domenica 6 dicembre 2015

Maurizio


Ti dico quello che non sono riuscito a dirti prima. So che mi amavi. So che mi stimavi. Pensavi che io fossi il fratello intelligente. Ho il dubbio che tu pensassi che io non ti ricambiassi. E' tardi per dirtelo. Ma i tuoi sentimenti erano corrisposti. Ho smesso di giocare a poker tanti anni fa perché ero abituato a vincere, ma poi tu, fratello più giovane, avevi cominciato a battermi. Mi battevi sempre. Con la morte di nostro padre la famiglia è stata investita da un disastro. Io mi sono salvato in tempo. Tu eri poco più che un bambino. Avrei dovuto farti da padre. Non ne sono stato capace. Quando tutto è precipitato. Ti sei sentito abbandonato. Da amici e fratello. Eri molto orgoglioso. Ho cercato di aiutarti come potevo e forse non lo hai mai saputo. Non mi hai mai detto nulla. Non ci siamo scambiato parola per anni. Fino all'ultimo giorno. Quando mi hai preso per mano e siamo rimasti così. Mano nella mano. La tua compagna mi ha chiesto: “Sai a chi somiglia Giulia secondo Maurizio”? Conoscevo la tua bimba di due anni solo in foto. In foto con te che apparivi incredibilmente felice. “A chi – ho chiesto – a lui”? Mancavano poche ore a che tu perdessi coscienza ed eri distrutto dal male e dai farmaci. Non riuscivi più a parlare. Hai poggiato il tuo dito sulla mia pancia. Volevi dirmi che Giulia assomiglia a me. Volevi dire che eri contento che mi somigliasse. Volevi dirmi: “Occupati di lei”. Cercherò di farlo. Insieme a sua madre di cui so poco e insieme alle sue sorelle, le tue figlie di cui potevi essere orgoglioso. La tua vita sbagliata è ispirazione fondamentale delle mie convinzioni sul mondo. Un mondo che detesto perché spreca le sue migliori intelligenze. Le intelligenze come la tua, fratello. Che a cinquanta anni hai vinto con le tue sole forze un concorso impossibile. Un po' perché dovevi; soprattutto per dimostrare che valevi. Poi hai ritrovato l'amore e la felicità di una nuova figlia. Quando sembrava che la vita ti restituisse parte di quello che ti aveva strappato, l'ingiusta roulette ha puntato il suo dito su di te. Non credo che tu mi senta adesso. Non so perché e per chi scrivo. Addio.

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