martedì 31 ottobre 2017

Halloween invece di...


Ho fatto bene a lasciare per un po' tv, computer e giornali per dare un'occhiata ad Halloween (si scrive così?) che non so neanche bene cosa sia. Sotto casa c'erano bambine e bambine mascherati come le loro mamme, felici anch'esse di mascherarsi, che li tenevano per mano, ma ogni tanto scappavano. Sembravamo - anzi erano - felici ed uniti. Niente di simile a quello che mi dice tv, giornale e web. Non indovinavo renziani, grillini, sinistri moderati e sinistri radicali fra la folla. Non indovinavo tanto meno i mafiosi onnipresenti - dicono - ad Ostia. Ero distante con simpatia. Simpatia e speranza verso centinaia di nipotini festanti che chiedevano dolcetti e li prendevano per mangiarli, non per fotografarli con lo smartphone che non tenevano in mano. In attesa di diventare bulletti, di strafarsi di birra e di fumo, di bruciare un clochard per realizzare una foto virale, di sfuggire al controllo di genitori e scuola verso mondi imprevedibili e sconosciuti? No, voglio credere che quelli che ho visto siano i bambini che cresceranno in una Italia prossima ventura non confrontabile con quella di oggi. Credere che faranno l'Italia coesa e allegra. Ci credo. Diamo una mano a questi bambini.
P.S. Ho fatto bene ad uscire da casa.

mercoledì 25 ottobre 2017

10 anni dopo: lettera ad Anna Frank, Italia, 24 ottobre 2027


Oggi è il 24 ottobre del 2017. Ti scrissi la prima volta dieci anni fa per chiederti scusa. Dieci anni dopo tutto è cambiato. Lo avevamo promesso: ci siamo riusciti. Quelli che ti insultarono non ci sono più. I minorenni furono sottratti alla potestà genitoriale. Sono altre persone. Oggi uno è custode del museo a te intitolato, uno è fra i maggiori studiosi dell'Olocausto, uno è stato fra i protagonisti del cambiamento di un'Italia che sembrava perduta.
La svolta fu quando il Paese si fermò. D'improvviso fu chiaro agli italiani smarriti che qualcuno aveva suggerito i bersagli sbagliati: gli immigrati, l'Europa, gli ebrei. Lo aveva fatto perché i privilegi dei proprietari del mondo non fossero minacciati. Una grande operazione di distrazione di massa.
Un giorno, d'improvviso, accadde che gli esclusi gridassero insieme: “Il mondo non vi appartiene. Il mondo è nostro”. Non ci fu violenza alcuna. Bastò la nuova consapevolezza perché il vecchio ordine crollasse.
Prima sbagliavamo tutto. Eravamo divisi fra due schieramenti, entrambi ciechi. Il primo, invasato, cercava il capro espiatorio per il proprio disagio o la propria disperazione. Era una gara a chi punisse di più: lapidazioni, castrazioni, roghi.Non si voleva davvero sconfiggere la violenza. Si voleva che la violenza prosperasse per dar senso alla propria risposta violenza che riempisse il vuoto della vita. Il secondo schieramento (lo chiamavamo dei “buonisti”) era indulgente ed assolveva, ma lasciava tutto com'era. Accoglieva migranti, li abbandonava nei piazzali delle stazioni a non far nulla o a delinquere, esposti alla violenza dei penultimi, adepti del primo schieramento. E confinava i giovani in vecchie aule scolastiche ad ascoltare prediche incomprensibili. Con i genitori pronti a picchiare docenti mal selezionati e mal pagati. Dall'altra parte molti davano la colpa di tutto addirittura alla sociologia. Dicevano che spiegare il male significava assolverlo e giustificarlo. Dicevano che la cosa giusta è non capire: cioè l'ignoranza. Poi cominciò ad esser chiaro che dovevamo capire per prevenire. Capimmo anche che era utile e giusto però punire. Per non assolvere noi stessi e i nostri fallimenti. Capimmo che filosofia, sociologia e intelligenza dei fatti sono preliminari alla politica, non alternative alla politica. Sposammo allora comprensione (intelligenza dei fatti) per la quale ognuno è innocente e punizione, reinventando la responsabilità personale, invenzione senza la quale il mondo è ingovernabile. Ora i migliori medici si dedicano ai malati più gravi e non ai più ricchi e i migliori maestri si dedicano non agli allievi migliori, ma ai peggiori. Se però i migliori maestri non riescono ad educare e i peggiori allievi inneggiano all'Olocausto, i maestri sono retrocessi ad educatori dei migliori (quel che prima era promozione) e gli oltraggianti ripuliscono la città e/o pagano per anni o per sempre un risarcimento (in denaro o in lavoro). E normalmente, a distanza di tempo, ringraziano per la punizione ricevuta, riconosciuta come segno di attenzione; così è successo a chi ti offese. Spariscono man mano i tifosi dei figli mentre padri e madri imparano forme nuove di collaborazione con i maestri. Mentre spariscono pian piano i tifosi delle curve perché ora si preferisce essere in campo e non sugli spalti. Anche nella politica il protagonismo sostituisce il tifo. Non abbiamo realizzato il paradiso: ci siamo allontanati dall'inferno. Ad esempio è scontato per tutti ormai nel nuovo senso comune che il lavoro è un diritto effettivo di cui nessuno può essere privato. E' sempre più chiaro a tutti che la ricchezza è prodotta dal lavoro e che l'inoccupazione è spreco Adesso siamo impegnati soprattutto ad imparare ciò che prima sembrava non influente: che il lavoro è un dovere ed è doveroso dare il meglio di sé per chiedere di avere il meglio dal mondo. Tutto cominciò forse da quel 24 ottobre di dieci anni fa.

