venerdì 2 novembre 2018

Prima e dopo il verdetto


Prima , nel “Verdetto”, film di Richard Heyre, c'è l'insolita decisione della giudice Fiona Maye (la sempre straordinaria Emma Thompson) di visitare in ospedale il ragazzo Adam Henry, malato di leucemia ed oggetto della disputa legale fra i suoi genitori, Testimoni di Geova, ed i medici. Adam, cui mancano pochi mesi per la maggiore età, non può disporre della propria vita. Per i medici ha qualche probabilità di sopravvivere solo se riceverà debite trasfusioni di sangue. Che però lui stesso con i suoi genitori rifiuta perché proibite da Geova. Il colloquio nel reparto ospedaliero coinvolge la giudice che accompagna Adam in una struggente ballata con lui alla chitarra e coinvolge ancor più il ragazzo che però conferma la fedeltà assoluta al suo credo. La giudice pronuncia la sentenza che autorizza i medici alla trasfusione. Nella distinzione dei ruoli che la nostra civiltà ha ideato il compito della giudice a questo punto è concluso. Ma non lo è secondo Adam che si è ristabilito dopo la “violenza” subita, ha sospeso la sua fede in Geova ed ha trovato un nuovo punto di riferimento nella giudice. La segue, le chiede ascolto e dialogo, la insegue. Lei avverte i rischi del coinvolgimento, ma anche la responsabilità che pur deve rifiutare. Qual è la natura del sentimento fra giudice e ragazzo? E cosa significa quel bacio sulle labbra non troppo lungo, ma neanche troppo breve? Il marito le chiederà “Lo ami?”. Può – si chiede magari lo spettatore – esserci amore fra un diciottenne ed una sessantenne (più o meno). Domanda frivola, a mio avviso, e superficiale. Domanda consentita solo dai limiti della nostra cultura per la quale la maggiore età c'è o non c'è, come l'inizio della vita umana, come la responsabilità, come l'amore. Parola, “amore” che pronunciamo innanzi a qualunque impasto di sentimento di coppia in cui all'attrazione sessuale può accompagnarsi la cura la cura dell'altro, la volontà di possesso, la gelosia, etc., una sola, due o tutte insieme. Il film ci impegna in domande difficili: il rapporto fra norma e fede, cultura nazionale o laica e culture “altre”. A me ha fatto chiedere per l'ennesima volta chi sia il mio prossimo. Il congiunto, il parente, il vicino, quello la cui vita casualmente ho incontrato?

Nessun commento:

Posta un commento