venerdì 30 novembre 2018

Sto con Fredy, con un MA grande come una casa


Anch'io sto con Fredy Pacini. Come tantissimi e come il pessimo ministro dell'Interno. Sto con Fredy che ha subito - dice - 38 furti o tentativi di furto, denunciandone 6 senza esito alcuno. Però sto anche e soprattutto con Vitalie Tonjocb, il giovane libanese ucciso. Che non meritava di morire per un tentato furto di pneumatici. Ma non sto con questo ministro dell'Interno, sia perché incredibilmente si comporta da bullo ed apologeta della violenza, cosa inconcepibile per la carica che indegnamente ricopre, sia perché lui, in compagnia di quelli prima di lui è il più colpevole di tutti avendo ignorato la richiesta di aiuto e di legalità. Offrendo in cambio il nulla osta a sparare. Corriamo a precipizio verso il Far West.

mercoledì 28 novembre 2018

L'amica geniale per un film emozionante


Molto bello quello che ho visto ieri in TV della "Amica geniale" di Saverio Costanzo. Grande cinema, grazie al regista e alle due straordinarie interpreti bambine (ma citerei anche l'interprete di una tanto vera maestra). Grazie anche ad Elena Ferrante, di cui non ho letto il libro (che resta per me fra i tanti da leggere), che ha collaborato intensamente alla sceneggiatura. Ho sentito echi del neorealismo. Ho sentito la Napoli degli anni '50, dei cortili, della povertà, del dominio quasi assoluto di padri e mariti. E insieme il riscatto, tramite istruzione e cultura. Utile ricordarci da dove veniamo, la realtà delle nostre madri, ad esempio. Ho ripensato alla mia. Solo assai tardi, ormai anziana, mia madre mi confidò il suo dolore taciuto, quando suo padre le fece interrompere gli studi perché donna e perché lei serviva a dare una mano in negozio.

Tornare all'economia reale


Mancava solo il prode (e informatissimo, invero) Travaglio, a tutti inviso, tranne che ai 5Stelle. Ieri anche lui con la balla alienante. Il reddito di cittadinanza serve fra l'altro ad accrescere domanda di consumi quindi investimenti, quindi occupazione, dice Travaglio, come tanti cosiddetti "economisti". Una sciocchezza -per mia solida convinzione - identica a quella di Renzi all'epoca del regalo degli 80 euro a quelli non troppo poveri e non troppo ricchi. Meglio il reddito di cittadinanza certamente, dico io, anche se mal congegnato, indirizzato a chi sta peggio. Semplicemente per ragioni di giustizia distributiva. E, egoisticamente, per ridurre il rischio che il disperato ti derubi a casa o faccia i bisogni nel cortile del condominio. O anche perché è bene che gli obesi trasferiscano grasso ai denutriti. e i denutriti Non certo affinché il povero sia utile a poveri e meno poveri spendendo a vantaggio dell'economia. Altrimenti potremmo mettere d'accordo i teorici del consumo "altruistico" - versione renziana o grilina - lanciando banconote da un elicottero.

domenica 25 novembre 2018

Il dolore del prossimo


Sempre più la persona a me più vicina (moglie) ed io su questo ci allontaniamo. Come se gli anni ci radicalizzassero nelle nostre convinzioni e sensibilità. Lei partecipa troppo, a mio avviso, ai problemi del prossimo più prossimo. Se la fiera sotto casa è annullata per la pioggia, inevitabilmente dirà: "Poveri Cristi, avranno preparato pagnotte e ciambelle. Che ne faranno?". Se un negozio che ha il franchising di qualcosa, con un cartello di protesta annuncia che la concessione gli è stata tolta e che a breve si dovrà trasferire, la persona a me più vicina si chiede:"Dovrà licenziare qualcuno?". E poi aggiunge che a lei quel marchio non piaceva per niente. Per fare dispetto a quelli che non hanno rinnovato il franchising. Io la consolo a modo mio. Con le mie categorie mentali: "Se il proprietario licenzierà due commessi qui, altri due ragazzi saranno assunti dai proprietari del marchio che apriranno qui di fronte. Loro saranno contenti. Come sono contenti i polacchi disoccupati che trovano impiego quando una impresa italiana delocalizza in Polonia. In questo sistema non è disponibile felicità se non a prezzo di infelicità altrui. Fattene una ragione in attesa della Rivoluzione". Ma non la convinco. Stamani ho comprato io il giornale che normalmente compra lei. Ho ricevuto una scenata. Non avevo comprato il giornale nella solita edicola. Per fare due passi. "Cosa hai fatto? mi sgrida. Il ragazzo dell'edicola sotto casa ci resterà male. Lui vende poco e dovrà pagare una penale al proprietario del chiosco se dovrà chiudere prima della scadenza del contratto". Sono costretto a giurarle che non lo farò più.