martedì 24 ottobre 2017

Lettera ad Anna Frank


Anna cara, avrai visto qui in Italia la tua foto con la maglia della Roma, usata per esprimere il massimo di odio verso l'avversario romanista. Ti sarai chiesto: “E' possibile che il massimo insulto sia somigliare a me ragazzina ebrea uccisa dai fanatici? Il peggiore insulto non è “assassino” ma “assassinata”? Di nuovo possibile come nell'Europa di quegli anni”?
Ti chiedo scusa per quei miei concittadini e ti chiedo di scusarli per quanto difficile sia. E ti racconto qualcosa. Oggi troppa parte dei miei concittadini, soprattutto i più giovani, è dimenticata e senza speranza, senza lavoro e senza istruzione. Soprattutto senza istruzione, anche i diplomati e i laureati. Anzi non vuole istruirsi perché pensa che l'istruzione sia una trappola dei privilegiati per tenerli buoni. Odiano tutto quello che gli altri amano o onorano._Hanno pensato di insultarti per insultarli. E non siamo ancora riusciti a spiegare loro che esiste un'altra istruzione e può esistere un altro mondo. Ci stiamo provando, Anna. Scusali. E scusaci per non esserci ancora riusciti. Ci riusciremo.

lunedì 23 ottobre 2017

I costi della politica, quelli dei politici e quelli del nostro innamorarci


Credo che a scuola dovrebbero insegnarci a comprendere l'ordine di grandezza di tanti costi, compresa quelli della democrazia. Impareremmo che 100 parlamentari in meno ci farebbero risparmiare pochi euro l'anno, che forse sarebbe utile risparmiare e forse no, se ci preme una maggiore rappresentanza. Pochi euro risparmieremmo anche se si riducesse drasticamente la retribuzione di ogni parlamentare. Con effetti però sicuramente positivi, in questo caso, per la sobrietà e qualità della politica. Assai più risparmieremmo se decidessimo di abrogare le Regioni, semplificando la macchina dello Stato. Ma molto di più, incommensurabilmente di più, guadagneremmo se sapessimo emanciparci dalle narrazioni della politica. Ricordandoci che un politico può avere convenienza a rischiare di bruciare la foresta comune per farsi un uovo al tegamino. Fuori di metafora, lo sconosciuto fino a ieri governatore catalano Puigdemont sarebbe rimasto uno sconosciuto e una comparsa della Storia se non si fosse intestato la battaglia indipendentista. Ed opaca sarebbe rimasta di converso l'immagine del premier Rajoy se non avesse risposto a muso duro, in nome di valori opposti recuperati nel deposito di trame e narrazioni disponibili. Incommensurabile il costo dello scontro per la Spagna e soprattutto per la Catalogna con la fuga di imprese e capitali. Ma dialogare, comprendere e mediare avrebbe giovato solo al popolo catalano e al popolo spagnolo. Non avrebbe giovato ai due protagonisti dello scontro. Che, come assai spesso capita, hanno preferito il loro uovo al tegamino al bene comune. Il referendum lombardo-veneto, in miniatura obbedisce alla stessa dinamica. Penso che l'antidoto sia solo la democrazia,quella vera, sostanziale, quella che ci chiede di studiare ed esercitare la fatica di pensare.

venerdì 20 ottobre 2017

"Comunisti" e buona morte


Non ero sicuro di voler seguire a PiazzaPulita il reportage sulle ultime ore di Loris Bertocco, accompagnato a morire in Svizzera. Non ero neanche sicuro che fosse giusto "spiare" quei momenti. Poi l'ho seguito, anche convinto dall'invito dello stesso Loris a fare del suo caso una battaglia politica per il testamento biologico e la buona morte. Mi ha confortato la serenità inimmaginabile di Loris. Mi hanno sconfortato le giustificazioni di funzionari comunali e regionali nel diniego di risorse aggiuntive ad un invalido gravissimo, diniego che ha indotto Loris ad accelerare i tempi del suo addio al mondo. . Poi mi sono ricordato che fra le ragioni per le quali, dopo il Pci, non ho votato i suoi presunti eredi con falce e martello, c'è questa. La tiepida attenzione o la frequente definizione dei "diritti civili", compreso il diritto di non essere inutilmente torturato, come "sovrastruttura borghese". "Sovrastruttura" un corno, vorrei dire. Aspettando un governo di sinistra vera che non rimastichi malamente letture marxiane, ma sia capace di rispondere a tutti i bisogni umani: dal cibo,al tetto, alla buona morte, all'eguaglianza che non è solo economia, ma impegno verso la felicità possibile per ogni uomo. Questo io chiamo "Socialismo".

Severgnini, Renzi e il grande imbroglio


Dell'intervista di Gruber a Renzi ad Otto e mezzo, sottolineo solo un dettaglio. Il segretario Pd scaricava colpe su colpe a chi era al governo prima di lui. Immagino abbia ritenuto opportuno evitare di infierire sul sereno Letta. Se l'è presa con Monti. E lì mi è piaciuto molto Severgnini che, più o meno, replica così: "L'Italia era a rischio di fallimento. Tutti quelli che votarono e sostennero Monti perché facesse il "lavoro sporco" che a loro non conveniva fare oggi sparano su Monti, il più vituperato dei premier. Attacchi troppo facili e sgradevoli".
Giusto. Penso che un ideale premier di sinistra avrebbe realizzato una manovra non meno dura ma più equa. Ma non certo incrementando deficit e debito, cosa non consentita dalla "matrigna" (fra virgolette) Europa. Oggi invece Renzi propone la ricetta dell'incremento del deficit al 3%. E meno tasse per tutti naturalmente. Chi pagherà? L'Europa o i governi futuri e le generazioni future? L'Europa no. Qualcuno dovrebbe spiegare ai frastornati cittadini che il bersaglio Monti e il bersaglio Europa non sono ispirati da un progetto di politica popolare, ma dall'esigenza di occultare interessi di classe. Un grande e impunito imbroglio.

