberismo" sia cosa buona. Anche i vincoli che, senza assicurare giustizia o nuova occupazione, paralizzano l'iniziativa. Mentre nessun potere pubblico la indirizza o la assume in proprio.
E poi applaudo anch'io (poco poco) al blocco della pubblicità per un comparto velenoso - quello del gioco d'azzardo - che fattura 100 miliardi l'anno (per capire si confronti con i 40 milioni di presunti risparmi dai vitalizi). 100 miliardi di spreco e dolore per tante famiglie cui non si può rinunciare perché forniscono 10 miliardi annui alle casse dello Stato. O addirittura perché ridurre la malattia significherebbe - udite, udite - creare disoccupazione. Di chi? Di operatori di slot machine e anche di addetti al calcio (trainato anche dal gioco d'azzardo). La sinistra muta non riesce a dire l'ovvio. Che i 10 miliardi possono essere sostituiti da un equivalente in patrimoniale o in tassazione di consumi di lusso o altro. Non riesce neanche a dire che non c'è bisogno di slot, come non c'è bisogno di fabbriche d'armi, per dare lavoro vero. Purtroppo - sì, purtroppo- i bisogni umani sono infiniti ed è infinito - purtroppo - il lavoro necessario per soddisfarli. La sinistra non riesce a proporre che tutti gli addetti ai lavori nocivi o inutili siano riconvertiti, insieme agli inoccupati. Ad esempio (fra i mille esempi) nel mettere in sicurezza i sottopassaggi autostradali in cui fatalmente (anche l'altro giorno) qualcuno orrendamente annega al primo temporale.

lunedì 2 luglio 2018

Quelli che non ci stanno e si riprendono quel che abbiamo risparmiato con le polo low cost


Poi ci sono quelli che non ci stanno a lavorare a 2 euro l'ora. Scelgono la professione di imbroglioni. Oggi ci sono cascato di nuovo. Ero a Fiumicino ove avevo chiesto e ottenuto una liberatoria per una ingiunzione di 170 euro riguardante una multa pagata 5 anni fa. Sento un rumore strano, come se una pietra avesse colpito la mia auto. Poi un' auto mi affianca. Mi fa segno di fermarmi. La persona a me più vicina me ne dice di tutti i colori. "Lo avrai strisciato". Il Tizio alla guida mi fa fermare in uno spiazzo non asfaltato. Effettivamente ha una piccola ammaccatura all'auto e sulla mia carrozzeria c'è il segno di una strisciata blu, blu come il colore di quell'auto. Mi chiede 100 euro per conciliare il tutto. Ne offro 50. Ne contropropone 70. Dico che allora scelgo di denunciare il sinistro. Non so perché mi ripete più volte che ha a bordo un figlio autistico ed una moglie e che stava recandosi in ospedale. Alla fine accetta 50 euro e sgomma via di corsa, investendomi con una tempesta di polvere. Subito comincio a dubitare. Anni fa mi è successo la stessa cosa. Anche allora con una donna a bordo e un bambino. "Serve a simulare una famiglia normale" mi spiega il carrozziere cui mi rivolgo per cancellare la macchia. Il carrozziere mi spiega che il colore sulla mia auto il Tizio lo avrà messo mentre la mia auto nera parcheggiata e che poi mi ha seguito. Pare che molti vivano così a Roma e dintorni. Così pagano il mutuo e nutrono moglie e figli.

La polo da 2 euro e 50


Compro quasi sempre capi di vestiario non firmati e quindi di poco costo. Anche per un'antica esperienza nel settore. Ricordo bene che già 40 anni fa gli stessi jeans, con l'etichetta di successo raddoppiavano almeno il prezzo di vendita. Oggi peraltro il prezzo - lo vedete - della merce non griffata e di quella contraffatta è più basso che mai. Ieri però ero sbalordito per una polo proposta a 2 euro e 50. Era davvero di puro cotone e di buona fattura. Non l'ho comprata perché non c'era la mia taglia. Ma ho pensato che solo un costo del lavoro irrisorio può spiegare quel prezzo. La maglietta apparentemente veniva da Dusseldorf. Ma forse lì era solo etichettata. In Bangladesh forse il luogo di produzione reale, con lavoro minorile, probabilmente. E poi costi di distribuzione ridotti all'osso, con l'uso di lavoro giovanile, quello dei nostri bravi ragazzi con lauree inutili. Avevo appena saputo di un lontano parente giovane contento di aver trovato lavoro in un negozio a 700 euro mensili per 12 ore al giorno per 7 giorni. Direi che i costi maggiori per un negozio oggi sono rappresentati dal costo dei locali e dall'inevitabile pizzo. Una economia malsana che premia i distributori delle griffe e le mafie, mentre mortifica il lavoro vero. E però consente ad un modesto pensionato di comprare polo a 2 euro e 50. Un mondo che non mi piace, difficile da raddrizzare.