sabato 24 novembre 2018

Chesil Beach: l'infelicità che ci infliggevamo


Un film utile per ricordarci di come eravamo. Come si era nell'Inghilterra puritana e perbenista dei primi anni '60, prima del ' 68, della rivoluzione sessuale e dei Beatles. Il film di Dominic Cooke dal romanzo di Ian MacEwan ha quel mondo e quell'Inghilterra come contesto di una gioventù repressa. L'amore dei protagonisti, vincente sul classismo della famiglia di lei, viene devastato dalla drammatica prima notte di un matrimonio non consumato. Lui e lei si scambieranno accuse. Ma nessuno dei due ha torto e nessuno ha ragione. La colpa è invece della ritualizzazione dell'amore che viene inscritto e disciplinato dalla cultura del tempo e dei luoghi. Ne siamo usciti? Non del tutto. Oggi abbiamo semplicemente regole diverse, come l'obbligo di perdere la “verginità” il più presto possibile. Quell'amore non sarebbe finito se non si fosse stati vittime delle convenzioni. Perché mai avrebbe dovuto essere indispensabile quel rituale della prima notte? Perché era indispensabile consumare sesso a comando? Saremo liberi quando capiremo che l'amore è un costrutto artificioso e tirannico se impone regole, doveri e tempi, nonché l'obbligo del sesso, invece che il piacere del sesso, se si vuole e quando si vuole.

venerdì 23 novembre 2018

Alle 17.00 sul trenino di Ostia


Il trenino è un universo cangiante, a seconda di giorni e soprattutto di orari. Io lo osservo con attenzione giacché non saprei come passare quella mezzora altrimenti. Non ho le lenti giuste per leggere giornali. libri o smartphone. Non le porto perché tendo sempre a ridurre al minimo le mie protesi. Ieri a quell'ora c'erano quasi solamente due categorie di persone. Le ho osservate sfruttando il vantaggio del set proprio di treni e metro. Soggetti fermi come modelli di un pittore. C'erano lavoratori - manovali dalle vesti stropicciate e macchiate- stanchi. Quasi tutti, come me, non leggevano niente. Loro perché stanchi. Non passava loro in mente di fare solitari su cellulare, come ad esempio, alla signora accanto a me, a destra. Uno, il più stanco di tutti, di fronte a me, si è addormentato con la bocca spalancata. Mi sono chiesto se la mia sinusite non facesse sgradevolmente spalancare la bocca nel sonno pure a me. Ho chiesto poi inutilmente a mia moglie. "Non so, tu nel sonno mi dai le spalle"". Quello che dormiva si è svegliato ed ha preso ad esplorarsi il naso. Ne ricavava palline che incredibilmente appiccicava sul bracciolo. Ed il pensavo se un giorno non mi capiterà quel bracciolo. Pensieri così. Vicino a me, a sinistra, c'era una ragazza molto bella e pesantemente truccata che non mi piaceva per niente. Anche lei a fare qualcosa con lo smartphone. Praticamente con le stesse caratteristiche, un'altra quasi di fronte a me. Vanno a ballare? Sono cubiste un po' alla buona? Sceso dal trenino un giovane - neet, immagino, non impegnato né a scuola né nel lavoro, - mi ha chiesto se avessi una sigaretta da dargli. Con l'aria di chiedere sigarette per mestiere. Mi sono avviato al cinema per un film di cui forse dirò

mercoledì 21 novembre 2018

Casamonica e il resto


Penso tutto il male possibile sul governo gialloverde. Ma non sono un militante. Apprezzo invece l'apprezzabile. Perché l'abbattimento delle case abusive intoccabili dei Casamonica è cosa buona e giusta. Una sacrosanta lezione per quelli - Amministrazioni comunali e governi - che hanno fatto finta di non vedere per decenni. Grazie quindi alla sindaca Raggi. Senza nessuno sconto sul resto. "Allora si abbattano tutte le case abusive di Ischia" è stata la provocazione utile (si può dire) di uno del clan. La politica accolga la sfida. Su Ischia e tutto il resto. Pur non mettendo sullo stesso piano l'abusivismo delle mafie e quello dei comuni cittadini. Legalità, senza se e senza ma, è parte di una improbabile eppur possibile riscossa nazionale.