giovedì 19 ottobre 2017

L'educato Cuperlo nell'era del marketing politico


Ho sentito Gianni Cuperlo ieri sera, intervistato da Gruber (che stasera intervisterà Renzi). Che dire? Ha un po' riassunto il senso del suo ultimo libro (Sinistra, e poi...). Con temi e proposte non troppo distanti da quelli di Corbyn (vedi sotto), mi pare. Mi sono chiesto quanta fatica faccia Cuperlo ad apparire così rispettoso nei confronti del segretario del Pd. Forse è una scelta culturale di sobrietà (per nulla attuale) e che personalmente condivido, per non lasciare un linguaggio avvelenato a quelli che verranno dopo.Forse è una fatica utile anche per giustificare la sua permanenza in un partito dalla cui anima e dal cui baricentro appare assai distante. La sua scommessa evidente è quella di lasciar logorare la leadership renziana, sconfitta dopo sconfitta, al contempo marcando una prospettiva diversa ed opposta. Ed offrendo una sponda non umiliante ai profughi dal renzismo. Riguardo il Rosatellum. Riguardo l'idea di un partito orizzontale, inclusivo e aperto alle alleanze a sinistra. Riguardo la mozione anti Visco che Cuperlo non ha votato. Riguardo il rifiuto netto di una alleanza futura con Berlusconi. Riguardo la speranza di un ritorno alla casa madre di quelli che hanno lasciato il Pd. Riguardo tutto insomma. Mi sono detto che evidentemente Cuperlo ritiene che,malgrado il Pd sia oggi una scatola vuota che il vincitore delle primarie può riempire come vuole, la rendita del logo, del marchio della Ditta, sia un patrimonio che non giova disperdere. Marketing insomma. Del resto si dice che un nome, quello di Berlusconi, valga da solo due milioni di voti. Io che non escludo quasi niente non escludo neanche che il colto ed educato Cuperlo abbia ragione. Purtroppo.

mercoledì 18 ottobre 2017

La sovranità spiegata ai bambini (e a Salvini)


Qualche volta mi capita di citare la frase che Giulio Cesare, secondo Plutarco (Vita di Cesare, 11,4), avrebbe pronunciato attraversando un piccolissimo villaggio delle Alpi.”Malo hic esse primus quam Romae secundus” (Preferirei essere primo qui che secondo a Roma). La cito contestandola giacché, ammesso che Cesare l'abbia mai pronunciata, è un pessimo programma. Oggi purtroppo programma di molti. Io penso infatti che sia più gratificante essere secondi a Roma. Assai più che primi nel piccolo villaggio.Cito la presunta affermazione di Cesare volendo trasferirla al concetto e alla pratica della sovranità. La trasferisco al concetto di sovranità popolare.
