martedì 20 novembre 2018

Quando parliamo di politica


Per strada un signore discretamente vestito mi chiede se mi trovo un euro. Ad Ostia si fa così. Qualcuno chiede ad esempio 80 centesimi. Proprio 80. Immagino per suggerire che si tratta di un bisogno improvviso che richiede proprio quella cifra. Davanti al teatro un nero agita inutilmente il berretto che resta vuoto e sembra disperato ogni secondo di più. A Termini ci sono gruppetti accampati in bezzo a bottiglie vuote di birra e non chiedono niente.
Alla radio sento una intervista ad un medico volontario in Yemen. Una guerra lontanissima con i governativi sostenuti dall'Arabia Saudita e i ribelli che hanno l'appoggio dell'Iran. Massacri per conto terzi. Il medico racconta di un bambino di 10 anni, in qualche modo privilegiato giacché parla un po' di inglese. Il bambino dice che vorrebbe fare il medico, come il suo interlocutore, da grande. Ma non lo farà. Le scuole sono chiuse perché gli insegnanti non sono più pagati e si arrangiano altrimenti. Il bambino dice che il suo destino è essere chiamato alle armi fra poco tempo. Ho il pensiero orrendo che quelli che chiedono per strada 1 euro o 80 centesimi sono privilegiati rispetto agli ignorati yemeniti. E io che me ne sto al calduccio mentre mi informo su cosa mangeremo fra poco? E i manager che intrallazzano perché non possono accontentarsi di mezzo milione di euro al mese? Di cosa parliamo quando parliamo di politica?

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