martedì 20 novembre 2018

Quando parliamo di politica


Per strada un signore discretamente vestito mi chiede se mi trovo un euro. Ad Ostia si fa così. Qualcuno chiede ad esempio 80 centesimi. Proprio 80. Immagino per suggerire che si tratta di un bisogno improvviso che richiede proprio quella cifra. Davanti al teatro un nero agita inutilmente il berretto che resta vuoto e sembra disperato ogni secondo di più. A Termini ci sono gruppetti accampati in bezzo a bottiglie vuote di birra e non chiedono niente.
Alla radio sento una intervista ad un medico volontario in Yemen. Una guerra lontanissima con i governativi sostenuti dall'Arabia Saudita e i ribelli che hanno l'appoggio dell'Iran. Massacri per conto terzi. Il medico racconta di un bambino di 10 anni, in qualche modo privilegiato giacché parla un po' di inglese. Il bambino dice che vorrebbe fare il medico, come il suo interlocutore, da grande. Ma non lo farà. Le scuole sono chiuse perché gli insegnanti non sono più pagati e si arrangiano altrimenti. Il bambino dice che il suo destino è essere chiamato alle armi fra poco tempo. Ho il pensiero orrendo che quelli che chiedono per strada 1 euro o 80 centesimi sono privilegiati rispetto agli ignorati yemeniti. E io che me ne sto al calduccio mentre mi informo su cosa mangeremo fra poco? E i manager che intrallazzano perché non possono accontentarsi di mezzo milione di euro al mese? Di cosa parliamo quando parliamo di politica?

martedì 13 novembre 2018

Problemi veri mischiati a insulse villanie


Sono rimasto di stucco per l'ultimo attacco pretestuoso e villano di Di Maio e Di Battista ai giornali. Mi allarma perché - senza girarci intorno - echeggia pulsioni parafasciste frequenti nell'alleanza che ci governa. Giornalisti "infami" secondo di Maio e addirittura "puttane" secondo Di Battista: almeno tutti quelli che criticano i gialloverdi. Che la maggioranza dei giornali sia critica verso la maggioranza di governo (e indirettamente verso la maggioranza potenziale degli elettori oggi) è vero. Infatti sarebbe il caso di affrontare il tema del rapporto fra media e governo, media e politica, media ed opinione pubblica. Quel che sento però in particolare dai 5Stelle sono più che proposte nobilmente politiche, cioè al di là delle convenienze del momento, mere intenzioni di vendetta: contro gli editori "impuri" (leggasi De Benedetti) che avrebbero interessi personali da difendere in settori diversi dall'informazione. Sarebbe a dire - mi pare - che gli editori puri sarebbero miracolosamente obiettivi cioè favorevoli al governo del popolo, del cambiamento, etc. Credo che la campagna contro i giornali sia parte della generale campagna contro i nemici del popolo (Bruxelles, la finanza, etc.). Sostanzialmente per precostituirsi un alibi nel caso probabile di fallimento. Alibi inconsistente, se è vero che una politica efficiente (di non dilettanti) tiene conto degli avversari o tenendoli buoni (negoziando) o facendoli fuori (se può). E' un alibi in buona fede dico. Giacché ritengo che tutti gli uomini commettono nefandezze in buona fede. Ovvero ingannano se stessi sulle proprie buone intenzioni per meglio ingannare il prossimo. Ciò detto, il tema è serissimo. Se è vero che i media e la rete ci formano più che la scuola e la famiglia, come è possibile lasciare al mercato o agli umori grillini il futuro dei nostri pensieri e la loro improbabile autonomia?