Certamente tanto più è piccolo l'ambito e il territorio in cui esercito come cittadino la mia quota di sovranità tanto più visibile è il mio apporto in quell'ambito e territorio. Padrone a casa mia, comproprietario nel condominio, un po' meno nel quartiere, meno ancora nella città, e sempre meno nella Regione, nel Paese, in Europa e nel mondo. I “sovranisti” ne deducono che giovi chiudere le frontiere per essere sovrani a Roma, in Catalogna o in Francia. Certo, i sovranisti sono divisi al loro interno. Perché qualcuno vuole essere sovrano a Milano, altri in Lombardia, altri in Italia. Vedi recente conflitto Salvini-Meloni, a proposito del referendum lombardo-veneto. A me pare che solo gli inconsapevoli possono credere di bere meno caffè se ne versano due tazzine nel quarto di litro di bianco latte che resterà chiaro. E di berne di più se bevono un nero caffè in tazzina. Non è così. Ma non è neanche necessariamente vero il contrario. Perché non tutti beviamo due tazze di caffè nel latte, né nel menù nazionale né in quello globale. Salvini e Meloni, non avendo intenzione alcuna di sottrarre un po' di caffè agli Agnelli e a Marchionne ci propongono di contenderci dosi della nera bevanda in competizione con altre Regioni e Paesi, lasciando in pace gli obesi locali.
Nella pentola dello Stato nazionale e ancor più nel pentolone della globalizzazione qualcuno neanche avverte il sapore del caffè. Questo avviene perché in ambito più largo la propria parte a volte è invisibile, ed a a volte proprio non c'è. Capita però anche (a me sì) di accorgersi che la propria volontà è ben presente nel pentolone di caffellatte e assai poco nella insipida tazzina di caffè nazionale. Sento, ad esempio che la mia volontà conta niente nell'ultima proposta di legge elettorale italiana. Invece è presente nella presunta matrigna europea quando raccomanda, inascoltata in Italia, di non legiferare in materia elettorale nell'imminenza del voto. Egualmente, più che dal mio Paese, mi sento protetto dall'Europa quando denuncia l'affollamento e il degrado delle nostri carceri nelle quali non posso escludere di finire ospitato. Allora mi pare che più che rivendicare sovranità nel villaggio delle Alpi dovremmo esercitare la competenza a capire se e quanto pesiamo nel paesino e in Europa e la volontà di pesare di più: in Italia, in Europa, nel mondo. Decidendo insieme cosa attribuiremo al piccolo e cosa al grande. Forse cosa mangiare è bene deciderlo nel piccolo. Non lasciandolo decidere alle banche e alle multinazionali e neanche però ai sofisticatori nazionali. Comprendendo altresì che quanto inquinare mare ed aria è certamente meglio deciderlo nel mondo: nel mondo dei popoli, non nel mondo delle multinazionali. Nel mondo comunque. A meno di non essere così sciocchi come cittadini da pensare che se “sovranamente” decidiamo di inquinare pur di abbuffarci di patatine oleose e distribuiamo al mondo i veleni delle nostre industrie, il resto del mondo si preoccuperà di non avvelenare il nostro mare. E' una riflessione per i cittadini, non per i governanti. A Trump conviene fingere di credere che denunciando gli accordi sul clima sta facendo un regalo ai suoi elettori. Se ci crede. Purtroppo i suoi elettori ci credono.

martedì 17 ottobre 2017

La società criminale

Cosa penso? Penso che le parole di Daphne Caruana Galizia prima di essere assassinata non si riferissero solo a Malta. "Ci sono criminali ovunque si guardi adesso, la situazione è disperata". E' vero: il mondo affonda nel letame e l'unica consolazione possibile è che neanche ci accorgeremo di essere governati da criminali; diventeremo sempre meno consapevolmente loro partner e fiancheggiatori. A meno che....
P.S. Formulo il mio inutile attestato di stima infinita alla memoria della giornalista uccisa.

La rubrica "lotta alla povertà"



Nella presentazione della manovra del nostro governo quel che più mi impressiona è la rubrica della "lotta alla povertà". Con "ben" 300 milioni su 20 miliardi (uno più uno meno) a fronte di un Pil e di un debito di migliaia di miliardi. Non cerco quanti perché il rapporto di grandezza è comunque smisurato. 300 milioni per combattere la povertà di milioni di cittadini, 300 milioni, pari al costo annuo di un grande manager o ai profitti annui di un imprenditore di slot machine. 300 milioni per un uomo solo e 300 milioni per milioni di poveri. Dico una follia o faccio demagogia se affermo che la lotta alla povertà non può essere una piccola rubrica di governo, ma il nucleo di un programma di governo? O è questo o è niente.

lunedì 16 ottobre 2017

Chi è il mio prossimo


Molti amici e compagni stanno commentando la strage di Mogadiscio sottolineando l'evidenza. I media danno alla strage uno spazio assai minore rispetto alle stragi che in questi anni il terrorismo ha inflitto all'Europa. Non so se sia giusto contare i morti. I "nostri" sono meno numerosi. Non attribuirei peraltro solo ai media la responsabilità della sottovalutazione delle stragi lontane da noi. Credo infatti che sia inevitabile considerare "prossimo" il più vicino. A parte i familiari, chi veste come noi, prega come noi, mangia un po' come noi e a scuola studia una Storia simile alla nostra, insomma quelli in cui più facilmente vediamo noi stessi. Perché in definitiva quando piangiamo l'altro piangiamo noi stessi. Insomma proporrei maggiore indulgenza o una assoluzione provvisoria. Educandoci intanto pian piano a vedere noi stessi anche nei corpi smembrati di Mogadiscio. E soprattutto decidendo che siamo pronti a pagare il prezzo per salvare il prossimo lontano di cui nulla sapevamo nel nostro tempo felice perché ignorante.