venerdì 9 novembre 2018

Notti magiche, senza magia


Fra quelli che ho visto è il film di Virzì che mi è piaciuto meno. Lontano dalla freschezza di Ferie d'agosto e Caterina va in città. Lontano da Il capitale umano, da La pazza gioia e da Ella e John. Ho trovato un Virzì ambizioso e involuto. Ho trovato un film di virituosismo e di virtuosisti, ma stranamente privo di compattezza. Privo di ispirazione, benché ispirato agli esordi del regista nella Roma degli anni fine ottanta e primi 90. Di fatto troppo debitore a Sorrentino della Grande bellezza e Loro, a sua volta debitore del Fellini della Dolce vita. Ha prevalso il grottesco con la rivisitazione dei grandi e vanesi protagonisti del cinema di quegli anni, interpretati da vecchi e.consumati attori "resuscitati" da Virzì. Con qualche spunto di per sé felice, come quell'auto che precipita nel Tevere col suo carico umano, nell'indifferenza assoluta della gente che sul LungoTevere si dispera per il rigore mancato da Serena e la sconfitta dell'Italia, in quelle notti magiche dei mondiali che sono la cornice del film. La storia dei giovani promettenti sceneggiatori ridotti al rango di "negri" (ghost writer si direbbe oggi) dagli imbolsiti sceneggiatori ai miei occhi allude al presente e ad un mondo in cui chi lavora raccoglie le briciole dei mediocri padroni del vapore. Aspetto il prossimo Virzì.

giovedì 8 novembre 2018

Un leader contro il leaderismo


Visto ieri ad Otto e mezzo Salvini. Per mezz'ora di seguito. Padrone assoluto della scena, malgrado una Gruber garbata ma certo non compiacente. Ahimè, la mia sensazione è stata confermata da tutti i miei amici ed amiche assolutamente antisalviniani, a partire dalla persona a me più vicina, più antisalviniana di me. Padrone dell'Italia e non solo della scena. Sicuro, paterno, rassicurante. Comunicativo come i suoi precursori del filone "Craxi, Berlusconi, Renzi". Assolutamente imparagonabile al maldestro Conte ed anche a Di Maio che comunque pare recitare un copione imparaticcio. Bene. Cioè male. Serve un programma radicale di sinistra da opporgli, con un partito vero. Gli amici più dotti sono d'accordo su questo. Non saranno d'accordo se dico che oggi serve un leader con una narrazione affascinante quanto e più di quella salviniana. Un leader che prepari la fuoriuscita da ogni leaderismo. Aspetto con ansia il giorno (o il secolo) in cui la cuoca di Lenin amministri lo Stato. Nell'attesa serve un Lenin.
P.S.Il nuovo Lenin non seguirà pedissequamente il copione leninista e dei leninisti. Così come Lenin, da marxista, non seguì pedissequamente il copione di Marx. Non ci sarà alcuna strage di innocenti, come avvenne con i figli dello zar. E non ci saranno Piazze Loreto. Se così non fosse, quella a venire non sarebbe la rivoluzione che aspetto..