domenica 15 ottobre 2017

A proposito di alternanza: proteggere e/o sporcarsi le mani


Difficile parlare di questa storia dell'alternanza scuola lavoro aspramente contestata ieri da tanti studenti nelle piazze italiane. Mi avventuro sperando nell'indulgenza delle opposte fazioni politiche e degli insegnanti esperti per definizione. Mutatis mutandis, penso a Barcellona e mi chiedo quanti siano gli unionisti messi in ombra (o intimiditi) dalla passione "patriottica" degli indipendentisti. Nel merito Il mio personale problema interpretativo nasce da questo. Premetto che sono convintamente socialista e convinto dell'insostenibilità della proprietà privata: sicuramente della grande proprietà: Ma comunque vigile suoi guasti prodotti dalla filosofia di impresa (anche quella medio-piccola).Ciò precisato, credo che la scuola debba rapportarsi alla vita assai più di quanto oggi non faccia. Debba calarsi con i suoi studenti nella vita (non solo lavorativa) per sperimentarvi dentro le proprie categorie, interpretative della vita stessa. Per darvi senso e forza e per parzialmente ricostruirle. Di questo sono convinto anche perché ho incontrato troppi studenti che denunciavano la loro percepita insignificanza del percorso scolastico rispetto ai loro bisogni non solo di "sapere" ma di orientamento in "questo" mondo. L'ideale sarebbe che la scuola si calasse nella vita e nei suoi conflitti (sociali, culturali, lavorativi) non occasionalmente. Insomma l'alternanza oggi praticata è assai meno dell'alternanza auspicabile. E l'alternanza dovrebbe essere micro e macro.Cioè con lavoro entro il percorso formativo ma anche con alternanza di cicli in cui prevalentemente si lavora ed altri in cui prevalentemente si studia. Aggiungo che non penso al rapporto con le imprese finalizzato solo e necessariamente agli aspetti tecnici di un futuro lavoro. Penso cioè che anche al liceale (ammesso e non concesso che debba persiste la distinzione fra licei e istituti tecnici e professionali) possa giovare entrare in un contesto in cui si preparino e servino hamburger. Oltre che collaborare alle attività di un museo o di una biblioteca o di una missione archeologica. Il problema è che le imprese spesso,.se non inevitabilmente, cercheranno il proprio lucro. Ma è possibile vigilare su questo ed immagino che il tutor scolastico possa vigilare affinché gli studenti non siano ridotti ad addetti alle toilette. Come pure sarebbe opportuno un albo delle buone imprese da fare pubblico come contropartita reputazionale per l'accoglienza. E sarebbe opportuno liberarsi del vincolo delle 200 ore di alternanza per i licei e delle 400 per gli istituti tecnici e professionali. La cosa peggiore sarebbe buttare il bambino della preziosa alternanza assieme all'acqua sporca dell'arbitrio di imprenditori furbetti. A meno che non si pensi che alla conclusione di un ciclo di studi tutto compiuto nell'aula scolastica lo studente faccia ingresso in un mondo del lavoro accogliente e in cui lo sfruttamento non abbia posto. P.S. Ai compagni ostili ad ogni prodotto dell'epoca renziana oserei fare notare che fare il contrario di quel che fece lui non è un programma politico. Anzi significa accettare che l'avversario ci detti la linea politica.