martedì 6 novembre 2018

Farenheit 9/11: in attesa di sapere se l'America si sveglia


Mi è piaciuto. Mi ha procurato interesse. Ho appreso cose che non sapevo e visto meglio cose di cui sapevo poco. Michael Moore è fra quei militanti che non nascondono di esserlo. Per fortuna. A differenza dei tanti militanti italiani ossessionati dall'esigenza di apparire “obiettivi” (vedi Travaglio o Mieli per fare un esempio). Il film ci conduce ad esaminare i segnali che fecero presagire a Moore (fra i pochissimi) la vittoria di Trump. Quella vittoria impensabile per i politici e per i media che il regista ridicolizza ricordandoci i sorrisini di scherno verso quella ipotesi che appariva lunare. Moore spiega la vittoria incredibile sia, come domanda di sicurezza di parte della classe operaia e del ceto medio, sia – ancor più -come effetto della fascinazione mediatica che man mano si crea, con l'effetto del macho arrogante, misogino e volgare che incanta le folle negli Usa come in Italia, e sia – forse soprattutto- come responsabilità dei suoi avversari democratici. Il regista ci mostra vicende di cui personalmente nulla sapevo per mostrare la marginalità dei democratici dai problemi veri della gente. Ci mostra il classismo e il razzismo della classe dirigente nella storia della cittadina di Flint, a maggioranza nera, nel Connecticut. Lì il governatore repubblicano dello Stato, tale Sneider, per economizzare e per fare affari privati (come denuncia Moore), priva la città dall'acqua pulita del lago Huron sostituendola con quella di un fiumiciattolo inquinato che farà ammalare con le sue dosi di piombo soprattutto i bambini. Al contempo il governatore restituisce l'acqua pulita alla locale fabbrica della G. M. che aveva lamentato danni alle sue auto. E la fa franca. Anche perché in suo soccorso interviene il presidente Obama. Intervento atteso con speranza dai cittadini abbandonati, ma dolorosamente deludente. Fa male anche a me vedere Obama chiedere un bicchiere d'acqua ai cittadini venuti a sentirlo e berne appena un sorso (come svela l'implacabile telecamera). Il regista ci mostra soprattutto il popolo democratico e radicale deluso quindi. Quello che in parte stava con Sanders (sconfitto da Hillary alle primarie con i brogli secondo l'autore e molti testimoni). Ci sono i ragazzi delle medie, incredibili per maturità, che vediamo organizzare una marcia di protesta contro i fabbricanti di armi, dopo l'ultima strage in una scuola. Con un ragazzino che nell'incontro pubblico con un candidato chiede: “Lei ha avuto finanziamenti dall'Associazione dei fabbricanti di armi?”. Senza ottenere risposta ovviamente. E c'è uno sciopero di insegnanti in lotta per un 5% di aumento del magro stipendio e per una congrua assicurazione sanitaria. Ricevendo la solidarietà delle altre categorie della scuola: autisti, cuochi, etc. Il sindacato ottiene un risultato al ribasso che esclude gli operatori non-docenti. Gli insegnanti riprendono la lotta, forniscono pasti agli alunni cui lo sciopero ha fatto perdere la preziosa mensa. Vincono. C'è infine un esempio di lucida consapevolezza di un pensionato (300 dollari) del settore auto che vuole spiegare ai giovani operai che i vantaggi che ricevono dal protezionismo di Trump sono pagati dagli agricoltori che soffrono le contromisure degli altri Paesi. Una lezione esemplare sugli inganni di Trump e dei sovranisti. Moore è esplicito nel denunciare il trumpismo come neo-fascismo. Lo fa anche sovrapponendo la voce di Trump ad un filmato del Fuhrer. Pur sostenendo che la "democrazia" americana è una frottola, sia per le discriminazioni permanenti, sia per un sistema elettorale voluto dagli Stati schiavisti che ha consegnato a Trump la vittoria, con 3 milioni di voti meno di Hilary, Moore lascia però la porta aperta alla speranza in una nuova generazione radicale democratica, oltre Sanders, fatta non a caso di giovani donne. Ho pensato all'Italia. Ho pensato a Lisa Garofalo, ad Anna Falcone e a Elly Scheiln. Ripartire da un progetto radicale con il volto di giovani donne in Italia come in Usa?

sabato 3 novembre 2018

Contro Giorgetti: non ha senso sfamare gli affamati?


Le parole di Giorgetti per il quale il reddito di cittadinanza “non avrebbe senso” se non producesse occupazione sono in piccola parte condivisibili, ma in fondo sostanzialmente no. Credo che il reddito di cittadinanza debba avere due fini. Il primo – come già indica il nome- è dare un reddito minimo a chi non lo ha. Questo non piace alla Lega, come del resto non piaceva a Renzi. Che curiosamente -diciamo- preferì spendere una somma più o meno equivalente al costo del reddito di cittadinanza nel regalare un reddito aggiuntivo (80 euro) a chi un reddito aveva. Io, come i 5Stelle (ogni tanto) avrei preferito e preferisco che quella somma sia impiegata per offrire un salvagente a chi dorme in auto o sotto i ponti e a chi è costretto a a frugare fra gli scarti dei mercati o anche fra i bidoni dell'immondizia. Ciò detto, rassicurando Giorgetti, dico che il reddito di cittadinanza può diventare lavoro di cittadinanza. Non nel senso in cui Renzi lo oppose alla pura erogazione di reddito, intendendo banalmente auspicare una crescita dell'occupazione. No, il reddito di cittadinanza può diventare lavoro già chiedendo a chi lo riceve di pagarlo nella forma di un lavoro utile alla collettività. Questo è contenuto solo in parte nel progetto attuale 5Stelle che prevede un impegno settimanale di 8 ore di lavoro socialmente utile, intervallato da momenti di formazione. La proposta che faccio al governo tiene conto di qualcosa che sembra sia stato poco compreso. Non abbiamo, soprattutto al Sud, servizi per l'impiego adeguati per numero e qualità degli operatori. Non basteranno pochi mesi o un anno (e neanche due) per riqualificarli. Allora – contro Giorgetti – propongo che si avvi da subito o quasi l'erogazione del reddito nella modalità più semplice possibile (senza vincoli etici ed altre assurde complicazioni). Tenendo conto delle competenze delle Regioni si avvii poi nei territori più virtuosi un piano modulare lasciando liberi i centri di assegnare eventuali quote di formazione e di lavoro socialmente utile, a seconda delle caratteristiche personali e della possibilità di coinvolgere imprese .Il reddito/lavoro di cittadinanza può essere un investimento e non un costo. In ogni caso ha un senso – e come!- a differenza di quanto Giorgetti ritiene, dare reddito e dignità agli sfortunati.