martedì 10 ottobre 2017

Eschilo fra Spagna e Catalogna


Gli amici, anche quelli a me più vicini, hanno ben chiaro chi sia il buono e chi il cattivo. Per alcuni il cattivo è Puigdemont, il golpista. Per altri il cattivo è Rajoy, il franchista. Io credo che cattivo sia il meccanismo infernale che non consente di fermarsi per timore di perdere tutto. Qualcuno, come Concita De Gregorio (con un po' di sangue catalano) ha descritto bene il meccanismo. A mio avviso lo ha descritto una volta per tutte, ben al di là di ogni circostanza storica, Eschilo. Oreste uccide Clitennestra ed è matricida, ma lo è per vendicare il padre assassinato. Clitennestra è fedifraga ed assassina di Agamennone, ma lo è per vendicare la figlia Ifigenia assassinata dal padre. Il padre è assassino della figlia ma lo è perché il suo sacrificio giovava alla causa greca. E la causa greca è giusta perché è giusto vendicare il ratto di Elena. Ed Elena è l'unica colpevole senza giustificazione. Colpevole di possedere la bellezza. La catena che conduce ad Oreste, colpevole finale, è interrotta solo dal deus ex machina. E' interrotta da Atena che fa sì che Oreste paghi una pena simbolica che soddisfi il tribunale popolare.Appunto, Spagna e Catalogna non hanno trovato il deus ex machina che interrompesse la catena delle recriminazioni. Avrebbe potuto essere l'Europa quel deus ex machina. Potrebbe esserlo.

venerdì 6 ottobre 2017

CasaPound e il bambino dispettoso


So bene che gli amici potranno rimproverarmi perché non è il caso di scherzare sui fascisti. Però per me queste righe sono coerenti col mio antifascismo viscerale. CasaPound è espressione compiuta della cosiddetta "Destra sociale", anzi propriamente del "Fascismo sociale". Da tempo osservo e leggo con sentimento che è più di divertimento che di indignazione (che pure c'è certamente) dichiarazioni e manifesti di CasaPound che pubblicizzano l'opera sociale di fornire cibo a chi ne ha bisogno. Un po' come, in varie forme, fanno tante associazioni del volontariato, prevalentemente cattolico. CasaPound lo fa pure. Però scrive bene in evidenza SOLO PER GLI ITALIANI. Oggi ho capito cosa mi procura, malgrado me stesso, divertimento. Mi sono ricordato di cose dell'infanzia. Nella comitiva di bambini ogni tanto c'era uno fra noi che comprava un pacchetto di caramelle. Ne offriva qualcuna all'amico preferito. E scrutava compiaciuto e sadicamente lo sguardo perplesso e i segni del desiderio negli occhi degli altri. Perché il piacere vero non era evidentemente quello di gustare le caramelle comprate; e neanche quello di offrirle all'amico. Assolutamente no. Il piacere sottile e morboso era quello di negarle agli altri. Ecco, CasaPound è questa malattia infantile. CasaPound, il fascismo e Belpietro dal sorriso ringhioso vogliono contagiarci questa malattia dell'infanzia. Che negli adulti è mortale.

Amministrare declino e rassegnazione


In sintesi i dati Istat ed Ocse ci dicono che cresciamo (qualcuno cresce), ma meno di quasi tutti. Che l'occupazione cresce (considerando occupato anche chi lavora un'ora al giorno), ma meno che in quasi tutto il resto d'Europa. Che la crescita del debito frena, ma il debito resta il più alto in Europa. Che i laureati sono nettamente meno che nella media europea e che però sembrano troppi perché pochi lavorano e pochissimi lavorano in mansioni coerenti, per livello e indirizzo, alla laurea conseguita. Insomma cogliamo meno degli altri gli effetti della modesta alta marea. Intanto i penultimi delle periferie sono accompagnati alla destra estrema da Salvini, CasaPound e qualche prete addirittura, col concorso di un centro inetto che non trova intelligenza e risorse per l'integrazione. Le risorse che servirebbero a dare un tetto ad italiani e immigrati servono a costruire seconde case, inutili autostrade e resort briatoriani. Ci avviamo sempre più verso un modello di Paese mordi e fuggi che regala al resto d'Europa i suoi ragazzi costosamente allevati e formati. Un Paese stupido e masochista, oppure "generoso", secondo i punti di vista. In compenso abbiamo un premier serio che non fa smorfiette e battutine ma amministra, sulla scia del precedente governo, il declino. Però con compostezza.