venerdì 2 novembre 2018

Prima e dopo il verdetto


Prima , nel “Verdetto”, film di Richard Heyre, c'è l'insolita decisione della giudice Fiona Maye (la sempre straordinaria Emma Thompson) di visitare in ospedale il ragazzo Adam Henry, malato di leucemia ed oggetto della disputa legale fra i suoi genitori, Testimoni di Geova, ed i medici. Adam, cui mancano pochi mesi per la maggiore età, non può disporre della propria vita. Per i medici ha qualche probabilità di sopravvivere solo se riceverà debite trasfusioni di sangue. Che però lui stesso con i suoi genitori rifiuta perché proibite da Geova. Il colloquio nel reparto ospedaliero coinvolge la giudice che accompagna Adam in una struggente ballata con lui alla chitarra e coinvolge ancor più il ragazzo che però conferma la fedeltà assoluta al suo credo. La giudice pronuncia la sentenza che autorizza i medici alla trasfusione. Nella distinzione dei ruoli che la nostra civiltà ha ideato il compito della giudice a questo punto è concluso. Ma non lo è secondo Adam che si è ristabilito dopo la “violenza” subita, ha sospeso la sua fede in Geova ed ha trovato un nuovo punto di riferimento nella giudice. La segue, le chiede ascolto e dialogo, la insegue. Lei avverte i rischi del coinvolgimento, ma anche la responsabilità che pur deve rifiutare. Qual è la natura del sentimento fra giudice e ragazzo? E cosa significa quel bacio sulle labbra non troppo lungo, ma neanche troppo breve? Il marito le chiederà “Lo ami?”. Può – si chiede magari lo spettatore – esserci amore fra un diciottenne ed una sessantenne (più o meno). Domanda frivola, a mio avviso, e superficiale. Domanda consentita solo dai limiti della nostra cultura per la quale la maggiore età c'è o non c'è, come l'inizio della vita umana, come la responsabilità, come l'amore. Parola, “amore” che pronunciamo innanzi a qualunque impasto di sentimento di coppia in cui all'attrazione sessuale può accompagnarsi la cura la cura dell'altro, la volontà di possesso, la gelosia, etc., una sola, due o tutte insieme. Il film ci impegna in domande difficili: il rapporto fra norma e fede, cultura nazionale o laica e culture “altre”. A me ha fatto chiedere per l'ennesima volta chi sia il mio prossimo. Il congiunto, il parente, il vicino, quello la cui vita casualmente ho incontrato?

giovedì 1 novembre 2018

Il mio “Euforia”


Euforia è quella specie di vertigine pericolosa che prende il sub che si inabissa troppo. E' euforia quella del cocainomane e quella di Matteo.
Anche stavolta mi ha convinto la prova registica di Valeria Golino. Quasi quanto la prima prova in "Miele" sul tema tragico dell'eutanasia. Anche stavolta il tema è la morte. Quella imminente di un fratello di cui sa solo Matteo (Scamarcio), imprenditore rampante e senza scrupoli che consuma la vita nella soddisfazione di un edonismo senza limiti: omosessualità senza amore e droghe varie. Ettore, il fratello malato tanto diverso, scrupoloso professore in una scuola media (Mastandrea) fa scoprire a Matteo l'amore fraterno. Matteo impegnerà tutte le sue risorse emotive, strategiche ed economiche nel proteggere quel fratello ignaro della morte in arrivo. Ignaro come tutti. Come gli amici, come l'ex compagna Elena, come la madre, una donna anziana e fragile stupendamente interpretata da Marzia Ubaldi con una sobrietà e semplicità che solo un lungo curriculum in cinema, teatro e doppiaggio può spiegare. Bravo come sempre Mastrandrea, mentre Scamarcio fornisce qui la sua prova migliore. Ho visto il film con forte immedesimazione. E' successo ad esempio riscoprendo nell'ospedale in cui Ettore è ricoverato, quello stesso, l'Umberto I di Roma, o in cui fui ospite 10 anni fa in una fase difficile e inaspettata della mia salute. E soprattutto la storia di quei fratelli somiglia molto alla mia e a quella del mio fratello perduto.